Muore Gene Sharp, storico e studioso della nonviolenza.
Ha elaborato e diffuso le diverse strategie di resistenza nonviolenta.
L’azione nonviolenta è una tecnica per condurre conflitti, pari della guerra, del governo parlamentare, della guerriglia. Questa tecnica usa metodi psicologici, sociali, economici e politici. Essa è stata usata per obiettivi vari, sia “buoni” che “cattivi”; sia per provocare il cambiamento dei governi sia per supportare i governi in carica contro attacchi esterni. Il suo utilizzo è unicamente responsabilità e prerogativa delle persone che decidono di utilizzarlo. Gene Sharp
È morto Gene Sharp (1928-28 gennaio 2018), filosofo, politico e intellettuale statunitense, studioso e sostenitore della resistenza nonviolenta, come alternativa al conflitto violento. Cominciò i suoi studi ispirandosi a Gandhi e al suo “potere morale” come mezzo di lotta. Nell’Università di Harward diresse il Program of Nonviolent Sanctions. Nel 1983 fondò l’Albert Einstein Institution.
Tra gli altri grandi maestri e autori, è sui suoi libri che ci siamo formati nella ricerca della nonviolenza. Fondamentali i tre volumi, ancora disponibili (www.serenoregis.org), Politica dell’azione nonviolenta (vol. 1 Potere e lotta. 2. Le tecniche. 3. La dinamica), tradotti nelle edizioni Gruppo Abele. Sono carte di orientamento per gli ulteriori cammini di ricerca sia sulla storia delle lotte nonviolente effettivamente praticate, sia sulle teorie e dinamiche di emancipazione della politica dalla violenza.
Resistenza nonviolenta
Sharp ha dedicato la sua vita allo studio dei casi storici di lotte nonviolente, pochissimo studiate e molto ignorate dalla storiografia prevalente e tradizionale, vicina alle culture dominanti. Ha ricercato e documentato accuratamente la loro presenza nella storia umana, analizzando le tecniche usate nelle diverse culture e tempi: egli catalogò 198 diverse tecniche di lotta nonviolenta, non progettate a tavolino, ma tratte dai reali casi storici studiati. Si trovano catalogate in appendice al volume sul potere. Sharp ha sempre condiviso i risultati del suo lavoro con attivisti, istituzioni, cittadini, gruppi della società civili in ogni continente sotto molte dittature, in varie parti del mondo, i suoi manuali pratici sono circolati clandestini a istruire le resistenze. Sharp era definito “il Machiavelli della nonviolenza”, perché ne sviluppava la via pragmatica. [[Box2128]]
Di lui ha scritto Noam Chomsky (Transcend Media Service, 12 febbraio): “Il concetto semplice ma rivoluzionario, proposto così chiaramente da Sharp, che il potere in definitiva sta nel consenso e nella cooperazione della gente comune, stimolava ogni studioso, come me, delle guerre civili e dei conflitti violenti”.
Sharp sostiene la nonviolenza per la sua maggiore efficacia rispetto alla lotta violenta. Egli fa della nonviolenza una scienza politica, fondamento delle tecniche che descrive. Il suo concetto di fondo è che il potere non è un oggetto monolitico, perciò non passa in blocco da un detentore all’altro. Il potere dei governanti dipende dall’obbedienza dei governati. Lo Stato possiede la forza fino a quando la maggior parte dei cittadini lo consente. Già Etienne de la Boétie (1530-1563) aveva inteso la sottomissione di un popolo al tiranno come “servitù volontaria”. I governati non sanno di essere la fonte del potere, dice Sharp. La non-collaborazione all’ingiustizia e la disobbedienza civile (già insegnate e praticate da Gandhi) nell’opposizione al potere ingiusto, sono il metodo più razionale e più conveniente della lotta violenta. I popoli hanno in mano la “bomba no”, incruenta ed efficace.
Però, per resistere e lottare così, una società deve essere non disgregata ma ricca di gruppi e istituzioni sociali (non soltanto i partiti, che forse non sono nemmeno lo strumento principale).
Gene Sharp venne anche in Italia, a Firenze negli anni Novanta, a Torino, al Centro Studi Gobetti, nel seminario su Etica e Politica guidato da Norberto Bobbio, nel 1987. In quell’occasione, gli feci un’intervista che mi pare significativa sulla Difesa Popolare Nonviolenta, comparsa su Rocca (1 agosto 1987), Il controllo nonviolento del potere (ora in http://enricopeyretti.blogspot.it/). Era il suo tipico tema.
Nonviolenza perché?
L’obiezione che solitamente veniva fatta a Sharp è questa: la nonviolenza è un mezzo che può servire a qualunque fine? È un’astuzia più fine della violenza per ottenere lo stesso scopo di prendere il potere? È intercambiabile con la violenza? Perché sei nonviolento? Solo perché la nonviolenza è più utile e meno costosa? Ma nel caso che la violenza si presenti più efficace, saresti violento? Per Tolstoj, Gandhi, Capitini, King la nonviolenza ha soprattutto un valore morale, di più vera umanità. [[Box2129]]
Infatti, per avere aiutato e istruito, dopo il 1989 e la fine della Guerra Fredda, le “rivoluzioni rosa” nei Paesi dell’ex-Urss, nonviolente, sì, ma utili ad allargare la zona d’influenza Usa, Sharp fu criticato (anche su il foglio, mensile torinese) in base al principio gandhiano per cui devono essere nonviolenti i mezzi, ma anche i fini.
Nell’intervista sopra citata Sharp accettò questa obiezione. La risposta di seguito.
D: La nonviolenza è una tecnica o una scelta morale? Può servire anche a forze antidemocratiche, di destra o di sinistra?
R: Ci sono valori che ispirano la nonviolenza. Principi diversi giustificano la nonviolenza: in comune hanno il rigetto della violenza. Nel movimento operaio, e in altri casi, lotte nonviolente sono state scelte non per principi morali. La critica sottesa alla domanda mi è stata rivolta anche negli Stati Uniti: alcune recensioni mi hanno accusato di “avere strappato il cuore alla nonviolenza”! Io credo possibili dei passaggi, e anche rapidi, dai metodi militari a quelli nonviolenti, senza bisogno di attendere che mutino i principi morali. La nonviolenza adottata per ragioni pratiche farebbe scoprire la sua superiorità morale. La maggior parte della gente ha respinto la nonviolenza, magari ammirandone il valore morale, perché la riteneva non efficace, non praticabile.
D: Si può vedere dell’ambiguità in quest’ultima risposta. Se il suo interesse si è ristretto alla nonviolenza come tecnica, allora perché la propone? Se è solo una tecnica, può servire a tutto. Se è solo più efficace, si ricade nella interminabile questione se sia più efficace la violenza o la nonviolenza.
R: Non guardo il mondo solo in termini di tecnica. La violenza mi ripugna. Perché? Non lo so. Bisognerebbe sapere perché le cose ci piacciono o no. Le tecniche nonviolente non sono panacee, ma sono rilevanti di fronte alla violenza. Vista la sua efficacia, si apprezzerà il valore morale della nonviolenza. Non necessariamente ogni atto nonviolento è morale. I mezzi nonviolenti non devono servire a qualunque scopo, anche se sono stati usati per fini immorali, p. es. il boicotta ggio nazista ai negozi degli ebrei in Germania, prima dei lager. Naturalmente, sarebbe stato meglio che i nazisti avessero usato solo il boicottaggio, invece che le camere a gas. Adottata dai nazisti la violenza, dalla parte opposta si rispose allo stesso modo. Ci sono dei nessi tra la scelta nonviolenta e la democrazia. Sperimentata l’efficacia concreta della nonviolenza, otterremo una serie di altre conseguenze. Ne abbiamo già vista una, a livello etico: i vescovi cattolici degli Stati Uniti, nella loro lettera sulla pace (del 1983. Sharp parla qui nel 1987, ndr), affermano che “la resistenza nonviolenta offre un terreno comune di incontro tra quelle persone che scelgono l’opzione del pacifismo cristiano fino al punto di accettare di morire piuttosto che uccidere, e quelle che scelgono l’opzione della forza capace di uccidere ammessa dalla teologia della guerra giusta”. Perciò la nonviolenza può essere la terza via tra il pacifismo (nel senso di non difendersi) e la difesa violenta.
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Tra i libri di Gene Sharp si ricordano:
(con Jamila Raqib), Liberatevi! Azioni e strategie per sconfiggere le dittature, ed. ADD Editore, 2011
Come abbattere un regime. Dalla dittatura alla democrazia. Manuale di liberazione non violenta, ed. Chiarelettere, collana Reverse, 2011
Politica dell’azione nonviolenta, ed. EGA. Collana studi e ricerche, 2001
Verso un’Europa inconquistabile, ed. EGA, Collana Altri saggi, 1989
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Enrico Peyretti
Studioso e attivista per la pace, ha scritto numerosi libri, tra i quali segnaliamo:
Elogio della gratitudine, Cittadella 2015
Il bene della pace. La via della nonviolenza, Cittadella 2012
Dov’è la vittoria. Piccola antologia aperta sulla miseria e la fallacia del vivere, Gabrielli ed., 2011