Le donne e il loro pensiero, il loro far teologia e l'apporto alla Chiesa e alla storia. Dalle pagine di due libri, emergono dalla Sacra Scrittura importanti voci femminili.
C'è ancora molto da esplorare nella Bibbia per riportare alla luce la potenza delle donne occultata da secoli di lettura al maschile: un lavoro che viene da lontano, dalla prima Women's Bible,
pubblicata nel 1895 negli Stati Uniti da Elizabeth Cady Stanton, attivista nell'ambito delle prime mobilitazioni per il diritto di voto, e che è fiorito in centinaia di studi con la nascita negli anni Settanta della teologia femminista. Ma la profondità e la ricchezza del testo nascondono ancora inimmaginabili tesori. Due libri della Gabrielli Editore arricchiscono di spunti preziosi l'esegesi, offrendo nuove prospettive alla riflessione e al percorso di presa di coscienza.
Luogo teologico
"Ricorda la fede della tua nonna e della tua mamma (Tt 1,5)": è il sottotitolo del libro di Sandro Gallazzi e Annamaria Rizzante, della Commissione Pastorale della Terra in Brasile, La teologia delle donne alle quali Dio ha rivelato i suoi misteri. Un libro che propone, come scrive nella prefazione Maria Soave Buscemi, "un cambiamento essenziale nel fare esegesi ed ermeneutica biblica: la lettura parte dalla vita delle persone impoverite e, tra queste, un 'luogo teologico' speciale: le donne". È quasi una scrittura collettiva e dal basso, dunque, che nasce da anni di letture popolari e femministe alla foce del Rio delle Amazzoni, "per costruire, nella 'cospirazione di donne e uomini finalmente liberi dall'arrogante potere patriarcale di una terra senza mare (simbolo del potere al tempo di Gesù), senza tempio e senza lacrime". Con la speranza che questo cammino si apra anche "nelle nostre realtà di società e di chiese".
"Saggi ed esperti – dicono gli autori – sono teologi inutili, falsi profeti: non conoscono le cose di Dio; Dio si è nascosto a loro e si è rivelato ai piccolini. È dalla loro bocca che possiamo sentir parlare di Dio in un modo diverso. Loro ci parleranno del Dio degli esclusi, dei poveri, degli ultimi. È il Dio dei profeti e delle profetesse, di Maria e di Gesù, sacrificato dalla teologia ufficiale". Ascoltare "coloro che una società escludente e ingiusta ritiene un avanzo, il 'resto' che non serve più a niente": è questo che si deve fare per trovare Dio nelle pagine del testo e nella nostra vita. E saranno soprattutto le figure femminili trascurate a comunicarcelo. Fa teologia Agar, la schiava egiziana di Sara, consegnata ad Abramo e poi cacciata nel deserto, quando dà il nome a Dio prima che al suo bambino, e Anna, che ci comunica un "messianismo differente", nella sua storia che mette in discussione addirittura la nascita del monoteismo per la presenza del culto della dea, riconosciuto dal popolo, nel quale le donne avevano lo spazio primario. E poi la moglie di Giobbe, la Sulamita, Rut, Ester… ma anche tante figure femminili che hanno un ruolo "minore" nella narrazione, e che si illuminano di nuove suggestioni, anche grazie ad un'attentissima e innovativa analisi strutturale e linguistica.
Le donne del Vangelo
Anche per le donne del Vangelo amate dalla lettura femminista, come la samaritana che per prima profetizza il Messia, attraverso il focussulle case dei poveri nelle quali si svolgono le storie si svelano aspetti nascosti: Maria di Nazareth, "la teologa della tavola imbandita" "che insegnò a Gesù", e poi, negli Atti, Priscilla, che si svela figura chiave per l'apertura di Paolo all'universalizzazione del messaggio, fino alle profetesse dell'Apocalisse che ci fanno scorgere "un mondo definitivamente nuovo" in cui " 'Vedere Dio faccia a faccia' non sarà più un privilegio di Mosè".
Sono invece i Volti di fuoco delle donne del Vecchio Testamento, letto nella versione rabbinica del Tanak, più vicina alle radici, che ci presenta Cristina Dobner, carmelitana scalza, traduttrice e saggista. Sono donne viste "da un'ottica di donna che si lascia interrogare e si interroga sul ruolo di ogni singola donna all'interno dell'episodio narrato, sul peso decisionale ed esistenziale delle sue scelte". Uno sguardo senza pregiudizi, non condizionato dalla lettura tradizionale che le relega alla marginalità: è così che "balzano improvvisamente dei Volti di Fuoco e si scoprono le Matriarche, le Profetesse,le Benedette e tutte le Altreche vibrano di luce propria e proprio questo Fuoco propagano, non solo nel loro momento storico ma nei secoli". L'analisi si svolge in tono meditativo e nella forma di una lunga lectio, in cui la centralità è del testo perché "la Parola di Dio sia sempre – con le parole del cardinal Martini – fuoco che brucia, che non possiamo prendere fra le mani, ma da cui possiamo lasciarci scaldare e illuminare". "Come i Maestri di Israele ritenevano che la Torah si dovesse leggere come una lettera personale scritta da JHWH per loro", così, secondo l'autrice, "con la stessa postura entriamo nel vivo di questa lettera, direttamente e oggi, destinata a me e a ciascuna donna, in quei versetti che ci dicono 'spiegami'!".
Le quattro madri
"Chi sono in realtà queste donne?", è la domanda da cui si parte: personaggi, figure, paradigmi, testimoni, martiri, presenze simboliche? Sono "fuor di dubbio, donne pervase dal fuoco dello Spirito": "il mistero della donna si illuminerà" guardandole.
I loro Volti di Fuoco "abbagliano per la loro Bellezza, contagiano per il loro coraggio, animano per aver plasmato il destino del popolo d'Israele": sono tutte donne che hanno inciso profondamente nella realtà in cui erano inserite anche se il modo in cui viene raccontata la loro storia tende a occultare il loro ruolo attivo.
Le quattro madri – Sarah, Rebecca, Rachele e Lia – "fondatrici di Israele", "conversano con JHWH e gli tengono testa" con il loro vivo "linguaggio emozionale": "esseri emblematici, che superano la persona e diventano collettive, sia per il popolo intero sia per la loro diretta discendenza". Insieme alle sette Profetesse e alle tre Benedette "hanno deciso la linea della benedizione divina, hanno plasmato il popolo e ne hanno fatto nascere la cultura". Ma "ogni donna è luogo di rinnovamento, di esperienza che si prolunga in altre vite". Il Fuoco di queste donne del periodo arcaico, "donna dopo donna (…), giunge a Mirijam di Nazareth, che incarnerà la Promessa". Mirjam, la "Donna Madre" che "ci introduce nel Mistero" e rappresenta il compimento della vocazione del popolo d'Israele. Con lei si produce uno "straordinario rovesciamento": contrariamente a quanto affermato dalla tradizione, è il maschile che "non potrà entrare nella perfezione dell'Alleanza se non partecipando alle figure femminili della santità". La sua figura viene esplorata con un'attentissima analisi testuale e del lessico in lingua ebraica e greca e ne viene recuperata la funzione di raccordo tra Vecchio e Nuovo Testamento, di "anello di congiunzione sicuro tra Gesù e il popolo ebreo". Ma anche il Volto di Fuoco in cui confluisce la santità delle figure femminili già studiate, il punto di arrivo del percorso delineato nel Vecchio Testamento. Mirjam, che "raduna in sé tutte le bellezze della Creazione" e può far divampare anche in noi il Fuoco dello Spirito.