Violazioni di diritti umani per la popolazione saharawi e loro proteste nonviolente. Alcuni accademici scrivono a Macron.

 

Una signora francese di Ivry, Claude Mangin, è in sciopero della fame da 22 giorni perché da due anni non le è permesso di visitare il marito, prigioniero politico sahrawi in un carcere marocchino.

Accademici e ricercatori universitari di tutti i continenti scrivono una lettera di protesta al Presidente Macron. Nessuna televisione francese se ne occupa, quasi nessun media europeo. A un gruppo di avvocati francesi viene impedito di scendere dall'aereo per visitare i loro assistiti detenuti in prigioni terribili. Membri di associazioni di volontariato svedesi e italiane e molti altri osservatori internazionali vengono espulsi dal Marocco senza neppure poter scendere dall'aereo. A Silvia Prodi – eletta all'assemblea regionale in Emilia Romagna – e alle volontarie di Jaima Sahrawi sono perfino sequestrati i passaporti e i carabinieri italiani sono allertati per il loro ritorno, come se giungessero pericolosi terroristi. La Francia appoggia il Marocco all'interno del Consiglio di Sicurezza dell'Onu nel vietare alla Minurso (missione delle UN per il referendum nel Sahara Occidentale) di occuparsi di diritti umani nel Sahara Occidentale occupato, anzi si ottiene che sia dimezzata nel tempo. 

"Questa posizione permette allo Stato marocchino – che l'ONU, l'UA e l'UE continuano a considerare occupante questo territorio – di proseguire la sua opera di colonizzazione promuovendo lo spostamento di popolazioni in provenienza dal Marocco, imprigionando e processando prigionieri politici saharawi sul suolo marocchino, entrambe violazioni flagranti del diritto internazionale e del diritto internazionale umanitario”. Così scrivono gli accademici. Le ricchezze del sottosuolo e del mare antistante il Sahara Occidentale valgono più della giustizia. La Corte di Giustizia europea condanna l'accordo di pesca Marocco-UE (che con l'aiuto della Francia sta per essere rinegoziato) e lo sfruttamento delle risorse del Sahara Occidentale da parte del Marocco. Si può ignorarla?

"Come può la patria dei diritti umani allontanarsi da una popolazione che ha affidato il proprio futuro alla giustizia internazionale per esprimere liberamente il proprio diritto all'autodeterminazione? Come può lo Stato francese, con il suo peso in seno al Consiglio di Sicurezza, condannare indirettamente i rifugiati saharawi di Tindouf a un nuovo decennio di miseria, angoscia e frustrazione?”. Sono ancora gli accademici del mondo a scriverlo.  Nello stesso momento gli aiuti umanitari calano: "Una volta mancano le lenticchie, un'altra la pasta”, ci dicono i genitori dei bambini, Piccoli Ambasciatori di Pace, che accogliamo tutte le estati in Italia e che vivono nei campi profughi saharawi vicino a Tindouf, in Algeria. 

Il medico di Claude Mangin è preoccupato per la sua salute, che si sta velocemente deteriorando: lo sappiamo dalla delegazione di volontari che si è recata da Napoli a Ivry per portarle il saluto di tutte le associazioni di solidarietà italiane. Ma lei è determinata a condurre alle estreme conseguenze la sua scelta, nell'assordante silenzio dei media francesi (e italiani).

Le rinnovate relazioni del Marocco con l'Arabia Saudita e gli USA di Trump, grazie allo schieramento anti-Iran, solleticano i mai sazi appetiti della Francia (e di altri Paesi europei) sulle ricchezze del Sahara Occidentale. Come viene rispettato lo scopo di mantenimento della pace internazionale dell'Onu? Le promesse di legalità e di giustizia internazionale dove sono andate a finire, monsieur Macron? Dovremo ancora sentire, sempre più vicino, il rumore delle armi?


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