Arcelor Mittal, la multinazionale che vuole l’ILVA.
Si chiama Arcelor Mittal. È un’enorme multinazionale, la prima al mondo nel settore siderurgico. È stata scelta dal governo a guida PD per risollevare l’ILVA, ed è ora al centro di un vivace dibattito dopo la vittoria del M5S che aveva promesso di chiuderla. Mentre andiamo in stampa, la situazione è massimo dell’incertezza perché il ministro Luigi Di Maio non ha ancora scelto se consegnare o no le chiavi dell’ILVA ad Arcelor Mittal.
In quest’articolo cerchiamo di saperne di più su questa potentissima multinazionale dell’acciaio. Mettiamo in ordine cronologico alcune informazioni.
Il 16 agosto 2012 il Fatto Quotidiano ha dato voce a EkoForumZenica, un’organizzazione ambientalista nata nel 2008 in Bosnia, a Zenica, per obbligare la ArcelorMittal a rendere sostenibile per l’ambiente la produzione dell’acciaieria: “Il lavoro è importante – dicono i suoi attivisti – ma non può tenere in ostaggio migliaia di persone. L’accordo di privatizzazione prevedeva un investimento di almeno 100 milioni di dollari entro il 2010 nel territorio, tra bonifica e attività sociali, invece alla fine del 2011 l’ArcelorMittal ha speso solo 22 milioni di dollari e tutti in modernizzazione degli impianti’’. Tra il 2014 e il 2015 sono state condotte delle analisi per verificare la presenza di diossine e PCB nelle uova della Bosnia, del Montenegro e della Serbia. I valori di maggiore concentrazione di diossine (tre volte sopra i limiti europei) sono stati riscontrati nelle uova di Zenica. In questa città – che ospita un’acciaieria di Arcelor Mittal – vi è un impianto di sinterizzazione, che è una fonte emissiva industriale di diossina. Nelle uova i ricercatori hanno riscontrato 8,8 picogrammi di diossina per grammo di grasso (il limite è 2,5). Lo studio si può scaricare da english.arnica.org che è il sito di un’ONG internazionale specializzata in reportambientali.
Nel 2014 si è conclusa vittoriosamente in Sudafrica una lunga lotta ambientale della Vaal Environmental Justice Alliance (Veja) che chiedeva più trasparenza ad Arcelor Mittal. La Suprema Corte d’Appello sudafricana, accogliendo il ricorso di un’organizzazione ecologista, ha ribadito che “non c’è spazio per il segreto” in materia ambientale.
Sempre nel 2014, ArcelorMittal Dofasco, il principale produttore di acciaio del Canada, è stato multato per 390.000 dollari per inquinamento. Ad Arcelor Mittal non è piaciuto l’intervento di Dianne Saxe, commissaria per l’ambiente dell’Ontario, la quale ha affermato che la provincia ha chiuso un occhio sull’inquinamento “oltraggioso” reagendo con un comunicato alle accuse che avevano puntato il dito sui fumi della sua acciaieria e sul loro impatto sanitario.
L’11 maggio 2017, i lavoratori dello stabilimento di Kryvyi Rih (Ucraina) si sono mobilitati in massa per chiedere aumenti salariali e condizioni di maggiore sicurezza sui luoghi di lavoro. Il 2017 si è rivelato un anno molto combattivo per la classe operaia dell’Ucraina. Il 9 ottobre 2017 a Kryvyi Rih alcuni cittadini hanno inscenato davanti alla sede di Arcelor Mittal un sit-in con maschere antigas, e le immagini hanno fatto il giro del web. “Un tempo orgoglio industriale dell’Unione Sovietica, Kryvyi Rih è diventata una delle città più inquinate dell’Ucraina”, racconta Alan Turgutoglu che ha incontrato alcuni degli “uomini di ferro” che lavorano nell’acciaieria e nelle miniere vicine. La conclusione è sconsolata.
Volando negli Stati Uniti, ritroviamo ancora Arcelor Mittal, con la sua cokeria che, in Pennsylvania, è stata condannata a risarcire 1 milione e mezzo di dollari per eccessivo inquinamento a dicembre del 2017. L’iniziativa è stata presa da un’associazione ambientalista molto combattiva.
Ritornando in Asia troviamo un impianto in Kazakistan, al centro di una forte contestazione.
L’inquinamento prodotto da Arcelor Mittal nel suo stabilimento di Termitau in Kazakistan è notevole e ci sono alcune foto con una imponente nube rossastra. Hanno fatto il giro del mondo le immagini della neve nera del gennaio 2018.
Anche la CISL internazionale è preoccupata dei conflitti ambientali e sociali che vertono attorno ad Arcelor Mittal. Bankwatch Network nel 2008 aveva realizzato un notevole dossier sugli impatti locali dei vari stabilimenti della multinazionale. Adesso si tratta di farne l’aggiornamento con tutto ciò che di nuovo è accaduto in questi anni. I conflitti ambientali non sono per nulla sopiti. Ed è questa una ragione per cui molti cittadini di Taranto non vogliono che le chiavi dell’ILVA vengano consegnate ad Arcelor Mittal.