Società

La pace passa dal quaderno pentagrammato.
In dialogo con Agnese Ginocchio, cantautrice di musica per la pace.

Intervista di Laura Tussi, Fabrizio Cracolici, Alessandro Marescotti

 

Agnese, hai preso le distanze da mercati e case discografiche e componi in modo indipendente. Perché questa scelta etica e artistica?

Posso definire la mia musica impegnata dal 15 febbraio 2003 in poi, cioè da quando si è svolta, in Italia e nel mondo, la più imponente manifestazione pacifista contro la guerra in Iraq. Attraverso la musica cerco di affrontare tematiche sociali “scomode” che rompono la routine, interrogano le coscienze, domandando a ciascuno: “Qual è la tua parte?”. Sono stata sempre una libera pensatrice e credo che gli ambienti di produzione musicale spesso mirino solo a produrre e poi, quando non sei più in grado di farlo, ti chiudono le porte senza pensarci due volte. Una sorta di “usa e getta”, dove sei un oggetto e non più una persona. In questo momento in cui domina il dio denaro, preferisco prendere le distanze dal mondo discografico. Non è per me. 

Comporre musica impegnata non è scontato né facile: significa avere sempre nuovi argomenti da proporre. Come vivi la tua scelta?

Si, è difficile. Devi essere sempre attento, non puoi mai lasciarti distrarre dalle tendenze di passaggio, devi essere in grado di captare le voci inascoltate nel caos di questo mondo alla deriva morale, devi comprendere l’emergenza del momento e trovare l’ispirazione per lanciare un nuovo messaggio in musica finalizzato allo scuotimento dei dormienti. Di argomenti da proporre ce ne sono tantissimi. Questo tipo di musica è nel contempo “missione e azione”. 

Molte tue canzoni recuperano i valori e l’etica della resistenza partigiana antifascista, quella raccontata a livello letterario da Calvino, Fenoglio, Pavese… Come canti questo tema?

La resistenza è uno degli argomenti più affascinanti ai quali intendo ispirarmi. Quando penso ai grandi testimoni che l’hanno vissuta, avverto una forte emozione e una grande forza. In tanti, mossi da ideali di libertà e verità, hanno affermato il valore della Pace, anche a costo di dare la propria vita. Noi oggi camminiamo sulle strade della resistenza, dovremmo solo riflettere su come poter aiutare l’attuale politica a uscire dal baratro del qualunquismo e della pochezza di ideali in cui si ritrova. Siamo in pieno degrado, materiale e sociale. Per questo bisogna rilanciare oggi con più  forza i principi e gli ideali che hanno mosso tutti i nostri padri della resistenza.

Puoi lanciare un tuo messaggio a coloro che vogliono impegnarsi attivamente per un mondo di pace?

La guerra si combatte con le armi e l’origine di tutti i mali sono proprio questi ordigni di morte. Quando le persone, di fronte alle immagini della Siria, della Palestina e di altre parti del mondo, inorridiscono e si domandano il perché non venga fermata la guerra, io rispondo che bisogna impedire la produzione di armi. Ci riusciremo? Non basta indignarsi e provare orrore. Bisogna agire, scendere in campo e metterci la faccia. Il cambiamento è possibile, basta crederci, bisogna lavorare intensamente e sensibilizzare le coscienze partendo dall’informazione, dalla  cultura e dalla politica. Insieme possiamo farcela.  

Da dove partire per un vero cambiamento della società?

Credo che il cambiamento partirà solo quando ri-affermeremo il valore dell’umanità, del “restare umani” (ricordando il grande Vik - Vittorio Arrigoni), della convivenza civile e della solidarietà. Partendo da se stessi. L’attuazione autentica della Costituzione si realizzerà solo quando verranno adottate politiche di pace, di nonviolenza e di accoglienza. Non ci sono altre strade.