Un originale incontro tra Avvenire e Adista, per festeggiare il cinquantesimo compleanno di entrambe.
Il 26 maggio a Milano si è svolto un incontro diverso da quelli consueti del circuito che si occupa di problemi della Chiesa, un incontro assolutamente inedito. Due testate, una di grande importanza, Avvenire, l’altra di nicchia, Adista. Da sempre le loro linee editoriali si sono contrapposte, legate dal solo fondamentale punto di riferimento di voler essere entrambe di ispirazione evangelica.
L’incontro ha avuto come occasione la circostanza che entrambe le pubblicazioni compivano cinquant'anni. Il precedente è quello di un’assemblea in novembre a Radio Popolare in cui Tarquinio, direttore dell’Avvenire, aveva accettato di confrontarsi con chi aveva colto come una grande novità il fatto che il Manifesto avesse deciso di pubblicare un volumetto con i discorsi di papa Francesco ai movimenti popolari e che l’Avvenire contestualmente avesse deciso di accettare ogni domenica una striscia di Sergio Staino, ateo militante. Nuovi dialoghi? Rimescolamento delle carte in una fase nuova per tutti in ogni senso ?
Come coordinatore di Noi Siamo Chiesa, a richiesta di Adista di fare un incontro per i suoi 50 anni, ho proposto di chiamare anche Tarquinio per discutere dell’informazione religiosa. Si trattava di festeggiare due compleanni insieme, allargando la riflessione anche sul silenzio dei media sulle altre religioni. Abbiamo invitato anche Franco Monaco, esponente dell’area dei cattolici democratici. Nella presentazione non ho potuto fare a meno di ricordare la genesi delle due testate: l’Avvenire è nato da una decisione di Paolo VI che aveva comportato la chiusura de L’Avvenire d’Italia e la destituzione del suo direttore Raniero La Valle, il giornale che aveva “fatto” il Concilio nei media; Adista era nata ed è rimasta controcorrente, espressione di tutta l’area critica presente nel nostro Paese (comunità di base, cristiani per il socialismo ecc…). Ma avevo aggiunto che , su alcune grandi questioni, l’Avvenire aveva cambiato linea, sempre portavoce del tutto discutibile dei vescovi su molte questioni, ma ora espressione di una linea pacifista e terzomondista assente dalla grande stampa quotidiana (sul Trattato contro le armi nucleari, sui migranti, sulla solidarietà internazionale, sul commercio delle armi ecc..). Concludevo che papa Francesco contava qualcosa in questa evoluzione.
Tarquinio, nel suo intervento ha ricordato che l’Avvenire è passato dal diciassettesimo posto al quarto tra i quotidiani in edicola, ha parlato degli oligopoli della carta stampata , dell’ecumenismo della quotidianità, della libertà di Avvenire dai poteri dominanti e che è strumento di comunicazione fatto da laici. Ha concluso che il quotidiano dei vescovi non ha mai fatto polemica con altre espressioni della stampa cattolica, anche di quella critica. Valerio Gigante, di Adista, ha detto che si tratta di una nicchia, preziosa e utile. Essa è nata per iniziativa della sinistra indipendente, ma poi si è resa autonoma dal PCI. La linea della contrapposizione più netta con l’ufficialità c’è stata ai tempi di Ruini e poi su alcune decisioni dei due pontificati precedenti. Adista ha cercato di dare voce alla pluralità del mondo cattolico in una Chiesa che cambia. 50 anni non sono passati invano. Anche tutta l’area che la legge sta nella Chiesa in modo ben saldo.
Giorgio Acquaviva, già vaticanista de Il Giorno ed ex presidente del Consiglio delle Chiese di Milano, ha portato molti dati su quanto cambia nelle religioni e su quanto, invece, l’informazione sia fondata sulla centralità cattolica. Tutto ciò facilita pregiudizi di ogni tipo nei confronti del “diverso” e la disinformazione del grande pubblico a cui contribuisce una certa ignoranza degli stessi giornalisti. È necessaria una svolta: i copti, gli ortodossi, i pentecostali, i sikh e poi soprattutto l’islam esigono di essere trattati come altri soggetti presenti nella società.
L’incontro ha segnato un passo in avanti. Il nuovo contesto ecclesiale potrebbe giovarsi di una nuova capacità di comunicazione reciproca dopo decenni di separatezza.