Una lettera dedicata a Myriam. Un ritorno all'Esodo per rileggere la forza di resistere di fronte agli ordini iniqui del tiranno.
Cara Myriam, la prima cosa che voglio dirti è che il tuo nome, conservato nell'originaria sonorità ebraica, mi piace tantissimo. Anzi, ti confido che, prima ancora delle tue gesta, mi ha sedotto l'armonia di quelle due sillabe scritte sulla tua carta d’identità. Limpide come un plenilunio, sembrano alitate dal vento. Sanno di scoglio, incrostato di salsedine, a strapiombo sul mare. E profumano di foresta, quando essa si torce nelle struggenti malinconie dell’autunno.
Myriam! Ma lasciamo perdere le galanterie, e veniamo al dunque. Ti scrivo perché voglio congratularmi con te. Per la tua forte personalità, niente affatto schiacciata tra quei due colossi dei tuoi fratelli, che seguisti per quarant’anni, come ombra di refrigerio, sulle dune assolate del deserto. Il video dell’Esodo straripa delle immagini di Mosè. E l’audio è tutto preso da Aronne, irresistibile colonna sonora del grande condottiero. Per te, invece, solo tre brevi sequenze. Ma sono sufficienti per farci scorgere nella tua figura di donna il simbolo tutto moderno dell’audacia, della tenerezza e delle rivendicazioni del mondo femminile. Il faraone, allo scopo di sterminare gli Ebrei residenti in Egitto, predispose una violenta pianificazione delle nascite. Convocò le levatrici delle USLL e ordinò loro di far morire tutti i neonati maschi che le donne ebree partorivano. Ma esse, disobbedendo al faraone, organizzarono la più coraggiosa obiezione di coscienza che la storia conosca.
Le levatrici temettero Dio: non fecero come aveva loro ordinato il re d’Egitto e lasciarono vivere i bambini… Dio beneficò le levatrici. Il faraone, allora, fu costretto a cambiare metodo. Si rivolse direttamente al popolo: “Ogni figlio maschio che nascerà agli Ebrei, lo getterete nel Nilo”. Una forma allucinante di “birth control” che, a quanto pare, non si è del tutto dileguata neppure oggi, se al Nilo si sostituisce la pattumiera o, al cestello di vimini, il vaso di una pubblica toilette. Ed è a questo punto che, tra i folti canneti del fiume, facesti capolino tu, dolcissima Myriam. Perché se ai tuoi genitori, dopo che nacque loro un bel maschietto, bastò l’animo di esporlo sul greto, tu, a costo di dover fare la stessa fine, non te la sentisti di abbandonare il fratellino. Sicché, quando la figlia del faraone giunse casualmente sulla riva per un bagno ristoratore, ed ebbe visto quel coso, e ne provò compassione, tu schizzasti dai giunchi e le facesti quella profferta che è un capolavoro di intelligenza: devo andarti a chiamare una nutrice tra le donne ebree, perché allatti per te il bambino? Mosè, dunque, si salvò in questo modo. Per quel tuo gesto di coraggio. Per quell’appostamento di vigile condivisione. Per quella coscienza della santità della vita, che ti permeava l’anima e ti faceva pericolosamente resistere di fronte agli ordini iniqui del tiranno.
Ebbene, a tremiladuecento anni di distanza, tu resti ancora la provocazione più eloquente per tutti coloro che si battono nel tentativo di salvare la vita dei bambini, esposta oggi, con una ferocia peggiore di quella di ieri, alle violenze strutturali di un’epoca per molti aspetti disumana. Minori umiliati, sfruttati, venduti, percossi, uccisi. Neonati respinti nei cassonetti della spazzatura, senza neppure quei frustoli di pietà che, presso la porta dei conventi, aveva fatto inventare nei secoli scorsi “la ruota degli esposti”. Venti milioni di bambini trascinati ogni anno dal fiume della morte, uccisi cioè dalla fame: nell’indifferenza della nostra faraonica civiltà, che si esalta per la contemplazione delle sue piramidi, ma è divenuta sorda al pianto degli innocenti. Bambini sudamericani abbandonati al vortice delle metropoli, peggiore dei vortici del Nilo. “Ninos” brasiliani esposti alle violenze degli squadroni della morte, che li pestano a sangue e li uccidono senza pietà come fossero topi di fogna, perché disturbano il paesaggio per i turisti e la tranquillità dei signori.
Myriam, quante cose avresti da insegnarci!