Donne
Qualifica Autore: WILPF Italia – Women’s International League for Peace and Freedom Lega Internazionale Donne per la Pace e la Libertà

La sfida antropologica delle donne e l’opposizione alla guerra e al militarismo. Dall'incontro di Bruxelles a un futuro possibile perché il disarmo sia percorso praticabile.

 

 

Il Counter Summit “No to war-No to NATO”, svoltosi l’8 luglio a Bruxelles, è stato un importante incontro operativo del pacifismo mondiale. Il prossimo appuntamento sarà a Dublino (16-19 novembre) per un’azione unitaria globale contro guerre, povertà e collasso ambientale. La WILPF ha portato il proprio contributo, nutrito della sua centenaria storia di contrasto alla guerra come pratica e al militarismo come strumento culturale che plasma le menti degli esseri umani, per renderli funzionali alla logica patriarcale della violenza e del dominio, operata dal complesso industriale-militare-mediatico. 

Tra diritti e tradimenti 

Nell'umanità l’antropologia della guerra ha drammaticamente prevalso anche quando questa si è dotata non solo di un’organizzazione internazionale come l'Onu, costituitasi per garantire pace e sicurezza internazionale, ma nel contempo dotata di una complessa architettura del diritto internazionale che, in applicazione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948, avrebbe dovuto garantire “tutti i diritti umani per tutti” nel rispetto della loro universalità, interdipendenza e interrelazione. La sindrome del tradimento, in un contesto internazionale polarizzato tra vincitori e vinti, ha scatenato una dinamica perversa: “permanenza”, nell'immaginario collettivo, di paura e sospetto e legittimazione “politica” della guerra col risultato negativo di alimentare, nei popoli vilipesi, risentimento, rabbia e vendetta, sentimenti facilmente strumentalizza-bili per ulteriori conflitti. 

Devastante il ruolo della Nato all'interno di questa geopolitica della paura

• La nascita della Nato (1949) rappresenta un gravissimo oltraggio al disarmo, uno dei principi primari dell'Onu da poco costituitasi (24 ottobre 1945). 

• La Nato è egemonizzata dagli USA, il paese più militarizzato del mondo che, impunito, si è macchiato di un crimine contro l’umanità: aver usato per due volte l’arma nucleare contro il Giappone, un paese che si era già arreso. Purtroppo il falso storico continua. 

• La Nato si è costituita sull'onda di un grande movimento di opinione fondato su percezioni create ad arte, contro l’ideologia comunista: “Mantenere l’America dentro, la Germania sotto e la Russia fuori” (Lord Ismay, primo Segretario Generale Nato). La sua nascita ha fomentato la formazione del “Patto di Varsavia” (1955). 

• La Nato, dopo il crollo del muro di Berlino (1989) e la fine del Patto di Varsavia (1991), anziché sciogliersi, si è potenziata trasformandosi in una “macchina da guerra” che si arroga il diritto di imporre il rispetto della Carta dell’Onu. 

• La Nato, “fondamento”  della difesa dell’Unione Europea, impedisce all'Europa – Premio Nobel per la Pace 2012 – di avere un’autonoma politica internazionale che dovrebbe promuovere la pace. Dei 27 paesi Ue, 22 fanno parte della Nato, e 4 di questi sono doppiamente legati alla Nato dalla “condivisione nucleare”: Italia, Belgio, Olanda, Germania (che fuori Europa si estende alla Turchia). Non è un mistero: gli Usa non hanno mai voluto un’Europa unita quale alleato paritetico. 

• La Nato condiziona pesantemente la politica europea attraverso forti budget militari, che impongono ciniche politiche economiche di austerità e un’ambigua e trasversale promiscuità civile-militare (in Italia persino nelle scuole). 

• La Nato si sta minacciosamente allargando nel mondo con una politica di provocazione militare sempre più folle e pericolosa. Attualmente, sono in gioco le armi nucleari (circa 15.000 testate, di cui circa 1.800 in stato di allerta) in sinergia con i droni armati, nuovi sistemi di armi a distanza, nel quadro della folle corsa al cyber war e alle armi autonome intelligentiDi fronte all'egemonia della violenza, le donne hanno dimostrato di essere “agenti di pace e sicurezza”. Naturalmente mi riferisco a “quelle donne” che hanno saputo e sanno “opporsi” e “decontaminarsi” dal patriarcato, grazie a una “forte coscienza critica” attivata e nutrita dall'amore per il ciclo della vita, presente in tutti gli essere umani, ma nelle donne dotato di una forza specifica, perché loro sono “portatrici di vita”. La sfida delle donne all'antropologia della guerra si fonda sulla rivendicazione di quella che è stata definita da Jane Addams la “auctoritas” femminile. Vale a dire: il diritto di essere ascoltate nella politica nazionale e internazionale, non solo per essere le vittime delle guerre e soffrire conseguenze specifiche, ma soprattutto per il loro contributo al mantenimento della pace e alla prevenzione dei conflitti. Riconoscimento finalmente affermato anche dall'Onu nel 2000 con la Risoluzione 1325 “Donne, Pace e Sicurezza”. Rivendichiamo, dunque, la nostra “auctoritas” e perseveriamo nel dimostrare il potere delle donne di fermare la guerra! 

Nuova sicurezza 

Fin dal 1948 la WILPF, dopo essere stata la prima organizzazione a denunciare gli effetti catastrofici delle radiazioni nucleari, dichiarando che “il genere umano si era prostituito al nucleare”, avviò una Campagna di opposizione alla Nato in quanto alleanza militare che avrebbe fomentato divisioni, mentre l’umanità necessitava di un “nuovo concetto di sicurezza” (giustizia sociale, diritti umani, cooperazione e dialogo tra i popoli). Altre donne organizzarono carovane, marce, scioperi (Women stike for Peace: più di 500 casalinghe che manifestavano contro i test nucleari che avvelenavano il latte), manifestazioni, presidi contro i missili intercontinentali in Europa, tra cui il “Greenham Common Women’s Peace Camp” (dal 1989 al 1991) e poi la decennale attività di tantissime donne all'interno di ICAN – Premio Nobel per la Pace 2017. L’adozione del Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW) è stato un risultato storico di fronte all’inefficacia del TNP (Trattato di Non-Proliferazione Nucleare) sabotato dalle stesse potenze nucleari e dai loro alleati. Il nostro impegno, in quanto donne, è rivolto a conseguire l’universalizzazione della ratifica del Trattato, contrastando fermamente il dictat Nato della non ratifica ai paesi membri. Questo il nostro piano di azione: 

• Dar voce in Europa alle “vittime della Nato” (guerra nella ex-Iugoslavia, impatto della militarizzazione dei territori) per testimoniare che essa non ci protegge, ma minaccia la nostra vita. 

• Campagna di sensibilizzazione sugli specifici effetti nocivi della contaminazione radiologica sui bambini (da 10 a 20 volte più radiosensibili degli adulti) e sulle donne. 

• Evidenziare il nesso tra minaccia nucleare e minaccia climatica sviluppando un ampio fronte eco-pacifista per la denuclearizzazione del pianeta, come precondizione per lo sviluppo umano sostenibile, basato su una consapevole alleanza con la natura. 

• Risvegliare le coscienze sul tema delle spese militari che sottraggono risorse per un’urgente economia di pace che assicuri educazione, sanità, cultura, giustizia sociale e una vita con dignità. 

• Attivare i consiglieri comunali e regionali nonché i parlamentari, affinché si compromettano per promuovere la ratifica del Trattato. 

• Incrementare la cultura di pace anche attraverso una specifica attività educativa che promuova disarmo, rispetto per l’ambiente, dialogo interculturale ed empowerment femminile. 

• Attivare un’incisiva campagna d’informazione educativa, per contrastare la percezione deformata del problema nucleare, diffondendo un approccio comunicativo scientifico e umanitario che lo ponga in relazione con la minaccia climatica e l’ingiustizia sociale attivando giornalisti, docenti, educatori, artisti, operatori sociali. 

• Reclamare che l'Onu sia un’organizzazione di pace.