Politica
Qualifica Autore: Presidente Centro Studi economico-sociali per la pace di Pax Christi

Verso dove andiamo? Avanza la paura. Prevalgono gli organizzatori dello scontro. E si configura il reato umanitario.

 

 

L'enfasi sulla figura del nemico, agitata dall'attuale governo basato su un contratto “privatistico” aggressivo verso la Costituzione, si accompagna al mito dell’invasione. Ne parlavano e ne parlano spesso esponenti della Lega (come Umberto Bossi, Matteo Salvini, Lorenzo e Attilio Fontana), dei 5 stelle (ultimamente Elio Lannutti), di un'area neomarxista (Diego Fusaro), di gruppi reazionari cattolici e neofascisti (come Magdi Allam e Giorgia Meloni), del trumpismo rampante (“Non ci lasceremo invadere” ha gridato Trump il 24 giugno 2018 in occasione della separazione dei bambini centroamericani dai loro parenti alla frontiera!).

Nei gruppi dell’estrema destra europea e italiana e nel fangoso mondo delle fake news circola da tempo una spiegazione complottista della crisi dei migranti,  che unifica umori di vario segno: l’arrivo di africani in Europa sarebbe parte di un piano segreto architettato dalle élites politiche ed economiche del continente per importare milioni di potenziali lavoratori a basso costo, mischiarli con le “razze europee” e creare così un meticciato debole e facilmente manipolabile. Secondo alcuni neonazisti, come Gerd Honsik, a ideare questo piano di sostituzione etnica dei bianchi europei sarebbe stato un filosofo aristocratico austro-giapponese del primo Novecento: Richard Nikolaus Eijiro, conte di Coudenhove-Kalergi. Il “Piano Kalergi” è diventato un tormentone politico-esoterico simile a quello del cosiddetto “complotto plutocratico-giudaico-massonico” raccontato nei famigerati Protocolli dei Savi di Sion, testo sacro per Hitler. A farne le spese oggi è il finanziere George Soros, che non è certo un santo filantropo, ma che è azzardato e ridicolo ritenere “il grande vecchio” del mondialismo devastatore o, addirittura, l’ispiratore di papa Francesco. 

Le patrie carnali

Simili teorie semplificano all'estremo la realtà, allontanano dalle cause dei problemi, coprono le responsabilità dei “pianificatori del terrore”, degli “organizzatori dello scontro”, degli “imprenditori delle armi” (Francesco, 13 settembre 2014 a Redipuglia), di chi alimenta “sfrenate corse al riarmo” o promuove “l’omicidio dell’indifferenza” (Francesco, 7 luglio 2018 a Bari). Serve a poco dire che le invasioni sono altre: quelle mafiose, dei corruttori e dei corrotti, della finanza speculativa o dei “fondi avvoltoio”, dei gruppi neonazisti che contano su varie realtà politiche (almeno 12) già affermate a livello europeo. Il mito della sostituzione etnica è diventato un tenace pregiudizio che favorisce una psicologia ossessiva e annulla la cittadinanza attiva democratica per dare corpo all'idea delle “patrie carnali” (cittadinanza basata su sangue e suolo), oggi presentata come “Europa delle regioni, delle nazioni e dei popoli”. Se ne fanno da tempo portavoce militante organizzazioni come Forza Nuova, Casa Pound, Lealtà Azione, Veneto Fronte Skinheads, Fortezza Europa (espressione usata da Hitler per indicare l’Europa nazista), Generazione identitaria e altre. L’osservatorio democratico sulle nuove destre segnala da anni presenze neonaziste in luoghi pubblici (autorizzate da amministrazioni comunali) che stanno trovando nella Lega un decisivo punto di riferimento istituzionale. 

Sul tema è intervenuto anche “Mosaico di pace” (nel luglio 2010 con un dossier sul Moderno tribalismo guerriero). Oggi si può vedere il bel libro di Paolo Berizzi (NazItalia. Viaggio in un paese che si è riscoperto fascista). Nell'ultimo raduno di Pontida è stata lanciata l’ipotesi di una Lega delle leghe, di una sorta di Internazionale nazionalista, auspicata dal consigliere di Trump Steve Bannon, il più estremista dei sovranisti statunitensi, e da Vladimir Putin (il cui partito ha firmato un accordo con la Lega ) in funzione antieuropea.

Un linguaggio cattivista 

Il linguaggio ultranazionalista, con la complicità dei media e dei social dove i cinguetti sono spesso ruggiti xenofobi, diventa sempre più aggressivo, alza la tensione, eccita la paura, incattivisce gli animi, divide il mondo in buoni e cattivi, vincitori e vinti, fedeli e traditori. Sembra che la produzione del nemico sia il solo modo di esistere politicamente. I verbi più usati diventano bloccare, chiudere, colpire, respingere, affondare, eliminare, espellere, dividere, in un crescendo indegno della nostra umanità: la Tunisia ci manda galeotti, è finita la pacchia, i viaggi dei migranti sono crociere, le Ong sono taxi del mare o vice-scafisti voraci, non risponderemo più agli SOS, affondiamo le navi, chiudiamo i porti, i rom italiani purtroppo ce li dobbiamo tenere (non mi dilungo su chi dice che le famiglie arcobaleno non esistono). Il nostro ministro degli Interni indossa a volte una maglietta con la scritta neofascista Offence best defence (offendere è la migliore difesa), giura e fa giurare col rosario in mano, distribuisce crocifissi e ripete il motto mussoliniano “Molti nemici molto onore”.

La morte del prossimo

Insomma, sta avanzando il reato umanitario. Chi aiuta un povero aiuta i criminali. Chi accoglie è complice dei mercanti d’uomini. È ovvio che ci sono casi deprecabili di sfruttamento dei migranti ma fare di ogni erba un fascio è irresponsabile e diffamatorio verso tante persone buone e generose. Evidentemente il buon samaritano diventa responsabile dell’assalto dei briganti, chi aiuta un bisognoso è causa del suo bisogno. Così i carnefici diventano vittime e le vittime vengono trattate come carnefici. Con l’espediente della vittimizzazione il razzismo diventa più “civile”, si fa senso comune. Col vittimismo che ci rende aggressivi muore il prossimo, scompare la solidarietà. È facile scaricare sui più deboli la nostra incapacità di fare politica e di costruire relazioni. Si solidifica il sistema della paura. Non è negativo avere paura; è negativo, anzi indegno, diventarne imprenditori, usarla per scopi di potere, seminare vento cattivo. Quando una persona diventa un nemico da eliminare, diceva Primo Levi, si mette il primo anello di una catena che porta ai campi di concentramento e di sterminio (già presenti in varie parti del mondo e nell'area del Mediterraneo). 

Il 5 novembre 2016, durante il terzo incontro con i movimenti popolari, papa Francesco ha inquadrato i grandi drammi del mondo contemporaneo nell'ottica dell’ingiustizia. Ha invitato a osservare attentamente “il filo invisibile dell’ingiustizia” che opera come “frusta esistenziale che rende schiavi, ruba la libertà, colpisce senza misericordia alcuni e minaccia costantemente altri, per abbattere tutti come bestiame fin dove vuole il denaro divinizzato”. Richiamandosi alla diffusione dell’“imperialismo internazionale del denaro” (Quadragesimo anno di Pio XI, 1931), Francesco vede l’estendersi di “un terrorismo di base che deriva dal controllo globale del denaro sulla terra e minaccia l’intera umanità”. Ne è un segnale evidente il diffondersi di “muri che rinchiudono alcuni ed esiliano altri. Cittadini murati, terrorizzati da un lato; esclusi, esiliati. Ancor più terrorizzati, dall'altro. È questa la vita che Dio nostro Padre vuole per i suoi figli? La paura viene alimentata, manipolata. Perché la paura, oltre a essere un buon affare per i mercanti di armi e di morte, ci indebolisce, ci destabilizza, distrugge le nostre difese psicologiche e spirituali, ci anestetizza di fronte alla sofferenza degli altri e alla fine ci rende crudeli […] Dietro questa crudeltà che sembra massificarsi c’è il freddo soffio della paura”. Tante persone, diceva, sono costrette all'esilio “a causa di un sistema socio-economico ingiusto e di guerre che non hanno cercato, che non hanno creato coloro che oggi soffrono il doloroso sradicamento della loro patria, ma piuttosto molti di coloro che si rifiutano di riceverli”. Per evitare “la bancarotta dell’umanità” occorre passare dal terrore che innalza muri all’amore politico che costruisce ponti e spezza la catena del male.

 


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