Rileggiamo la biografia di Martin Luther King e il suo impegno nonviolento e incessante contro la segregazione razziale e per la libertà di ogni persona.

 

Il 4 aprile di cinquant'anni fa veniva assassinato, sul balcone dell'hotel Lorraine di Memphis, Martin Luther King.

Nel pieno della primavera del Sessantotto finiva nel sangue l'esistenza di uno dei più grandi testimoni della nonviolenza e della battaglia per i diritti umani del Novecento. Martin Luther King era nato ad Atlanta, in Georgia, il 15 gennaio 1929. Il padre, che portava il suo stesso nome, e il nonno materno, Alfred Daniel Williams, erano pastori battisti e godevano di una grande autorevolezza nella propria comunità. La giovinezza di King si snoda in uno dei periodi più importanti per la causa dei neri d'America. Furono soprattutto l'esperienza della Seconda guerra mondiale – combattuta fianco a fianco da giovani bianchi e neri –, la stagione dei diritti inaugurata nel 1948 con la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e la stesura di numerose Costituzioni democratiche nei Paesi occidentali, a rendere sempre più evidente l'insostenibilità giuridica e morale del segregazionismo americano. In questo clima, per il giovane Martin diventò sempre più evidente che "la dottrina cristiana dell'amore, che opera attraverso il metodo gandhiano della nonviolenza, è una delle armi più potenti che le persone oppresse abbiano a disposizione nella loro lotta per la libertà". Una convinzione che affondava le radici nella radicalità del messaggio evangelico e tuttavia non era condivisa da quella parte della comunità nera che riteneva impossibile ottenere risultati politici di rilievo senza il ricorso alla violenza.

Nel 1953 Martin Luther King sposò Coretta Scott, che aveva conosciuto a Boston e che gli rimarrà accanto, sostenendone le battaglie, per tutta la vita. La guerra era finita da pochi anni e la segregazione razziale rappresentava una delle questioni più scottanti per la democrazia americana e un problema sociale irrisolto. La mancanza di rappresentanza politica dei neri ne faceva una comunità fragile e rendeva inefficaci anche provvedimenti molto importanti.

Così, quando il 17 maggio 1954 la Corte Suprema dichiarò incostituzionale la segregazione nelle scuole, la sentenza venne applicata in un numero ridottissimo di casi, nonostante l'importanza delle motivazioni addotte: "La segregazione tra bambini bianchi e di colore nelle scuole pubbliche – scriveva la Corte – ha un effetto negativo sui bambini di colore. L'impatto è maggiore quando si ha la sanzione della legge. La politica della separazione delle razze è solitamente interpretata come denotante l'inferiorità della comunità dei neri". La mancata applicazione generò un enorme movimento di protesta, ma non c'era ovviamente solo la scuola. Per questo, in giugno, a Montgomery, in Alabama, un cartello di associazioni promosse il boicottaggio dei trasporti pubblici per rispondere alle continue discriminazioni che colpivano i viaggiatori neri. Un anno dopo, il problema era ancora aperto: il primo dicembre 1955 Rosa Parks, che era dal 1943 un'attivista della National Association for the Advancement of Colored People (NAACP), tornando a casa in autobus la sera dopo il lavoro, si rifiutò di cedere il proprio posto a un bianco e venne per questo arrestata. King ne fu profondamente colpito, e l'episodio rinforzò in lui la convinzione che una resistenza nonviolenta era lo strumento più efficace per modificare la realtà: una posizione tutt'altro che scontata in un clima nel quale stava prendendo piede fra i neri d'America l'ideologia violenta della Nation of Islam e di Malcom X

Il boicottaggio dei mezzi pubblici da parte dei neri, che seguì l'arresto di Rosa Parks, ottenne un grande risultato: nel 1956, la Corte Suprema dichiarò incompatibili con la Costituzione le leggi sulla segregazione sui mezzi di trasporto pubblico dell'Alabama. Fu una grande vittoria per la linea di Martin Luther King, che divenne, però, un bersaglio sempre più vistoso delle organizzazioni razziste che lo temevano per l'autorevolezza che aveva assunto nella comunità nera. Da qui i numerosi arresti che subì, per motivazioni assolutamente futili, e le ben più preoccupanti minacce di morte. Il peso di Martin Luther King crebbe tuttavia su scala nazionale e internazionale: la sua certezza che la battaglia per i diritti dei neri fosse un passaggio fondamentale per la realizzazione degli ideali costituzionali degli Stati Uniti fecero di lui una figura di enorme rilevanza. Nel 1957 fu fra i promotori della marcia su Washington e incontrò il presidente Eisenhower, diventando così il punto di riferimento politico della lotta della comunità nera per i propri diritti; nel 1959 intraprese un viaggio in India di enorme valore simbolico, poiché sanciva la continuità ideale fra la lotta di liberazione dei neri d'America con la nonviolenza gandhiana; nel 1960 sostenne i sit-in organizzati nelle università del Sud dal neonato Student Nonviolent Coordinating Committee (SNCC); nel 1961 promosse in maggio il primo "viaggio verso la libertà" per far conoscere leggi e provvedimenti antisegregazionisti che erano purtroppo ampiamente ignorati; nell'estate dello stesso anno, a causa delle violenze contro i Freedom Riders, organizzò seminari di formazione alla resistenza nonviolenta e in novembre ottenne che venisse promulgata una legge che vietava le discriminazioni nell'accesso ai servizi.

La strada rimaneva tuttavia irta di ostacoli e per questo Martin Luther King insisteva sulla necessità di uscire dal perimetro degli Stati del Sud per sconfiggere la politica segregazionista. Nel settembre 1962 la Corte suprema decretò che lo studente nero James Meredith, la cui iscrizione era stata respinta dall'università del Mississippi nel 1961, doveva essere ammesso ai corsi. Ma il governatore si oppose accampando motivazioni razziali e schierando la Guardia nazionale all'ingresso dell'università per impedire l'accesso a Meredith. Il presidente Kennedy intervenne sciogliendo la Guardia Nazionale e inviando l'esercito, ma negli scontri morirono tre persone e ne furono arrestate un centinaio. L'effetto nella comunità nera fu dirompente: l'aumento inaspettato delle richieste di iscrizione di giovani neri costrinse il governo degli Stati Uniti a intervenire in difesa della loro scelta e il presidente Kennedy a rivolgere un appello morale, prima ancora che giuridico, per bandire il segregazionismo.

La detenzione

Nel marzo 1963 King lanciò una nuova Campagna a Birmingham, in Alabama, per la quale venne arrestato. Nelle lettere che scrisse durante la detenzione emergono da una parte la convinzione di dover fare leva sull'alleanza con le Chiese bianche e con i settori più liberali della società americana, e dall'altra la sua preoccupazione per la radicalizzazione delle posizioni anche in seno alle comunità dei neri dove molti, esasperati, consideravano il ricorso alla forza come l'unica forma efficace di resistenza alla segregazione. Il 28 agosto di quell'anno, nel corso di una manifestazione per il diritto di voto ai neri presso il Lincoln Memorial di Washington, King pronunciò il suo famoso discorso I have a dream, i cui contenuti vanno ben oltre l'afflato utopico, mettendo al centro la natura stessa della democrazia americana, una nazione che deve "insorgere" per "vivere il significato autentico del proprio credo". Ma, è bene non dimenticarlo, quel discorso nasceva anche dalla delusione per l'inattività dei buoni e dalla disillusione di fronte all'immobilità dei bianchi più liberali sui quali Martin Luther King aveva contato come alleati strategici. In questo clima l'omicidio di Kennedy, il 22 novembre 1963, fu un colpo durissimo per la battaglia di King, che temette che ogni conquista di quella manciata di anni sarebbe andata perduta. 

I mesi successivi furono durissimi. Le manifestazioni contro la segregazione ad Augustine, in Florida, si svolsero sotto un rigido controllo dell'FBI, ma in molte città in New Jersey, Pensilvania, Illinois, ci furono manifestazioni che sfociarono in gravi episodi di violenza. Alla fine del 1964 l'udienza in Vaticano e il premio Nobel per la pace sembrarono legittimare la scelta nonviolenta di Martin Luther King. 

Ma, nel gennaio 1965, venne assassinato a New York Malcom X e, dopo gli scontri a Montgomery e Selma, nella rivolta di agosto a Los Angeles rimasero uccisi 28 neri e 7 bianchi. Tuttavia l'approvazione della legge sui diritti civili del 6 agosto sembrò restituire forza al movimento nonviolento e rese più radicale la critica di King all'economia capitalista che provoca la povertà: "Perché ci sono quaranta milioni di poveri in America? – si chiedeva King ad Atlanta nel 1967 – Quando ti poni questa domanda cominci a porti degli interrogativi sul sistema economico e sulla distribuzione della ricchezza. E quando ti poni queste domande, cominci a mettere in questione l'economia capitalistica". Una posizione che lo portava a criticare allo stesso modo anche l'economia del blocco dell'Est, poiché il modello comunista sovietico è colpevole di dimenticare che "la vita è individuale" mentre quello capitalista è colpevole di dimenticare che "la vita è sociale". 

L'antimilitarismo

Contemporaneamente si rinforzò la critica di King al militarismo, che sosteneva la guerra nel Vietnam e che aveva portato a combattere fianco a fianco giovani che in America non avevano diritto a studiare assieme: "Ci siamo ripetutamente confrontati con la crudele ironia di vedere alla TV ragazzi bianchi e neri che uccidono e muoiono insieme per una nazione che non è stata capace di metterli a sedere insieme nelle stesse scuole".  Il 3 aprile del 1968 Martin Luther King si trovava a Memphis, dove lo sciopero degli spazzini neri aveva sollevato il velo sulla segregazione economica e sulla forbice fra ricchi e poveri, che era un altro volto della questione razziale. Alla sera, nel culto pronunciato nella Chiesa di Dio in Cristo di Memphis, disse: "Come ogni altro uomo, anche io vorrei avere una vita lunga e felice. Ma la cosa non mi preoccupa. Quello che voglio è fare la volontà di Dio, e Lui mi ha concesso di salire sulla cima della montagna e di lì ho potuto vedere. Ho potuto vedere la Terra Promessa, e se non potrò entrarvi insieme a voi, voglio che voi sappiate che noi, il popolo, nella Terra Promessa saremo accolti. E allora sono felice, stasera, e non temo più nulla né nessuno. Perché sono stato in cima alla montagna e i miei occhi hanno visto la gloria di Dio che viene". Il giorno dopo sarebbe stato ucciso da un cecchino sul balcone del Lorraine Hotel. J.E. Ray venne accusato dell'omicidio due mesi dopo, ma disse di essere innocente e di conoscere chi aveva ucciso Martin Luther King. Quella notte venne accoltellato in carcere, lasciando nel mistero il nome dell'assassino e dei mandanti.

L'attualità

Cosa ci rimane, oggi, della vita di un martire della nonviolenza come Martin Luther King? Almeno quattro provocazioni: la disponibilità alla sofferenza e alla rinuncia della propria vita come precondizione per affermare la giustizia e difendere i diritti dei più deboli, poiché "la giustizia è l'amore in azione"; la fiducia nell'efficacia della nonviolenza come strumento di trasformazione della storia; una fede in Dio che chiede agli uomini di essere collaboratori del suo disegno di liberazione; e la certezza che il mondo può diventare migliore attraverso l'opera delle nostre mani.  Chissà quanto avrà sorriso, Martin Luther King, il 20 gennaio 2009, quando alla Casa Bianca è salito Barack Obama: un Presidente che aveva due anni quando il pastore battista nonviolento consegnò al mondo il suo "sogno": "Io ho davanti a me un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere. Ho davanti a me un sogno, oggi!". 

Una lezione contro tutti coloro che pensano che la storia resti immobile, dimenticando che nulla è più realistico delle utopie per le quali si decide di spendere una vita.


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