Perdonami se ti chiamo così, anche se col Marocco non hai nulla da spartire.
Ma tu sai che qui da noi, verniciandolo di disprezzo, diamo il nome di marocchino a tutti gli infelici come te, che vanno in giro per le strade, coperti di stuoie e di tappeti, lanciando ogni tanto quel grido, non si sa bene se di richiamo o di sofferenza: tapis!
La gente non conosce nulla della tua terra. Poco le importa se sei della Somalia o dell’Eritrea, dell’Etiopia o di Capo Verde. A che serve?
Per il teatro delle sue marionette ha già ritagliato una maschera su misura per te. Con tanto di nome: marocchino. E con tutti i colori del palcoscenico tragico della vita. Un berretto variopinto sul volto di spugna. I pendagli di cento bretelle cadenti dal braccio. L’immancabile coperta orientale sulla spalla ricurva.
E quel grido di dolore soffocato dalla paura: tapis!
Il mondo ti è indifferente. Ma forse non ne ha colpa. Perché se, passandoti accanto, ti vede dormire sul marciapiede, è convinto che lì, sulle stuoie invendute, giaccia riversa solo la tua maschera. Come quella di Arlecchino o di Stenterello, dopo lo spettacolo. Ma non la tua persona. Quella è altrove. Forse è volata su uno dei tanti tappeti che nessuno ha voluto comprare da te, nonostante l’implorante sussurro: tapis!
Dimmi, marocchino. Ma sotto quella pelle scura hai un’anima pure tu?
Quando rannicchiato nella tua macchina consumi un pasto veloce, qualche volta versi anche tu lacrime amare nella scodella? Conti anche tu i soldi la sera
come facevano un tempo i nostri emigranti?
E a fine mese mandi a casa pure tu i poveri risparmi, immaginandoti la gioia di chi li riceverà? È viva tua madre? La sera dice anche lei le orazioni per il figlio lontano e invoca Allah, guardando i minareti del villaggio addormentato? Scrivi anche tu lettere d’amore? Dici anche tu alla tua donna che sei stanco, ma che un giorno tornerai e le costruirai un tukul tutto per lei, ai margini del deserto o a ridosso della brughiera?
Mio caro fratello, perdonaci.
Anche a nome di tutti gli emigrati clandestini come te, che sono penetrati in Italia, con le astuzie della disperazione, e ora sopravvivono adattandosi ai lavori più umili. Sfruttati, sottopagati, ricattati, sono costretti al silenzio sotto la minaccia continua di improvvise denunce, che farebbero immediatamente scattare il “foglio di via” obbligatorio.
Perdonaci, fratello marocchino, se, pur appartenendo a un popolo che ha sperimentato l’amarezza dell’emigrazione, non abbiamo usato misericordia verso di te. Anzi ripetiamo su di te, con le rivalse di una squallida nemesi storica, le violenze che hanno umiliato e offeso i nostri padri in terra straniera.
Perdonaci, se non abbiamo saputo levare coraggiosamente la voce per forzare la mano dei nostri legislatori. Ci manca ancora l’audacia di gridare che le norme vigenti in Italia, a proposito di clandestini come te, hanno sapore poliziesco, non tutelano i più elementari diritti umani, e sono indegne di un popolo libero come il nostro.
Perdonaci, fratello marocchino, se noi cristiani non ti diamo neppure l’ospitalità della soglia. Se nei giorni di festa, non ti abbiamo braccato per condurti a mensa con noi. Se a mezzogiorno ti abbiamo lasciato sulla piazza, deserta dopo la fiera, a mangiare in solitudine le olive nere della tua miseria.
Perdona soprattutto me, vescovo di questa città, che non ti ho mai fermato per chiederti come stai. Se leggi fedelmente il Corano. Se osservi scrupolosamente le norme di Maometto. Se hai bisogno di un luogo, fosse anche una chiesetta, dove poter riassaporare, con i tuoi fratelli di fede e di sventura, i silenzi misteriosi della tua moschea.
Perdonaci fratello marocchino.
Un giorno, quando nel cielo incontreremo il nostro Dio, questo infaticabile viandante sulle strade della terra, ci accorgeremo con sorpresa che egli ha… il colore della tua pelle.
P.S. Se passi da casa mia, fermati.
don Tonino
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Sulle soglie senza frontiere
“Sulle soglie senza frontiere” è la nuova Campagna nazionale di sensibilizzazione e di azione, promossa da Pax Christi Italia, che intende analizzare i diversi aspetti dell’accoglienza dei profughi nel nostro Paese, promuovere una cultura dell’incontro che contrasti quella dello scarto, appoggiare l’ampia rete di realtà che già operano nei territori. La nuova Campagna prende le mosse a partire dalla precedente azione “Ero straniero – l’umanità che fa bene” e mira a conservare e rinnovare la memoria di quanti hanno perso la vita nel tentativo di emigrare verso il nostro Paese per sfuggire alle guerre, alle persecuzioni e alla miseria” e di rendere visibili luoghi, realtà, esperienze di accoglienza e di integrazione che, come semi nella terra, germogliano una nuova umanità. Una casa nuova e un’umanità senza frontiere, appunto. La rete di persone e di realtà, che non solo aderiscono alla nuova Campagna ma che ne sono promotrici, sono disponibili per incontri di approfondimento e di confronto rivolti alle scuole, alle biblioteche, alle parrocchie e ad ogni luogo di aggregazione sociale, avvalendosi per ora della diffusione di due libri (“Non sapevo che il mare fosse salato” e “Il vento ha scritto la mia storia”) che Betta e Nandino il primo, e don Salvatore il secondo, si sono impegnati a promuovere, e al docufilm “Fuori Onda”.
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