Qualifica Autore: Missionario comboniano

La situazione sociopolitica della Repubblica Democratica del Congo, a partire dalla sofferenza della gente.

P. Joseph Mumbere

 

La Repubblica Democratica del Congo può essere chiamata oggi una prigione a cielo aperto a tre livelli: economico, politico ed educativo. La Repubblica Democratica del Congo (RdC) è il paese dei paradossi. Possiede il secondo bacino forestale del mondo, ricco di legname pregiato e d'acqua dolce in grande quantità.

Ha numerosi parchi nazionali classificati come patrimonio mondiale dell’UNESCO; estrae una varia tipologia di minerali, particolarmente quelli necessari agli apparecchi tecnologici e ha delle risorse preziose e strategiche nell'ottica dell’economia mondiale. Malgrado ciò, la RdC è il penultimo Paese per quanto riguarda l’indice dello sviluppo, perché i servizi sociali e le infrastrutture di base sono quasi inesistenti o inadeguate. L’economia informale è la più diffusa e l’estrazione illecita e il traffico illegale delle materie prime privano il paese di importanti risorse e alimentano numerosi gruppi armati. La corruzione è fuori controllo ed è anche diventata una strategia di governo. La popolazione è abbandonata a se stessa costretta a lottare per la sopravvivenza.

In questo contesto, la cittadinanza sente di vivere in una prigione a cielo aperto. Non a caso, il dizionario francese “Larousse” definisce una prigione anche come un luogo dove qualcuno si trova a vivere sentendosi sequestrato e privato di libertà e di dignità. È questo il sentimento della maggioranza della popolazione congolese. 

Economia 

La prigione economica è creata e mantenuta in piedi dalla brama delle milizie armate, che sono una pedina in mano alle organizzazioni criminali per destabilizzare le ricche aree dell’est del Congo e permettere l’esportazione illegale delle materie prime. I profitti del commercio illegale di queste materie prime mantengono almeno ottomila uomini che combattono nelle fila di circa cinquanta gruppi armati. Ogni anno, dalle zone di guerriglia, si contrabbanda più di un miliardo di euro in oro, coltan, diamanti, legname, ecc.. 

Tutto questo è facilitato dai paesi vicini per i quali il caos nel Congo è una fonte di risorse economiche. Dalle statistiche della banca centrale di Kigali, nel 2013, il Ruanda ha esportato 2.466 tonnellate di coltan, il 28% del mercato mondiale, per un ricavo di 134 milioni di dollari.

Politica 

La prigione politica: i politici congolesi, essendo al servizio più degli interessi esterni e di quelli che sono al potere che non del popolo che soffre, non fanno altro che asservire e consolidare una politica repressiva finalizzata al loro personale arricchimento, in particolar modo quando la popolazione che grida e invoca la sua libertà li minaccia. Il salario mensile di un parlamentare è di 10mila dollari circa, quando un insegnante ne guadagna solo 60 al mese. Si dice che Mobutu, nei suoi 32 anni di regno, avrebbe accumulato per sé e la sua famiglia quasi 5 miliardi di dollari; Kabila e la sua famiglia, nei suoi 17 anni di potere, avrebbe già una ricchezza stimata a 15 miliardi di dollari e lui e la sua famiglia controllano più di 80 società e imprese in tutti i settori economici del paese. Per difendere tutto questo bisogna mantenersi al potere a tutti i costi, anche uccidendo la propria popolazione!

Educazione 

La prigione educativa è dettata dalla necessità di conservare la popolazione nell'ignoranza e nella non conoscenza di quello che è e di quello che ha, con l’obiettivo di alienarla e farle perdere la sua identità culturale, di non elevarla a un livello intellettuale proattivo e innovativo. Insomma, dividere per sottomettere.

La Repubblica Democratica del Congo sarà, dunque, libera quando uscirà da questa sua prigione economica, politica ed educativa. In questa direzione, è già in corso una lotta e un impegno forte per la liberazione del popolo congolese, caratterizzata dalla presa di coscienza del suo proprio dramma, dell’essere un popolo prigioniero, un popolo che non ha libertà né dignità. 

Ma oggi la vita di un congolese quanto conta di fronte all’oro, al coltan, e tutte le altre risorse del paese? 

Il massacro della popolazione in Kivu, in Kassai è solo la conseguenza di questa logica: le risorse del Congo sono più preziose della vita dei congolesi.

La liberazione 

Nella lotta per la liberazione del popolo sono impegnati oggi diversi movimenti cittadini come la Lucha, il Filimbi e “Les congolais debout”:

1. Lucha (Lotta per il cambiamento) è un movimento civile composto di giovani studenti che persegue l’obiettivo di spingere le autorità politiche e economiche a rendere conto delle loro azioni e politiche alla popolazione.

2. Filimbi (Il fischio dell’arbitro per dare il cartellino rosso a un giocatore che agisce contro le regole durante una partita di calcio) lotta per l’alternanza al potere chiedendo ai politici attuali di uscire dalla scena perché hanno fallito.

3. Les congolais debout (I congolesi in piedi) lotta per la coscientizzazione dei congolesi perché possano chiedere l’alternanza politica e perché cessi la mentalità di guadagno tramite la corruzione e lasci il posto alla tutela dei propri diritti a salario giusto, della scuola, della salute, ecc.

Accanto a questi movimenti di cittadini c’è un impegno forte della chiesa. I vescovi congolesi hanno condotto una difficile mediazione per arrivare all'accordo del 31 dicembre 2016, che concedeva un anno a Kabila e prevedeva un governo che dovesse essere guidato da un leader dell’opposizione per organizzare le elezioni dell’alternanza politica in Congo. L’accordo esigeva la liberazione dei prigionieri politici, la garanzia delle libertà fondamentali, come quella di manifestazioni pubbliche, e chiedeva al presidente di esprimersi chiaramente sulla sua non disponibilità a candidarsi nelle elezioni successive. Il governo, in realtà, ha messo in pratica solo i punti dell’accordo che “gli andavano bene” e gli altri sono rimasti lettera morta. 

Di fronte a tanta violenza non ci resta che unirci al grido di speranza del card. Laurent Monsengwo: “È arrivato il tempo che la verità possa trionfare sulla menzogna sistematica, che i mediocri possano lasciare il posto e che regni la pace, la giustizia in RdC”.


Mosaico di pace, rivista promossa da Pax Christi Italia e fondata da don Tonino Bello, si mantiene in vita solo grazie agli abbonamenti e alle donazioni.
Se non sei abbonato, ti invitiamo a valutare una delle nostre proposte:
https://www.mosaicodipace.it/index.php/abbonamenti
e, in ogni caso, ogni piccola donazione è un respiro in più per il nostro lavoro:
https://www.mosaicodipace.it/index.php/altri-acquisti-e-donazioni