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Qualifica Autore: Clarissa Bisceglie

“Padre, mi abbandono a te”: Carlo Carretto commenta la preghiera di Charles de Foucauld e ci accompagna in un percorso di meditazione e di riflessione.

 Sr. Alessandra Amata

 

Il libro “Padre mio mi abbandono a Te” di Carlo Carretto (Città Nuova, 2018) è un commento alla preghiera di Charles de Foucauld, il più grande ‘piccolo’ padre del deserto della nostra contemporaneità. Questo suo figlio spirituale snocciola la preghiera dell’abbandono nei solchi della sua vita di piccolo fratello del Vangelo.Il testo è scritto in modo colloquiale come a un amico che dice all’altro ciò che pensa, senza una ricercatezza nella prosa, bensì con la mera intenzione di trasmettere, il più direttamente possibile, un’eredità e un’esperienza, come precisa nella prefazione Pablo d’Ors. 

Nella premessa e nel primo capitolo, l’autore parla della paura, nella Chiesa soprattutto, che può farsi impedimento alla novità dello Spirito; paura che si affronta con la forza della Parola e della preghiera, coltivando la certezza che Dio ci è Padre.

La struttura del volumetto scompone in due sezioni la preghiera, riproponendo ogni frase con un approfondimento e si conclude con un allegato,  “Evangelizzazione e impegno politico”, in cui sono riportate alcune peculiarità del carisma dei Piccoli Fratelli del Vangelo, sottolineando la predilezione per i poveri. Di grande spessore è il percorso all’interno della preghiera che inizia con “Padre mio”, invitandoci a prendere coscienza del nostro essere figli di Dio, lasciandoci plasmare dallo Spirito, accogliendo la buona novella nell’ascolto semplice di ciò che dentro di noi già grida “Abbà, Padre”!

Il testo continua con un atto di fiducia totale che ci dispone al “Mi abbandono a Te”, ponendo in Dio tutto di noi: paure, dubbi, capacità e sogni; prosegue con “Fa di me ciò che ti piace”, fondandosi sulla certezza dell’eternità che proviene dalla Risurrezione, dove gli attraversamenti delle prove, ci rigenerano quando ci affidiamo alla signoria di Dio.

“Qualunque cosa tu faccia ti ringrazio”: siamo invitati a far nostro lo stesso desiderio di Dio che è renderci suoi figli.

“Sono pronto a tutto”: ecco cos’è che trasforma l’intero cosmo in un grembo divino per la nostra continua rinascita; tutto è Dio che mi ama!

“Purché la tua volontà si compia in me e in tutte le tue creature”, perché l’uomo sveli l’attesa del Regno e s’impegni per la sua costruzione e perché il Vangelo e la Chiesa siano possibilità delle cose grandi che si nascondono nella piccolezza. Come sarebbe bello sentire sulle labbra di ogni cristiano: “Non desidero nient’altro mio Dio”, se non Lui!

La seconda parte ci immette in un cammino più intenso di sequela sulle orme di Gesù: “rimetto la mia anima nelle tue mani”. Il modello di figliolanza, che Gesù propone nella sua vita terrena insegna all’uomo a saper stare nella storia con la pazienza dell’ascolto del silenzio che genera la Parola. La Risurrezione di Cristo è la risposta unica e ultima di Dio alle povertà dell’uomo, dove Gesù ha voluto indossare i nostri bisogni e abitare le nostre fragilità.

“Te la dono mio Dio”: l’esempio di Gesù muove in noi lo slancio del dono; la nostra appartenenza a Dio si rafforza nel farci vicini all’uomo, “Con tutto l’amore del mio cuore”, cioè nella gratuità.

“Perché ti amo”, questo è il motivo che rende possibile tutto. È l’espressione più bella che l’uomo può rivolgere a Dio, facendo esperienza di tutta la dolcezza così come della mancanza, nel dono di sé, perché “è per me un’esigenza d’amore il donarmi” per scoprire il volto di Dio nel volto del fratello.

Amare totalmente significa esporsi al rischio della propria vulnerabilità: “Rimettermi nelle tue mani senza misura”, per restare fedeli a quell’abbandono anche durante le notti che tormentano l’uomo.

“Con una confidenza infinita”: quella che sostiene e consola i sentimenti difficili con la gioia e la pace, la speranza e la forza, come prova dell’autenticità della fiducia in Dio.

La preghiera termina in un abbraccio inclusivo, con le stesse parole con cui è iniziata, “Perché tu sei il Padre mio”, come a ricapitolare la nostra identità di figli nel Figlio e di fratellanza tra noi.

L’autore conclude affidandoci queste riflessioni intime e profonde come un testamento spirituale sulla dolce paternità di Dio e come preghiera che porge da figlio alla madre Chiesa.