Said apre nuovi orizzonti e nuove strade per superare del tutto la teologia della guerra, anche di quella giusta. Ovunque.
Sulla nonviolenza e sui suoi orizzonti, nello scorso mese di novembre, nell’ambito del corso sulle “Sfide Etiche” organizzato dal Cipax di Roma in collaborazione con Adista e Pax Christi, si è tenuto l’incontro-dibattito tra il pres, di Pax Christi mons. Giovanni Ricchiuti e il pres, del Cipax e teologo islamico Adnane Mokrani. “Nella Chiesa – ha subito detto mons. Ricchiuti – faceva fatica a entrare la parola ‘nonviolenza’. Papa Francesco l’ha sdoganata”.
Poi richiamando le ultime dichiarazioni papali contro la cultura di guerra e gli armamenti, specie nucleari, ha delineato quattro orizzonti etici: quello antropologico, che denuncia l’irrazionalità della guerra e proclama la nonviolenza come unico dovere per l’umanità. Poi, quello evangelico della profezia di pace vissuta da Gesù e dai primi cristiani martiri pacifisti, che oggi convince tanti obiettori al militarismo, per i quali la nonviolenza è l’eu-topia della storia. Infine, ha declinato la nonviolenza come parola-azione che investe gli orizzonti pedagogici e politici, auspicando che essa diventi la strada sulla quale devono camminare la famiglia, la scuola, la comunità nazionale e mondiale. Ha concluso ribadendo la persuasione, ben nota ai lettori di Mosaico di pace, che non vi siano più cappellani militari con le stellette e che papa Giovanni è il patrono della pace.
Altrettanto interessante l’intervento di Mokrani, tanto più perché ha riportato esperienze musulmane quasi sconosciute nell’Occidente. Infatti, oltre a ricordare testimoni della nonviolenza come l’afghano Khan, l’indiano Azad e il sudanese Taha, ha presentato il libro del siriano Jawdat Said “Vie islamiche alla nonviolenza” appena pubblicato da Zikkaron. Il suo pensiero, fuso con le esperienze vissute in Siria e in Egitto nel secondo dopoguerra fino alla recente c.d. Primavera Araba (è stato più volte in carcere), è molto importante perché ha enucleato i fondamenti coranici della nonviolenza. Infatti per questo scrittore e insegnante nonviolento – ha aggiunto Mokrani – la guerra di Maometto è stata una guerra di difesa, una volta costituito a Medina lo Stato. Non è stata una guerra di religione. D’altra parte, per il Profeta, Dio condanna il sacrificio della vita: “Se stenderai la mano contro di me per uccidermi, io non stenderò la mano su di te” (Cor, 5,28). Certo poi nell’Islam – come nella cristianità – è subentrata la teologia della guerra per giustificare il dominio politico. Però né nel Corano né in tutto il retaggio islamico si riscontra l’espressione ‘guerra santa’. Oggi poi, come dice Said: “La guerra è morta, è abrogata”, perché è irrazionale, in quanto solo gli stolti la possono praticare, e per i credenti di ogni religione è falsa e idolatrica. Le armi – aggiunge Said – sono i nuovi idoli ai quali i non credenti nel Dio della vita sacrificano vittime innocenti. E commentando il versetto coranico: “Dì: Gente del Libro, venite a una parola comune a noi e a voi, non adoriamo altro che Dio, non prendiamo alcun padrone che non sia Dio” (Cor. 3, 64) scrive significativamente: “Tawhid cioè l’unicità di Dio non è una questione metafisica e trascendentale, ma una questione sociale e politica” (p. 63). Mokrani, riportando e interpretando non solo il pensiero di Said, ma la vera concezione islamica, ha concluso affermando che la nonviolenza: è educazione, come liberazione dal culto del dominio; è democrazia, perché la violenza conculca la libertà e l’eguaglianza; è giustizia e riconciliazione; e, infine, è resistenza attiva e profetica. Alla fine del dibattito i due relatori sono stati concordi nel dire che la guerra non è mai giusta, ma, come sostiene papa Francesco “l’unica cosa giusta è la pace e la nonviolenza”.