Non c'è pace per il popolo afghano. Milioni di persone fuggono da guerre e terrore e il Pakistan chiude le porte.
Sembra sempre più remota la possibilità di trascorrere un'esistenza serena per il popolo afghano, che vive in una situazione di guerra dal 1979,
a seguito dell'invasione dell'armata rossa sovietica alla quale è succeduta poi quella americana nel 2001 che ha portato il Paese a vivere una guerra civile tra il governo creato dagli statunitensi e i membri del vecchio regime talebano. Invasioni e guerre, che hanno prodotto milioni di profughi in fuga dalla devastazione vissuta dall'Afghanistan.
Da molti decenni circa due milioni e mezzo di afghani hanno trovato rifugio nel nord ovest del confinante Pakistan in campi profughi (secondo i registri ufficiali del governo i rifugiati registrati nel territorio nazionale sono circa un milione e mezzo ai quali, secondo le varie organizzazioni internazionali, va aggiunto un altro milione di persone che vivono nel territorio senza essere registrate). Campi che sono divenuti ormai la casa degli esuli afghani fuggiti dai vari conflitti.
Il governo di Islamabad, che ha riconosciuto a più di un milione di afghani lo status di rifugiati politici, ha intrattenuto, nel corso degli anni, relazioni con gli esponenti della comunità afghana presente in Pakistan che hanno portato ad accordi sulla permanenza dei profughi nel territorio pakistano. L'ultimo negoziato, che regola la permanenza afghana in Pakistan, rinnovato finora sei volte, è scaduto lo scorso 31 gennaio e il governo pakistano non sembra intenzionato a rinnovarlo, perché l'economia non può reggere ulteriormente il peso del sostentamento dei profughi afghani. In realtà, il motivo per cui il governo non vuole rinnovare l'accordo è che i rifugiati rappresentano un tema delicato nelle relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti: il gigante americano accusa ormai da moltissimi anni (soprattutto da quando è iniziata la guerra al terrore di Bush figlio) il Pakistan di dare rifugio ai terroristi di tutta l'area mediorientale.
Il governo statunitense ha compiuto nel corso degli anni una serie di attacchi con droni contro i campi allestiti da terroristi all'interno del territorio pakistano, l'ultimo dei quali compiuto lo scorso mercoledì contro un campo di terroristi afghani. Il governo di Islamabad ha sempre dichiarato di non aver mai dato rifugio ai terroristi e che la presenza di molti santuari legati ad Al Qaeda e a Daesh sia dovuta ai legami che i rifugiati afghani hanno con i terroristi. Legami che hanno permesso, secondo la nota ufficiale pakistana, di poter far accedere e nascondere nei campi di accoglienza molti terroristi che avrebbero beneficiato della situazione per potersi nascondere facilmente tra i profughi. Per questo motivo, Islamabad ha deciso di non rinnovare l'accordo con il popolo afghano costringendolo di fatto ad abbandonare il territorio pakistano.
Il governo pakistano, però, non ha ancora previsto un piano di sgombero e soprattutto, fatto ben più grave, non ha indicato quale possa essere la meta possibile per i due milioni di rifugiati afghani. Probabilmente saranno costretti a tornare in Afghanistan considerando la difficoltà di altri Stati ad accogliere un esodo di massa.
Tornare in Afghanistan costringerà queste persone a vivere in uno stato di guerra, a essere sempre possibili vittime di attacchi terroristici condotti da parte dei talebani e a vivere in un regime di terrore e povertà assoluta. La speranza è che il governo pakistano, su pressione della comunità internazionale, decida di rinnovare la possibilità di permanenza dei rifugiati cercando allo stesso tempo di instaurare una serie di accordi con i Paesi vicini per poter accogliere il popolo afghano.