La crudeltà, scriveva Anna Politkovskaja parlando della Russia di Putin, ha una tale potenza di contagio che fa presto a trasformarsi in epidemia. La stiamo toccando con mano anche noi, questa viralità.  

Esattamente un anno fa denunciavamo le alzate di testa del governo Gentiloni contro le ONG impegnate a salvare vite nel Mediterraneo dopo Mare Nostrum. Raccontavamo il consolidamento di una strategia, congegnata dal ministro Minniti in combutta con il resto dell’Europa, tesa a criminalizzare gli operatori umanitari, testimoni oculari nelle aree di ricerca e soccorso. Dicevamo degli accordi segreti siglati dal governo italiano con i trafficanti veri, e dei finanziamenti ai criminali che gestiscono in Libia centri di detenzione inumani e il fiorente mercato delle persone in mare, unico corridoio in assenza di vie sicure di accesso all’Europa. Sono questi malviventi, legittimati dal foraggiamento italiano di soldi, uniformi e imbarcazioni (con i fondi della cooperazione internazionale), che chiamiamo oggi Guardia Costiera libica. A loro, come prima all’illiberale Turchia, abbiamo consegnato l’appalto di un tappo, per fermare con qualunque mezzo un fenomeno che ha radici lontane di responsabilità europea, e che fermare non si può. 

Da allora i flussi sono diminuiti dell’80%, sono diminuite le navi umanitarie (sottoposte a indagini giudiziarie concluse in bolle di sapone), sono riprese le morti in mare ma l’escalation della crudeltà non si arresta, gioca al consenso elettorale con il fuoco dei respingimenti, proclama a muso duro la chiusura dei porti, tratta le ONG peggio dei pirati. Di questo passo, preconizzare gli esiti di questa prima estate salviniana, o dire che cosa ci aspetta la prossima estate, è ardua impresa. 

L’Europa si orienta a esternalizzare le frontiere per fermare ogni aspirazione migratoria alla partenza, e toglie l’obbligo dei singoli Stati all’accoglienza di una quota di profughi. Le persone migranti erano un nostro problema, adesso sono i nostri nemici, sebbene la ricerca del sociologo Hein de Haas dimostri che in proporzione alla popolazione mondiale il numero dei migranti internazionali è rimasto relativamente basso dal 1960, circa il 3%. 

ll capobanda di Visegrad, Viktor Orban, ha di recente decretato che chi solidarizza con i migranti in Ungheria dovrà pagare più tasse. In Francia, l’impunità della gendarmerie ha scaricato al freddo di Bardonecchia, non in ospedale, la giovane nigeriana Beauty, un pancione di sette mesi e un tumore mai intercettato, condanna senza appello. Non basta: la polizia ha denunciato la guida alpina Benoit Ducos per aver soccorso un’altra migrante incinta caricandola sulla sua auto. Con simile regressione, negli Stati Uniti si impone di separare i bambini dalle loro famiglie, nel pugno di ferro contro l’immigrazione clandestina, cui neppure l’amministrazione Obama si è mai sottratta. 

Attecchisce con agio, ben oltre ogni speranza nell’umanità, il cinismo facile costruito sulla paura, il mito della sicurezza, la nozione di clandestinità.  Mistifica la realtà torcendo l’attenzione dalle vere minacce di cui nessun capopopolo si occupa – il clima, la corruzione, la concentrazione della ricchezza – ma offre una narrazione ficcante, semplificatoria, autocompiacente. Solo che questa narrazione è un incubo. Abbiamo idea di dove possa portarci, questa volta?  

Alla passione triste e xenofoba che incombe occorre contrapporre un nuovo sogno, realista, di convivenza. Una prospettiva informata sui diritti per tutti. Aboubakar Soumahoro, il sindacalista della Piana di Gioia Tauro che dal 2 giugno ci ha aiutato a riscoprire il valore del sindacato, è parte di questo sogno. Come Mimmo Lucano, sindaco di Riace. Ne sono protagonisti i sindaci italiani e francesi della Val Susa incontrati a metà giugno a Bardonecchia, uomni di piccole comunità e di grandi visioni. Il cammino non sarà breve, ma senza alternative. Perché la crudeltà è pericolosa. E uccide anche chi la somministra. 


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