La pratica dei matrimoni precoci e forzati e la violazione dei diritti delle bambine e delle ragazze.
Ogni anno nel mondo, almeno 15 milioni di bambine e ragazze, con meno di 18 anni, sono costrette a contrarre matrimonio con uomini adulti.
Secondo il dossier della Campagna “Indifesa” di Terre des Hommes sulla condizione delle bambine nel mondo, presentato in occasione della Giornata Mondiale delle Bambine proclamata dall’ONU l’11 ottobre scorso, ogni due secondi una bambina o una ragazza ancora minorenne è costretta a sposare un uomo anche di molti anni più grande per ragioni in prevalenza economiche. La povertà, divenuta estrema e strutturale o generata e acuita da guerre e calamità naturali, la mancanza d’istruzione, le pratiche culturali e l’insicurezza alimentano e sostengono tale pratica.
L’Unicef definisce “matrimonio precoce” un’unione riconosciuta dalla legge o anche informale che coinvolga almeno un minore. Una bambina o una ragazza, che si sposa prima della maggiore età, vede perpetrarsi a suo svantaggio la violazione di un suo diritto fondamentale contro ogni convenzione internazionale. Per l’Unicef, inoltre, altri fattori che influenzano la pratica dei matrimoni precoci sono: il sistema di registrazione civile del Paese che fornisce la prova dell’età dei i bambini, l’esistenza di un adeguato quadro legislativo che permetta di gestire i casi di matrimonio precoce, l’esistenza di leggi ordinarie o religiose che favoriscono la pratica.
L’articolo 16 della Convenzione per l’Eliminazione delle Discriminazioni Contro le Donne (CEDAW) ratificata da 187 Paesi (tranne Iran, Somalia, Sudan, Palau, Tonga e Stati Uniti) stabilisce che le donne come gli uomini hanno diritto di “scegliere liberamente chi sposare ed entrare nel matrimonio solo in condizione di libertà e pieno consenso”. Per milioni di bambine, invece, la libertà e il pieno consenso sono un’esperienza che non vivranno mai nel corso della loro intera esistenza.
Poiché le bambine e le adolescenti costrette a diventare spose durante l’infanzia non sono in condizione di opporsi, obbediscono silenziose, mentre i matrimoni precoci devono anche considerarsi forzati e quelle che appaiono piccole spose consenzienti invece non sono affatto in una situazione di autonomia decisionale, nonché di consapevolezza psicologica e emotiva.
Non essendo pronte nemmeno fisicamente a diventare mogli e madri, le bambine date in spose a uomini adulti sono maggiormente esposte ai rischi delle complicazioni in gravidanza e durante il parto, prima causa al mondo di morte delle ragazze di età compresa tra i 15 e i 19 anni.
Costrette a una condizione di dipendenza e di alienazione le bambine e le ragazze spose diventano madri nell’età dei giochi e della scuola mentre la loro salute sessuale e riproduttiva è compromessa per sempre.
Con scarso accesso all’istruzione e alle opportunità economiche sia le figlie minorenni sia le loro famiglie hanno maggiori probabilità di vivere in povertà anche estrema, generando l’effetto opposto a quello per cui vengono date in spose, l’alleviamento del peso economico per la famiglia d’origine.
Quale tutela?
Dal punto di vista della tutela dei diritti delle bambine, molti Paesi hanno stabilito che il matrimonio è legale anche per le bambine e le ragazze con meno di 18 anni e, laddove il limite d’età per contrarre matrimonio sia di 18 anni, alcune convenzioni sociali consentono di eludere la legge, permettendo il matrimonio a bambine e ragazze ancora minorenni se c’è il benestare dei genitori e l’autorizzazione di un tribunale o di un’autorità religiosa. L’11 ottobre in India, il Paese a maggiore presenza di bambine e ragazze che contraggono matrimonio prima dei 18 anni (47%), la Corte suprema ha emesso una sentenza che stabilisce che i rapporti sessuali all’interno di un matrimonio in cui la sposa abbia meno di 18 anni devono considerarsi un atto di stupro, quindi un reato.
La legge indiana prevede che l’età per il consenso all’atto sessuale siano i 18 anni, ma prima della sentenza dell’11 ottobre l’atto sessuale tra un marito e una moglie di età compresa tra i 15 e i 18 anni era legale. La sentenza della Corte suprema rappresenta, per l’India e per il mondo, una chiamata al cambiamento normativo, più ampiamente al cambiamento culturale riguardo al trattamento della pratica dei matrimoni precoci e soprattutto riguardo all’urgenza di ridurre e contrastare l’ineguaglianza di genere.
Il matrimonio precoce ha una dimensione talmente globale da toccare tutte le popolazioni e le differenti culture. Esistono variazioni locali tra etnie all’interno dello stesso Paese, ma la sostanza drammatica della pratica di dare in spose le bambine è che si tratta di una vera e propria violazione dei diritti fondamentali delle bambine e delle ragazze con gravi conseguenze in termini di salute e di sviluppo psicofisico.
La persistenza dei matrimoni precoci e forzati all’interno di un numero elevatissimo di comunità tradizionali nel mondo ostacola l’accesso all’istruzione, alla salute, alla protezione e all’uguaglianza di genere per milioni di loro.
In molte comunità in cui il matrimonio precoce è praticato, le ragazze costituiscono un onere economico per la famiglia e la soluzione che la consuetudine offre loro è il trasferimento dell’onere a un adulto facoltoso e influente, soprattutto in situazione di consenso e rigidità sociali.
Il cambiamento tuttavia è possibile, ma a condizione che venga generato da interventi internazionali, nazionali e locali all’interno di un processo integrato e multi-livelli imprescindibile dalla partecipazione di tutte le componenti dell’assetto sociale dai decisori politici, i rappresentanti della sicurezza, i leaders di comunità agli educatori, i formatori, le famiglie fino al coinvolgimento delle bambine, dei bambini e degli adolescenti stessi a cui offrire strumenti e proposte tra cui la costituzione di associazioni per la formazione e la tutela dei diritti dell’infanzia.
Nel caso ancora dell’India in alcuni distretti di Stati ad altissima presenza di matrimoni precoci è esperienza di alcune organizzazioni locali in partenariato con le organizzazioni internazionali che i children rights clubs, siano il luogo ideale all’interno del quale si genera un circolo virtuoso d’istruzione e di formazione sui diritti fondamentali dei bambini, di tutela degli stessi, attraverso azioni di denuncia della loro violazione agli organi di sicurezza e di potenziamento delle competenze e delle abilità in particolar modo delle bambine e delle ragazze all’interno di una cultura prevalentemente patriarcale.
Peculiarità delle associazioni per i diritti dei bambini, costituite dai bambini stessi, sono la loro natura partecipativa e la possibilità di diffusione tra i pari verso l’esterno di istruzioni e informazioni riguardo l’esistenza di strumenti attraverso i quali tutelare i diritti dell’infanzia.
L’impatto delle azioni multi-livelli di istruzione, formazione, difesa e potenziamento delle bambine e dei bambini con il loro stesso coinvolgimento, al di là della mera accoglienza in centri di contenimento del disagio, è di fondamentale importanza nella costituzione di nuovi scenari culturali e normativi necessari alla riduzione delle più gravi forme di sfruttamento e di violenza.