Qualifica Autore: Esperto di Diritti Umani in America Latina

Sulla scia di quanto proposto da Antonio Papisca, alcune associazioni per la pace chiedono un Ministero della Pace.

 

Lo scorso 19 dicembre, al Senato, è stata presentata la proposta di un nuovo dicastero che metta al centro i bisogni dei cittadini: "Basta con le scandalose spese per gli armamenti. Destiniamo quei soldi a scuola, sostegno al lavoro e sanità. È ora di creare un Ministero della Pace".

Così Giovanni Paolo Ramonda, presidente dell'associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, chiedeva con forza all'allora governo italiano il dicastero dedicato alla promozione di "dialogo, riconciliazione, nonviolenza". Alla proposta hanno aderito tante associazioni e movimenti, oltre a Comunità Papa Giovanni XXIII, Cesc project, Movimento nonviolento, Focsiv, Centro per i diritti umani Antonio Papisca dell'Università di Padova, movimento dei Focolari e Azione Cattolica.

Cosa farebbe un Ministero dedicato alla Pace in prima istanza? "Ridurre al massimo le scandalose spese attuali per gli armamenti", risponde Ramonda. "C'è chi è privo del necessario per vivere e invece i governi spendono miliardi di euro per le armi e in guerre mosse da motivi economici ancora prima che politici. Questi miliardi dovrebbero essere reinvestiti verso la scuola, il mondo del lavoro, la sanità, il sostegno delle famiglie in difficoltà". Sono tempi bui, "dove la corsa agli armamenti ci fa trovare ora in una situazione assurda: il primo folle che schiaccia il bottone del nucleare fa saltare tutto. È il momento di dire 'basta' a tutto questo".

Quest'importante iniziativa politica dell'istituzione del Ministero della Pace può avere strategiche ripercussioni in un conflitto, ad esempio, come quello colombiano, esacerbato da oltre 50 anni di violenze. Ne parlai espressamente con il compianto prof. Antonio Papisca, uno dei pionieri e dei massimi esperti italiani nello studio dei diritti umani, morto il 16 maggio 2017, che così rispondeva: "Dobbiamo unire la pace con lo sviluppo, l'interdipendenza dei popoli e la difesa dei diritti economici, sociali, culturali". E gli faceva eco il prof. Marco Mascia, Direttore del Centro di Ateneo per i Diritti Umani "Antonio Papisca" che ritiene urgente la creazione di tale Ministero:

• perché il Diritto alla Pace, in quanto diritto fondamentale della persona e dei popoli, è stato riconosciuto dall'Assemblea Generale dell'ONU con la Dichiarazione del 19 dicembre 2016; 

• perché il diritto internazionale dei diritti umani, che ha le sue radici nella Carta delle Nazioni Unite e nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, proscrive la guerra e obbliga gli Stati a costruire un ordine sociale e internazionale nel quale tutti i diritti umani possono essere pienamente realizzati;

• perché l'art. 11 della nostra Costituzione sancisce il ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.

Il prof. Mascia ha, inoltre, affermato che il Ministero della Pace dovrà promuovere una efficace politica di neutralità attiva dell'Italia in vista anche della riqualificazione dell'intera politica estera, tenuto conto di ciò che comporta il primato del nuovo diritto internazionale dei diritti umani. In particolare, tale Ministero dovrà promuovere la ratifica del trattato internazionale per la messa al bando delle armi nucleari, il controllo e la riduzione della produzione e del commercio di armi, l'attuazione dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, programmi di educazione e formazione alla pace e ai diritti umani, l'istituzionalizzazione dei Corpi Civili di Pace quale strumento di trasformazione nonviolenta dei conflitti (oltre 100 i CCP attualmente dispiegati sul terreno in Bosnia e Erzegovina, Kosovo,  Libano, Giordania, Tanzania, Guinea Bissau, Colombia, Perù, Bolivia, Ecuador, Haiti, Filippine).

Il Ministero della Pace avrà, infine, il compito di portare l'Italia a giocare un ruolo guida per la riforma e la democratizzazione dell'ONU, in particolare per la creazione del sistema di sicurezza collettiva previsto dalla Carta e dall'Assemblea parlamentare delle Nazioni Unite. 


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