Abbiamo la certezza che siamo una sola umanità, 
fatta di tanti volti, storie, tradizioni, differenze relative, 
ma pur sempre la stessa umanità sulla terra che ci ospita.

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La politica deve ritrovare il suo spazio. Nell’antica “agorà”, luogo privato e pubblico al tempo stesso, l’uomo occidentale potrà tornare a interrogarsi e le sofferenze private potranno essere finalmente pensate e vissute come problemi condivisi, comuni e politici.
Zygmund Bauman

 

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La società civile italiana e il riconoscimento dello Stato palestinese.
Atti della Giornata Onu 2017 per i diritti del popolo palestinese.
A cura di Norberto Julini e Rosa Siciliano

L’occupazione israeliana di territori, risorse e diritti in Palestina avanza.
La narrazione storica mura e distorce la verità. Gli Stati Uniti mostrano appoggio incondizionato alle politiche israeliane.
Eppure la Palestina esiste. È necessario riposizionare la causa palestinese nel più ampio spettro delle lotte per la giustizia e la liberazione.
Dall’OLP in poi, che resistenza esiste e come ricompattare un movimento dal basso forte e autorevole, anche transnazionale?

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Siamo in grado di costruire robot e macchine che possono prendere decisioni autonome e coesistere con l’uomo.
Stanno entrando in ogni ambito della nostra esistenza.
Quale cooperazione tra intelligenza artificiale e intelligenza umana?

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A cura di Alberto Conci 


La società conosce oggi una nuova frontiera: le interazioni e la coesistenza tra uomini e intelligenze artificiali.
Macchine dotate di capacità decisionale. Nuove sfide bussano alle porte dell’umanità.
A che punto siamo? Quali soglie varcherà la scienza?
E cosa muta nell’antropologia e nelle relazioni tra persone?

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Don Tonino Bello oggi rivive nei passi di papa Francesco. Dal sud del mondo e dalle periferie, arriva un messaggio di speranza e di pace vera per tutti. 
All'interno, un dossier che ripercorre alcuni passaggi cari a don Tonino riattualizzandoli nel nostro tempo.

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A cura della redazione 

Nel venticinquesimo anniversario della morte di don Tonino Bello, ripercorriamo i sentieri, non sempre facili, da lui aperti nella direzione della pace, del disarmo, della nonviolenza.
Sentieri su cui, oggi, cammina papa Francesco, nel tempo complesso e difficile che attraversiamo.
Denaro, Chiesa dei poveri, politica, Sud, disarmo: ecco alcuni ambiti d’impegno inderogabili sui quali sia don Tonino che Francesco offrono coraggiosamente parole inedite.
In piedi, dunque, costruttori di pace!

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Papa Francesco saluta don Tonino. 
E la pace, oggi più che mai, si intreccia con la giustizia. 
A noi l'invito a costruire un mondo migliore, per tutti.

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A cura di Renato Sacco 

Anche considerando il rischio di una detonazione accidentale di tali armi per un errore di qualsiasi genere, è da condannare con fermezza la minaccia del loro uso, nonché il loro stesso possesso, proprio perché la loro esistenza è funzionale a una logica di paura, che non riguarda solo le parti in conflitto ma l’intero genere umano. 
Le relazioni internazionali non possono essere dominate dalla forza militare, dalle intimidazioni reciproche, dall’ostentazione degli arsenali bellici.

Papa Francesco, 10 novembre 2017, ai partecipanti al convegno “Prospettive per un mondo libero dalle armi nucleari e per un disarmo integrale”

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Dalla Siria all'Egitto, dallo Yemen alla Palestina: in Medioriente si ridisegnano equilibri e poteri. 
Cosa sta accadendo in questa regione così importante per tutto il mondo? 

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Cosa accade nell'area mediorientale?
Quali interessi in gioco e chi sono gli attori delle lunghe guerre in corso?
A cura di Franco Dinelli 

Palcoscenico drammatico di guerre, violazioni di diritti umani e interessi economici e militari, tutto il Medioriente è in subbuglio. 
Si ridisegnano equilibri, alleanze e giochi di parte tra potenze e Stati. 
In questo dossier proviamo a offrire chiavi di lettura di una complessa e intricata situazione geopolitica generale con un focus specifico 
sulle aree più calde come Siria, Egitto, Yemen e Palestina/Israele. 

 

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Il perdono dà una possibilità all'evoluzione esistenziale. 
È scelta deliberata di credere in Dio perché si è ancora capaci di credere nell'umano. 
E viceversa. 
È il non arrendersi mai all'orrore. 

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A cura di Andrea Bigalli e Anna Scalori 

Dalla parabola del padre misericordioso ai tempi nostri. 
Il perdono e la riconciliazione chiamano in causa storie di lacerazioni, incomprensioni, la fatica della ricerca delle identità da intrecciare. 
E poi, l’accoglienza, la festa. 
Ma cosa è il perdono? 
È possibile parlarne anche in chiave sociale? 
Che relazione ha con la memoria e con l’oblio? 

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Un dossier dedicato ad Aldo Capitini e alla nonviolenza, nel cinquantesimo anniversario della sua morte. 

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A cura di Fabrizio Truini 

A cinquant'anni dalla morte di Aldo Capitini, ripercorriamo il pensiero e ricostruiamo il profilo del padre della nonviolenza in Italia. 
Libero pensatore, uomo della religione aperta e convinto assertore della omnicrazia, Capitini è stato un intellettuale e uomo di azione nello stesso tempo, poliedrico e controcorrente. 
Ma, soprattutto, nonviolento. 
Ne parlano, in queste pagine, illustri firme della nostra cultura contemporanea. 

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Dalle preoccupazioni sul decreto sicurezza all'opposizione alle nuove armi, da Puglisi – martire antimafia – al gioco per la pace. 
Ecco alcune proposte per radicare la nonviolenza nelle nostre città. 

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A cura di Roberto Sedda 

I videogiochi sono un mondo, un universo da cui oggi non si può prescindere. 
Costituiscono anche un modo di leggere la realtà. 
Sono un mezzo di comunicazione a forte impatto sociale. 
Che relazione hanno con la pace e il ripudio delle guerre e delle violenze? 
Esistono produttori e creatori di videogiochi che ne fanno un media intelligente che conduce il giocatore ad abitare scenari differenti e lo aiuta a mettersi nei panni dell’altro?

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80 anni fa, la via italiana all’antisemitismo.

 

A ottant’anni dalla promulgazione delle leggi razziali antisemite da parte del fascismo, non possiamo dire, come italiani, di avere ancora chiuso i conti con quella tragedia. Permane in noi un pregiudizio, una sorta di trappola mentale che ci fa ritenere la legislazione antisemita e la conseguente distruzione degli ebrei europei eventi talmente eccezionali da risultare umanamente inspiegabili, frutto di un atroce e irripetibile scherzo della storia attuato dall’immenso potere  inopinatamente conquistato da un pazzo furioso, Hitler, sostanzialmente estraneo a quella grande civiltà cristiana europea che, per secoli, si era posta alla guida del mondo. È questo il senso comune ancora dominante, che, assolvendoci da ogni responsabilità, addossa ogni colpa a una sorta di Lucifero a noi del tutto alieno.

Con fatica, la ricerca storica è riuscita a scalfire l’immaginario autoassolutorio, costruito in particolare da Renzo De Felice, di un antisemitismo fascista “all’acqua di rose”, imposto da Hitler a un riluttante Mussolini. Le leggi razziali del 1938 in realtà si abbatterono sulla piccola e integrata comunità ebraica italiana con effetti devastanti. La formula eufemistica del “discriminare, non perseguitare” gli ebrei, coniata da Mussolini, non riusciva, agli occhi di questi ultimi, a edulcorare la realtà di provvedimenti per certi aspetti persino più duri e radicali di quelli nazisti. La difesa della razza nella scuola fascista, con l’allontanamento sia degli insegnanti che degli studenti non “ariani”, anticipata rispetto agli altri provvedimenti, fu attuata con particolare solerzia dal ministro cattolico della pubblica istruzione Giuseppe Bottai. Quindi, seguirono: l’interdizione degli ebrei dai pubblici uffici e la regolamentazione dell’accesso a determinate professioni; l’espulsione degli ebrei dal partito nazionale fascista; il divieto di prestare servizio militare; la limitazione delle attività economiche con il divieto di proprietà e gestione di aziende di una certa rilevanza; la proibizione di matrimoni misti tra “ariani” ed ebrei; infine, la revoca della cittadinanza agli ebrei stranieri e l’espulsione degli stessi allo scadere di sei mesi. 

Ebrei italiani

Per gli ebrei italiani, le leggi razziali significarono l’inizio di una travagliata fase della propria vita, fatta di ristrettezze economiche, di insidie non chiaramente definite, di un progressivo oscuramento dell’orizzonte. Va considerata, in particolare, la portata dell’esclusione dal servizio militare in un contesto civile in cui il cittadino si identificava con il soldato, come ripeteva la martellante propaganda del regime in vista di sempre nuovi cimenti: “Credere, obbedire, combattere”. Così gli ebrei, sospettati di essere una quinta colonna al servizio del nemico, venivano di fatto privati della civitas e dell’appartenenza a una nazione e sospinti in un limbo foriero di oscuri pericoli in un’Europa che si preparava a una nuova drammatica resa dei conti all’insegna dei nazionalismi totalitari. L’antisemitismo di stato, quindi, mirava, da un canto, a esaltare la superiorità razziale degli italiani e, dall’altro, a individuare un nemico interno, la “razza ebraica” per sua natura non assimilabile, straordinariamente rappresentativa di tutte le forze ostili alla realizzazione delle mete di grandezza dell’Italia: il liberalismo, la democrazia, il comunismo, l’internazionalismo, la Società delle Nazioni… È in questo contesto che maturò la svolta antisemita, per ragioni essenzialmente interne al regime e non per imposizione del nuovo alleato nazista. 

Ma Mussolini, per non riproporre in Italia il modello nazista, in forza dell’ostentata pretesa di primogenitura nei confronti di Hitler, era ben consapevole di non poter far leva su una cultura laica antisemita paragonabile a quella da decenni radicata in Francia, in Austria o in Germania e che, quindi, doveva rapportarsi con “un  paese in cui praticamente l’unica tradizione antisemita consistente e di lungo periodo è quella cattolica”, come riconosce lo storico cattolico Renato Moro. 

Lo scavo compiuto su questo aspetto ha messo in luce il ruolo che ebbero il papato “politico” di Leone XIII, l’elaborazione teorica de “La Civiltà Cattolica”, intellettuali di assoluto rilievo come Giuseppe Toniolo, Agostino Gemelli,  Mario Bendiscioli e altri, nonché, per l’impatto che ebbe sull’opinione del popolo cattolico e quindi degli italiani, la coeva letteratura popolare, segnatamente il romanzo d’appendice, d’impronta antisemita e fondamentalmente di matrice cattolica. 

La Chiesa

La Chiesa del tempo, nel suo sforzo ossessivo di rivincita contro la modernità e le ideologie (razionalismo, liberalismo, socialismo…) che avevano posto fine all’età media cristianamente ordinata, vedeva negli ebrei “emancipati” i massimi ispiratori di quei rivolgimenti. Da qui la necessità di ripristinare per costoro una sorta di “ghetto giuridico” e l’oggettiva convergenza con il regime. Nel lavoro recentemente pubblicato, emerge come questa matrice cattolica fosse alla base, insieme a quella fascista, delle leggi razziali del 1938 in un tentativo condiviso di “via italiana all’antisemitismo”, nelle intenzioni autonome dal nazismo, ma che nei fatti convergerà nei medesimi esiti catastrofici. Il tratto comune era la presunta moderazione che, nel caso della Chiesa, in sintonia con l’eufemismo mussoliniano, si condensava nell’ossimoro “segregazione amichevole” e che portò all’accordo segreto tra Chiesa e fascismo del 16 agosto 1938: “Problema del razzismo ed ebraismo. È intenzione del Governo che questo problema sia tranquillamente definito in sede scientifica e politica… Gli ebrei, in una parola, possono essere sicuri che non saranno sottoposti a trattamento peggiore di quello usato loro per secoli e secoli dai Papi che li ospitarono nella Città eterna e nelle terre del loro temporale dominio”.

In conclusione, non solo non possiamo lavarci la coscienza come italiani e cattolici scaricando ogni colpa su “un gruppo di criminali” nazisti neopagani, ma dovremmo anche porci degli interrogativi inquietanti di fronte al riproporsi oggi di temi come “rigida tutela dell’appartenenza nazionale”, fondata sul “diritto di sangue” comune, o sull’identità religiosa, o addirittura sulla “razza bianca”, temi che furono la base ideologica della tragedia di Ottant’anni fa. 

Di nuovo in Europa, ma non solo, anche negli Stati Uniti, e persino, paradossalmente, nell’Israele di Netanyahu.

La Prima guerra mondiale è stata “un’inutile strage” come la definì papa Benedetto XV.
Ma nella popolazione civile e negli eserciti nacquero tante le forme di dissenso alla guerra e di disobbedienza.
Primordi di obiezione di coscienza.

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A cura di Diego Cipriani

La Prima guerra mondiale è stata "un'inutile strage", che fece 10 milioni di soldati morti e 21 milioni di feriti, oltre ai milioni di vittime civili.
"L'europa è diventata un gigantesco macello", si leggeva nei manifesti delle Conferenze internazionali di Zimmerwald e di Kiental.
Ma quali forme di dissenso e di disobbedienza erano maturate nella popolazione civile e negli eserciti?
L'obiezione di coscienza, la renitenza, la diserzione per motivi etici, durante la grande guerra. 

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Un dossier di presentazione del sesto Rapporto sui conflitti dimenticati a cura di Caritas italiana.
Quante sono le armi, leggere o pesanti, esportate in paesi in guerra e quanti conflitti vi sono oggi nel mondo?

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A cura della Caritas Italiana

Il nesso tra armi, leggere o pesanti, nei conflitti e nelle guerre è noto e preoccupante.
Ma quante sono e di che tipo?
Uccidono, feriscono, distruggono.
Ledono diritti umani e influenzano l’opinione pubblica.
Eppure il clima generale che attraversiamo è di insicurezza globale.
Note e riflessioni a partire dal sesto Rapporto sui conflitti dimenticati di Caritas Italiana.

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