Bellezza e società

Giardini, orti, ecologia: oltre ogni regola e cultura, la bellezza è verde.

Gianni Gasparini

 

Ogni giardino, luogo di bellezza costruito dall’uomo facendo ricorso agli elementi naturali, reca in qualche modo o inconsapevolmente l’impronta dell’Eden, il paradiso terrestre in cui secondo il racconto allegorico della Genesi vivevano i nostri progenitori prima della caduta e della cacciata.  Paradiso, termine derivato dal persiano attraverso il greco, significa appunto giardino.

Il giardino-paradiso sta al principio ma anche alla fine: esso è l’arco teso tra il mitico inizio di un’umanità che non conosce ancora la colpa e la prospettiva di una beatitudine futura, da conquistare in vita per goderne dopo l’esperienza terrena. La psicoanalisi junghiana osserva che quella del giardino è una delle poche immagini archetipiche che vengono recepite da tutti come positive. Il giardino è un tipico mondo intermedio tra lo spazio protetto della casa e la natura esterna con le sue potenziali minacce; esso svolge una funzione di coesione e collegamento tra elementi contrastanti, in particolare tra l’uomo che progetta e l’ambiente naturale che risponde con le sue logiche. Nota in proposito Ruth Ammann: “Il giardino si trova tra la vastità della natura inconscia e la casa come parte della nostra cultura, è uno spazio intermedio del tutto particolare: non è solo cultura né solo natura, non è un edificio costruito e neppure un luogo selvatico, ma collega tra loro questi elementi. Unisce anche il cielo alla terra, o meglio il mondo superiore a quello inferiore. […] Nel giardino si attua uno scambio continuo tra l’uomo che progetta, costruisce, ordina, fantastica, ama e odia da un lato, e la natura che risponde a modo suo, secondo le sue regole oppure senza regole di sorta, dall’altro” (R.Ammann, Il giardino come spazio interiore, 2008, p.53).

Caratteristiche

Le realizzazioni di giardini sono state e sono diversissime nelle diverse culture e aree del mondo, dall’antichità a oggi. È impossibile nominarle tutte: senza alcuna pretesa di esaustività possiamo citare qui i giardini sospesi di Babilonia – considerati una delle meraviglie del mondo antico – i giardini delle ville romane, l’alhambra di Granada in Spagna, il taj-mahal disteso sull’acqua di Agra in India, i giardini giapponesi ispirati al buddismo zen, i fastosi giardini di Versailles costruiti da Luigi XIV, per concludere con un accenno ai giardini italiani, di cui ancora oggi ammiriamo le splendide fioriture accanto ai laghi prealpini: villa Carlotta, villa Melzi, villa Taranto e altri.

Volendo cercare di unificare gli elementi che caratterizzano un giardino malgrado le diversità di concezioni e realizzazioni, si potrebbe dire che il giardino è uno spazio di bellezza e di vitalità concepito, costruito e offerto al godimento umano. Alla sua espressione contribuiscono in modo decisivo le acque, le piante e i fiori, gli elementi minerali, oltre alla presenza gradevole di animali discreti come gli uccelli e certi insetti. La frescura, con l’opportuna alternanza di luce e ombra, è elemento tipico di quasi ogni giardino: in esso possono trovarsi inoltre essenze vegetali coltivate per esigenze alimentari o scientifiche, oltre che alberi da frutto. Il giardino, in ogni caso, è uno spazio qualificato e protetto, recintato rispetto ad altri spazi urbani o naturali.

Non tutti sono d’accordo con questa visione del giardino. Giacomo Leopardi, nella sua vena intrisa di radicale pessimismo, in un passo dello Zibaldone ne parla come di un “ospedale” dove i vegetali sarebbero in uno stato di sofferenza. E Fernando Pessoa, il grande poeta portoghese del Novecento, evoca i fiori dei giardini con accenti che uniscono una sorta di compassione al ricordo incantato di Adamo:

Poveri i fiori nelle aiuole 

dei giardini ordinati.

Sembrano aver paura 

della polizia…

Ma così belli che fioriscono allo stesso modo

e hanno lo stesso 

sorriso antico

che avevano al primo sguardo del primo uomo

che li vide apparire 

e li toccò lievemente

per vedere se parlavano…

(F. Pessoa, Poemi di Alberto Caeiro, La vita felice 2007)

Giardini e orti

Non si può dimenticare la relazione tra giardino e orto, vale a dire tra dimensione estetica e funzione utilitaristica della coltivazione, che è ben marcata nella lingua italiana ma è sfumata in altri idiomi: i francesi e gli inglesi usano uno stesso termine (jardin, garden), facendolo seguire da un aggettivo (potager, vegetable) quando vogliono indicare l’orto.

È interessante ricordare in proposito le indicazioni di san Francesco ai suoi frati, così come vengono riportate nello Specchio di perfezione: “Al frate che lavorava l’orto diceva di non coltivare tutto il terreno per le erbe commestibili, ma ne lasciasse qualche parte libera di produrre erbe verdeggianti che alla loro stagione producessero i fratelli fiori; e ciò per amore di Colui che è chiamato fiore del campo e giglio delle valli”. […]

Diceva ancora che il frate ortolano dovrebbe sempre fare un bel giardinetto in una parte dell’orto, dove seminare e mettere ogni tipo di erbe odorose e le piante che producono bei fiori, affinché invitino, nella stagione loro, gli uomini che le vedono alla lode di Dio.

(Specchio di perfezione, 118, 1818, in Fonti francescane 1980)

Sguardi ecologici 

La sensibilità ecologica attuale, che si sta diffondendo progressivamente, ha riflessi anche sulle concezioni e le realizzazioni in tema di giardini. Uno dei più autorevoli architetti contemporanei del paesaggio, Gilles Clément, ha lanciato attorno all’anno 2000 l’idea della terra come giardino planetariola terra è diventata oramai un unico giardino senza recinti all’infuori della biosfera nel suo complesso; esso è affidato alla sensibilità dell’umanità intera, la quale è chiamata a rendersi conto dell’urgenza di una cura del pianeta per poterlo preservare e trasmettere alle generazioni future. In termini analoghi, papa Francesco nell’enciclica Laudato si’ (2015) riprende in chiave moderna la sensibilità di san Francesco e insiste fortemente sulla cura della madre terra lasciata alla nostra responsabilità personale e collettiva.

Vorrei concludere ricordando che nel mondo cristiano è da sempre presente la memoria di due giardini, situati entrambi a Gerusalemme. 

Il primo è il Getsemani, l’orto degli ulivi dove, secondo i Vangeli, Gesù era solito ritirarsi in preghiera con i discepoli e dove viene arrestato per il tradimento di Giuda: la tradizione cristiana l’ha identificato con un giardino esterno alle mura della città, nel quale accanto ai fiori coltivati allignano oggi imponenti ulivi millenari. Il secondo hortus è quello posto accanto al Calvario dove, in un sepolcro nuovo, viene deposto il corpo di Gesù dopo la crocefissione. È qui che, secondo la narrazione di Giovanni, avviene l’incontro forse più emozionante e sorprendente di tutti i racconti evangelici, tra una donna in lacrime e un uomo che sembra un giardiniere (hortolanus) ma si rivela essere il Risorto dai morti:

Tu piangevi lì accanto

quando due angeli bianchi

ti parlarono e fu allora

che voltandoti di scatto

verso il giardino odoroso

vedesti un uomo in piedi

anche a lui chiedesti

e lui ti disse – Maria! –

lo gridò lo sussurrò

lo disse cantando forse

non ci è dato sapere

ma a te sola lo disse

e tu capisti che era il Rabbi

(da G.Gasparini, Passio, Servitium/Città aperta 2007).


Mosaico di pace, rivista promossa da Pax Christi Italia e fondata da don Tonino Bello, si mantiene in vita solo grazie agli abbonamenti e alle donazioni.
Se non sei abbonato, ti invitiamo a valutare una delle nostre proposte:
https://www.mosaicodipace.it/index.php/abbonamenti
e, in ogni caso, ogni piccola donazione è un respiro in più per il nostro lavoro:
https://www.mosaicodipace.it/index.php/altri-acquisti-e-donazioni