Paolo VI e Oscar Romero santi insieme. Dal Concilio a Medellin. E soprattutto, accanto ai poveri.
"È bello che insieme a Paolo VI e agli altri santi e sante odierni ci sia mons. Romero, che ha lasciato e le sicurezze del mondo, persino la propria incolumità, per dare la vita secondo il Vangelo, vicino ai poveri e alla sua gente, col cuore calamitato da Gesù e dai fratelli".
Questo un passaggio dell'omelia di papa Francesco durante le canonizzazioni in San Pietro lo scorso 14 ottobre. È significativo che essa sia avvenuta assieme a quella di Paolo VI, proprio perché il papa bresciano è stato un riferimento fondamentale per l'arcivescovo di San Salvador.
Non uccidere
"Se volete essere fratelli, lasciate cadere le armi dalle vostre mani. Non si può amare con le armi in pugno". Queste parole, pronunciate da Paolo VI alle Nazioni Unite il 4 ottobre 1965 vennero ripetute da Oscar Romero il 23 marzo 1980 durante un'omelia. L'arcivescovo di San Salvador le rivolse ai militari, invitandoli a porre fine alla repressione in nome del comandamento "Tu non uccidere". Mons. Romero invitò i militari a disobbedire agli ordini di sparare sui civili, sui campesinos, sui catechisti e sui delegati della parola, sui leader politici e sindacali che chiedevano giustizia e libertà. Questo invito costerà la vita a Oscar Romero, il quale infatti il giorno dopo, lunedì 24 marzo 1980, verrà ucciso con un colpo ad alta precisione esploso da un sicario posto in fondo alla chiesa dell'Ospedale della Divina Provvidenza a San Salvador.
Dal Concilio a Medellin
L'America latina dagli anni Sessanta del Novecento fino agli anni Ottanta è caratterizzata da diffuse e brutali dittature militari. Ma gli anni Sessanta sono anche gli anni del Concilio, un evento fondamentale che porta la chiesa a confrontarsi con la modernità. In tali anni Oscar Romero, giovane sacerdote, è fortemente ancorato alla tradizione, ma sulla base della sua assoluta adesione al magistero non può restare indifferente alle novità che provengono da Roma. Romero comprende gradualmente che il Concilio, portato a compimento da Paolo VI, non serve a riaffermare solennemente degli orientamenti e delle condanne, ma a porre la chiesa a confronto con i tempi nuovi. Un altro evento assolutamente importante è, poi, la II Conferenza Generale dell'Episcopato latinoamericano, che si svolge a Medellin, in Colombia, dal 24 agosto al 5 settembre 1968. Aperta nella cattedrale di Bogotà con una celebrazione presieduta da Paolo VI, la Conferenza di Medellin approva sedici documenti, sui vari aspetti della vita della chiesa. Quelli che hanno più risalto riguardano la pace e la giustizia sociale. In tali testi si afferma "la scelta preferenziale per i poveri" e si sottolinea la necessità che la chiesa si impegni in modo concreto nella denuncia delle ingiustizie sociali, presenti in America latina in forme strutturali. Questi documenti diverranno, col tempo, riferimenti fondamentali per Oscar Romero.
L'Evangelii nuntiandi
Il 21 aprile 1970 Oscar Romero viene nominato vescovo da Paolo VI. Romero è considerato in tale momento un vescovo tradizionalista che avrebbe portato avanti una pastorale puramente "spirituale", non interessata ai problemi sociali e politici sempre più drammatici in El Salvador. All'interno del clero di El Salvador alcune realtà associative e taluni sacerdoti sono vicini alle posizioni della teologia della liberazione, che pone al centro la denuncia della povertà e delle ingiustizie sociali. Per il vescovo Romero, la teologia della liberazione è un qualcosa che inizialmente non lo attrae in modo particolare. Gli appare una lettura troppo politicizzata del messaggio cristiano. Man mano, però, mons. Romero si accorge della condizione di miseria e di sfruttamento della propria gente. Inizia così a guardare con occhi diversi alla teologia della liberazione, sottolineando tuttavia il fatto che la versione da lui accettata è quella che ha un orizzonte pastorale e religioso, non certo politico e deriva questo dal Concilio, da Medellin e dall'esortazione apostolica Evangelii nuntiandi di Paolo VI.
Anche in El Salvador, come in altri paesi dell'America latina, si diffondono poi le comunità ecclesiali di base. Si tratta di una chiesa popolare, che si richiama alle comunità cristiane delle origini. I riferimenti dottrinali degli animatori delle varie comunità divengono ben presto il Concilio Vaticano II e i documenti di Medellin. Queste comunità maturano progressivamente una nuova idea di chiesa, percepita non più come "corpo mistico di Cristo", ma come "popolo di Dio" che si incontra a pregare, a confrontarsi sulla Parola di Dio, a interrogarsi sulle urgenze che la storia richiede. Romero crede suo dovere incrementare le comunità di base, ma ritiene che debbano avere un carattere eminentemente religioso e non politico, come indicato sempre dall'Evangelii nuntiandi di Paolo VI.
La Misa unica
Nominato arcivescovo di San Salvador, Oscar Romero assume ufficialmente la guida della nuova diocesi il 22 febbraio 1977. I sacerdoti più attivi nella pastorale sociale sono delusi dalla sua nomina in quanto lo considerano su posizioni conservatrici. Mentre Romero sta prendendo le misure della nuova diocesi, la situazione in El Salvador diviene sempre più drammatica e la repressione, ad opera delle Forze di Sicurezza e degli squadroni della morte, si intensifica. Il 12 marzo 1977 padre Rutilio Grande, un suo fraterno amico, viene assassinato a colpi di arma da fuoco. L'assassinio di padre Rutilio è un fatto sconvolgente per l'arcivescovo: di fronte al cadavere dell'amico ucciso, Romero inizia a comprendere che il Corpo vivente di Cristo, i poveri, sono oppressi e uccisi da un potere che si presenta come baluardo della cristianità, ma che in realtà è inumano e anticristiano. La domenica successiva al funerale di Rutilio Grande, mons. Romero accetta la richiesta del proprio clero di celebrare nella diocesi un'unica grande messa assieme all'arcivescovo, come segno di unità e per levare una voce chiara e potente nella richiesta di giustizia e nella denuncia di quanto accaduto. Il nunzio è fortemente contrario per la crisi che così si instaura nei confronti del potere politico, responsabile delle violenze nel paese, ma la misa unica viene celebrata. Per essere confermato nella propria scelta e azione, mons. Romero si reca a Roma dove il 26 marzo 1977 Paolo VI lo accoglie e lo incoraggia a proseguire nel proprio servizio.
L'accusa di comunismo
Tornato in El Salvador, mons. Romero trova un paese sempre più devastato dalla violenza della repressione. Ad aggravare la sua posizione ci pensano i vescovi che, ad eccezione di mons. Arturo Rivera y Damas, contestano il suo operato e dipingono l'arcivescovo, per le sue denunce e per le sue prese di posizione, come sovversivo, come comunista. Romero è molto amareggiato per queste accuse dei suoi confratelli, ma non può fare altrimenti: la sua fedeltà deve essere al Vangelo e a Cristo. Dal 17 al 30 giugno 1978 Romero è a Roma. Il 21 giugno si tiene l'udienza privata con il papa. Anche questo incontro con Paolo VI è per Romero motivo di grande consolazione: il pontefice lo ascolta e lo incoraggia a proseguire nella sua azione. Scrive mons. Romero nel suo Diario: "Il papa mi ha stretto la mano destra e l'ha trattenuta a lungo fra le sue due mani e pure io ho stretto con le mie mani la mano del papa. Avrei desiderato, per questo momento, una fotografia che esprimesse quell'intima comunione di un vescovo con il centro dell'unità cattolica".
Testimone e maestro
Oscar Romero viene ucciso perché non si rassegnava alle violenze, alle ingiustizie, allo strazio di un paese devastato. Con il suo sacrificio ha attuato l'ammonimento di Paolo VI, per il quale il nostro mondo "ha bisogno soprattutto di testimoni, o di maestri che siano anche testimoni". Oscar Romero è stato testimone e maestro di giustizia e di pace. E per questo è stato assassinato.