Primo Piano Libri

Un libro di Lia Levi per raccontare una storia passata quanto attuale. Perché l'accoglienza è auspicabile legge regolatrice di ogni tempo.

 

La storia è ambientata a Genova dove la famiglia Rimon, di origine ebraica, vive. È il 1938, l'anno nel quale vengono promulgate in Italia le infami leggi razziali. 

Lia Levi nasce a Pisa da una famiglia piemontese di origine ebraica e in altri libri precedenti ha scritto la sua storia. Questo libro, invece, come dichiara l'autrice, è stato ispirato dalle vicende reali del marito anche lui ebreo, Luciano Tas, morto nel 2014.

È proprio dopo la morte del marito che pensa di scrivere il libro, ma oltre ai fatti deve pensare a "come" scrivere il libro. È da questo che nasce il racconto della famiglia: un figlio genio mancato, una madre delusa e rancorosa, un padre saggio ma non abbastanza determinato, un nonno bizzarro, zii incombenti, cugini che scompaiono e riappaiono. I risvolti dei caratteri e della psicologia dei personaggi si intrecciano con la Storia che li sottoporrà ai suoi inesorabili dilemmi. 

È possibile desiderare di restare comunque nella terra dove ci sono le tue radici o è urgente fuggire? Se si, dove? Esisterà un Paese realmente disponibile all'accoglienza?

Nel 1938 si riunirono 32 Paesi per affrontare il problema degli ebrei in fuga da Germania e Austria. Molte belle parole ma in pratica nessuno li vuole. Un'analogia con il dramma dei rifugiati ai giorni nostri e anche la fuga della famiglia Rimon verso la Svizzera nel 1943 mi ha fatto ricordare il dramma di Beauty, la donna respinta dalla gendarmeria francese a Bardonecchia e morta dopo il parto. 

Come è possibile approvare e applicare delle leggi dove l'unica soluzione sia "il respingimento"? Come è possibile questo se la legge è, in generale, ogni principio con cui si enunci o si riconosca l'ordine che si riscontra nella realtà naturale o umana e che, nello stesso tempo, si ponga come guida di comportamenti in armonia con tale realtà? 

Respingere non è naturale né umano, come non lo è definire una persona "clandestina" per cercare di limitare l'afflusso dei migranti (anche se la famosa "invasione" è solo una balla elettorale e fa leva sulla paura e sull'ignoranza delle persone che non si informano o sono piene di pregiudizi): niente e nulla li potrà fermare se non riusciamo a costruire un mondo più giusto, più equo, senza guerre e violenze e con più rispetto per le persone e l'ambiente.


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