La nostra Europa sta sempre più abdicando al suo ruolo di connettore di culture e popoli e alle sue responsabilità di accogliere e proteggere migranti e richiedenti asilo.
“Mandate l’agnello al signore del paese, dalla rupe verso il deserto, al monte della figlia di Sion. Come un uccello fuggitivo, come una nidiata dispersa, saranno le figlie di Moab ai guadi dell’Arnon.
Dacci un consiglio, prendi una decisione! Rendi come la notte la tua ombra in pieno mezzogiorno; nascondi i dispersi, non tradire i fuggiaschi. Siano tuoi ospiti i dispersi di Moab; sii loro rifugio di fronte al devastatore. Quando sarà estinto il tiranno e finita la devastazione, scomparso il distruttore della regione, allora sarà stabilito un trono sulla mansuetudine, vi siederà con tutta fedeltà, nella tenda di Davide, un giudice sollecito del diritto e pronto alla giustizia” (Isaia 16,1-5).
Questo testo di Isaia descrive bene l’angoscia dei moabiti inseguiti dai loro nemici, mentre cercano rifugio in terra di Israele e non sanno ancora se saranno loro aperte le frontiere.
È la stessa angoscia che accompagna oggi tanti esseri umani che fuggono da guerre, persecuzioni, disastri ambientali, che sono cacciati dalle proprie terre o impediti nei loro diritti fondamentali, e non sanno se troveranno o meno accoglienza. Pensiamo alla Siria, allo Yemen, ai Rohinga, alla Somalia e al Sud Sudan, ma sono oltre trenta le guerre “ufficiali” oggi nel nostro mondo. Mai nella storia si è registrato un numero così alto di sfollati, richiedenti asilo e rifugiati, circa 68 milioni nel 2016, che in grandissima parte, per oltre l’80%, trova ospitalità nei Paesi limitrofi ai conflitti: Pakistan, Turchia, Libano, Giordania, Etiopia. Fra i primi 10 Paesi di accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati troviamo un solo europeo, la Germania.
Proteggere è il modo di agire di Dio verso lo straniero in condizione di debolezza: “Il Signore protegge lo straniero, egli sostiene l’orfano e la vedova” (Salmo 146,9).
Proteggere è una delle quattro azioni – accogliere, proteggere, promuovere e integrare – che papa Francesco indica nel suo messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2018, perché “richiedenti asilo, rifugiati, migranti e vittime di tratta abbiano la possibilità di trovare quella pace che stanno cercando”. Ma proteggere è un compito da cui la “nostra” Europa sta sempre più abdicando. O meglio, come nota Zygmunt Baumann in uno dei suoi ultimi libri (Stranieri alle porte, Laterza 2016) sempre più è un privilegio riservato ai nostri. “Ciò che si verifica oggi – in netta controtendenza rispetto alla costante espansione dello spazio dell’interdipendenza umana – è il restringersi di quella sfera di obbligazioni morali che siamo disposti a riconoscere e accettare come nostra responsabilità e oggetto della nostra costante e quotidiana attenzione e azione correttiva (…). Tendiamo a vivere in un mondo nettamente e, si direbbe, irreparabilmente diviso fra ‘noi’ e ‘loro’. Questa scissione non ha alcun bisogno di ‘negare la morale in quanto tale’: al contrario, genera ogni giorno su larga scala, sforzi frenetici per arruolare gli impulsi morali – non defunti, ma quasi sempre sopiti – al servizio della divisione e contrapposizione sociale e politica”. Esemplare a proposito quanto accaduto nei giorni scorsi, il tentativo blasfemo da parte di alcune forze politiche di fare del Presepe una questione identitaria, un’occasione per dividere e respingere, negando così proprio il suo significato, che ci ricorda la mancata accoglienza della famiglia di Maria e Giuseppe in viaggio!
Tra noi e loro
Ora, questa divisione del mondo fra “noi” e “loro”, “il conflitto fra la natura incondizionata della responsabilità morale e la sua negazione o sospensione nei confronti di determinati esseri umani (che pure sono oggetto naturale di tale responsabilità) produce inevitabilmente dissonanza cognitiva (…). A Leon Festinger dobbiamo, oltre che il nome e la descrizione del fenomeno, anche un elenco degli espedienti utilizzati (più o meno consapevolmente) da chi è vittima di dissonanza cognitiva per attenuare quell’ambivalenza percettiva e dissipare la confusione comportamentale che ne deriva. Lo stratagemma più comune consiste nell’attribuire a chi è escluso dalla nostra responsabilità morale (altrimenti incondizionata) connotati tali da macchiarne e screditarne l’immagine, ovvero nel ridefinire e ripresentare queste categorie di esseri umani come indegne di considerazione e rispetto, giustificando così la nostra indifferenza e noncuranza nei loro confronti come meritato castigo per i vizi insanabili o le perfide intenzioni di coloro che disprezziamo o ignoriamo (…). Il concetto di dissonanza cognitiva aiuta a spiegare le altrimenti incomprensibili divagazioni europee sul tema dei rifugiati che chiedono asilo, di volta in volta accusati di diffondere malattie letali, di essere al servizio di al-Qaida o dello Stato islamico, di voler approfittare del sistema di welfare europeo (per quel che ne rimane), o di tramare per convertire l’Europa all’Islam e imporre il dominio della shari’a (…). Questa disumanizzazione dei migranti spiana la strada alla loro esclusione”.
È questo meccanismo che spiega com’è stato possibile che il mondo cosiddetto “civile” abbia rinunciato a proteggere queste persone, al “dovere di riconoscere e tutelare l’inviolabile dignità di coloro che fuggono da un pericolo reale in cerca di asilo e sicurezza, di impedire il loro sfruttamento. Penso in particolare alle donne e ai bambini che si trovano in situazioni in cui sono più esposti ai rischi e agli abusi che arrivano fino a renderli schiavi” (messaggio per la GMP).
Lasciando che continuino a morire nel deserto o nel Mediterraneo (solo in questo anno più di 3500 accertati, 10 ogni giorno, fra cui 400 bambini). Facendo accordi con la Turchia e con la Libia, dove, come sappiamo dai racconti di tanti rifugiati, si è esposti a ogni tipo di violenza, tortura, stupri, soprusi.
Giovani corpi
I 26 corpi senza vita di giovani donne (la più grande di 18 anni) arrivati a Salerno nello scorso novembre, non sono un tragico episodio, ma isolato, ma il segno del dramma che si sta consumando in questo tempo. Soprattutto nei corpi delle donne e dei bambini. Ma anche fra quelli che sono riusciti ad arrivare nel nostro Paese ci sono persone che non hanno diritto ad alcuna protezione.
Mi riferisco ai tanti migranti presenti sul nostro territorio senza alcun titolo di soggiorno, comunemente detti “clandestini”, più correttamente irregolari, a causa di una legge, la Bossi-Fini, che rende molto difficile un ingresso regolare. Non è un caso che nel nostro Paese molti hanno potuto avere un permesso di soggiorno regolare solo a seguito di una sanatoria. Sono persone che non possono avere un contratto di lavoro, un contratto d’affitto, in alcune regioni neanche le cure sanitarie, esposte all’arbitrio di chi vuole approfittare di loro e costretti ad accettare qualunque condizione. La recente raccolta di firme per una legge d’iniziativa popolare “Ero straniero”, vuole andare incontro proprio a questa situazione, cercando un modo di ripristinare la legalità.
Penso ai tanti ragazzi nati in Italia da genitori stranieri, presenti nelle nostre scuole e città e tuttavia non riconosciuti italiani, con gli stessi doveri e diritti dei loro coetanei.
Restituire a queste persone un volto, un nome, una storia, come fa tanto spesso papa Francesco, è il primo passo per spezzare questo meccanismo perverso.
Per ricordarci che sono fratelli e sorelle nostre, di cui Dio ci ha fatti custodi.