Note a margine di un incontro promosso dalla Comunità di Sant'Egidio. L'iniziativa dei corridoi umanitari per costruire una solida ed ecumenica cultura solidale.
L'arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi ha ospitato Ponti di Pace, la manifestazione internazionale voluta dalla Comunità di Sant'Egidio con impegno annuale (nel 2019 toccherà a Madrid).
Sant'Egidio ha fatto e fa storia. Personalmente è da loro – ai tempi della lotta di liberazione del Mozambico che sostenevo dal versante internazionalista (dirigevo l'edizione italiana di Mozambique Revolution) – che ho imparato la necessità politica della mediazione: disapprovavo i tentativi volti a cercare vie di compromesso con la parte avversa e la Renamo, che organizzava gli ex-colonialisti ed era vicina all'apartheid sudafricana. Imparai che, nell'irrigidimento dei conflitti, era necessario un terzo partner disimpegnato, per cercare di mediare situazioni d'impaludamento delle vittorie. Fu merito di Sant'Egidio se, avvalendosi anche della presenza della chiesa locale e dei padri bianchi solidali con la rivoluzione, il Mozambico ha potuto contare con uno sviluppo sufficientemente democratico.
La diplomazia
La scelta di fare pace attiva e di essere supporto alla diplomazia ha fatto di sant'Egidio un interlocutore prezioso a livello internazionale e un collaboratore delle agenzie dell'Onu. In presenza del fenomeno migratorio risultano esemplari (purtroppo senza imitazioni) i "corridoi umanitari" voluti dalla Comunità insieme con la chiesa evangelico-metodista. L'arcivescovo di Bologna – che partecipa alle iniziative di Sant'Egidio da quando era a Santa Maria in Trastevere – ha dunque accolto quest'anno, dal 14 al 16 ottobre, "Ponti di Pace" in una città fitta d'incontri (ben 25) per ragionare sui problemi fondamentali, soprattutto per chi in Italia si dice cristiano: "disarmare i conflitti", "le guerre dimenticate", "raccontare il mondo", "lo spirito di Assisi e la geopolitica del dialogo", "la città nell'era globale", "Oscar Arnulfo Romero martire e santo", "Islam e cristianesimo"; ma anche sull'Europa, le disuguaglianze, il Medio Oriente, Sarajevo: dialoghi, dialoghi, dialoghi. Con personalità di grande prestigio intervenute con parole significative: dalla pastora Bernice King, figlia di Martin Luther (che ha ricordato l'impegno per la nonviolenza e la necessità di "stare sempre in guardia perché la libertà non è mai conquistata del tutto"), ad Al-Dailami Yahaya, imam zaidita dello Yemen, ai politici italiani Antonio Tajani, Romano Prodi, Graziano Delrio. Con testimoni di tanti paesi: Europa, ma anche Guatemala, Giappone, Indonesia, Oman…
Voci di libertà
Grande ricchezza di suggestioni: "Bisogna vincere questa globalizzazione dell'indifferenza ma anche spiegare la complessità del mondo", ha detto Abdulwahhab Ahmed al Taha al Sammaraee, portavoce dell'associazione dei giuristi sunniti iracheni. E James Oyet Latansio, segretario generale del Consiglio delle chiese del Sud Sudan: "Dopo la lotta per la libertà è scoppiata una lotta per il potere: le donne vengono abusate, i bambini uccisi. Aiutateci: una mano, due mani possono cambiare il volto del Sud Sudan". Helena Useche, rappresentante colombiana: "Le donne hanno voluto essere non più solo vittime ma protagoniste di questo processo per una pace che si basa sul perdono e sulla riconciliazione". Sin Syamsuddin, testimone indonesiano: "Dobbiamo chiederci perché questi conflitti e le loro vittime sono dimenticati", da leggere insieme con la risposta di Jean Pierre Denis, direttore di La Vie: "Ma la realtà è che ci sono guerre mediatiche e no, guerre tra ricchi e guerre tra poveri. E le guerre civili sono difficili da spiegare". Adam Michnik, l'intellettuale e politico polacco protagonista ai tempi dell'occupazione sovietica: "Ma oggi ci sono leader dell'est europeo che parlano contro i rom, in Ungheria Orban parla di riconsiderazione dei confini verso la Romania, e la Polonia di Kaczynski si sta "putinizzando". Anche il sindaco di Bologna, Virginio Merola: "Abbiamo bisogno di dialogo e ascolto, ascoltare le ragioni dell'altro… Crediamo in un mondo senza confini, aiutateci a crederci".
È stata una scossa, un cambio di paradigma di una chiesa che non vuole restare separata nella clericalizzazione, soprattutto dentro le tensioni di questo tempo. Alberto Melloni è stato esplicito e – partendo dalle contestazioni in Consiglio comunale all'apertura di una moschea ("che alcuni abbiano il permesso di pregare e altri debbano chiederlo non fa parte di una società naturale") – ha detto un sonoro "basta benzina reazionaria!".
Le chiese, tante, erano presenti ai loro massimi livelli: Ignatius Aphrem II del patriarcato siro-ortodosso, Ahamad Al-Tayeb imam di Al Ahzar, Haim Korsia rabbino capo, Sudheendra Kulkami dell'Observer Research Foundation indiana, i cardinali di Abuja (Nigeria), Orlando Beltàn Quevedo di Cotabato (Filippine), Vinko Puljic di Vrhbosna-Sarajevo accompagnato dal sindaco, P hilippe Ouèdraogo del Burkina Faso. Forte la caratterizzazione ecumenica sia tra confessioni cristiane sia tra altre religioni: oltre al Segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese, vescovi luterani, teologi anglicani, protestanti come Paolo Ricca, ortodossi; ma anche rabbini, monaci buddisti, islamici, perfino un indù dello zoroastrismo indiano e due vescovi cinesi. Le religioni, infatti, debbono stare unite, dialogare, lavorare e pregare "insieme". Le diverse comunità, unite prima nella preghiera in spazi propri e con lingua e riti propri, hanno insieme – circa trecento – partecipato alla processione, all'accensione dei candelabri e alla consegna dell'appello.
Nelle parole conclusive di Zuppi le speranze di tutti: "E la pace è di tutti! Non si divide! Senza pace non c'è vita e non c'è futuro! Come ci disse papa Francesco qui a Bologna ‘cominciamo a sognare alla grande', ma con gli occhi aperti e di giorno per vincere la notte della guerra e della barbarie.
Nessun razzismo
No al Vangelo usato per promuovere il razzismo: nel mondo "c'è chi pensa di trarre convenienze seminando pregiudizi e parole di condanna e inimicizia" ma "dimentica che queste diventano semi di azioni che portano frutti di divisione che poi colpiscono tutti. E l'odio e la violenza iniziano a crescere…
"Vogliamo superare i muri andando più in alto, con la passione che nasce dalla fede e con l'intelligenza dell'amore che trasforma il nemico in amico e rende vicino chi è lontano, possibile quello che sembrava troppo difficile o rischioso". "Sono sicuro che continueremo a seminare tanto ascolto, comprensione, amicizia consapevoli di essere parte dell'unica famiglia e che questi semi fioriranno. Abbiamo meno paura perché abbiamo visto che è possibile, quanto tutto è più facile con i ponti, come la vita è più bella!".
Non ci facciamo confondere da chi dice: "non vale la pena" o "ci saranno problemi". Lo sappiamo! Ma i problemi si affrontano e non ci spaventa sacrificarci per questo, per risolverli per davvero e non lasciarli ad altri! La pace non è un gesto eroico per poi rimettersi a dormire con l'indifferenza. I ponti richiedono pazienza, tempo, capacità, sistema, coraggio, tanto amore. Anche perché ci sono tante realtà di conoscenza e di pace possibile. Perciò ha chiesto di "mettere da parte quello che divide": la pace è un portico che protegge tutti… "Io, da cristiano, seguo un Dio che ha insegnato ad amare i nemici e a dare la vita per non combattere mai le persone ma il nemico delle persone, il male, la pace è di tutti e non divide. Senza pace non c'è vita e non c'è futuro!".