Alla vigilia della giornata del dialogo tra cristiani e islamici, raccontiamo com'è nata l’iniziativa.
La giornata del dialogo cristiano-islamico è giunta alla sua diciassettesima edizione. Sembra ieri che un gruppo di riviste del mondo cristiano, religiosi di varie confessioni cristiane e musulmane, fra cui due vescovi cattolici, giornalisti, teologi e semplici cittadini credenti e non credenti, lanciarono nel lontano 2001 l’appello a realizzare questa giornata d’incontro e dialogo fra cristiani e musulmani che ponesse un argine a quello “scontro di civiltà” che potenti forze politiche ed economiche stavano sostenendo a livello mondiale. Le “civiltà”, se sono tali, non si scontrano ma s’incontrano, si contaminano a vicenda promuovendo così la pace e la civile e umana convivenza.
Partimmo subito dopo i tragici attentati dell’11 settembre 2001, che diedero inizio a quella che poi papa Francesco ha definito nel 2013 come “terza guerra mondiale a pezzi”, che è tuttora in corso. Una guerra mondiale, che coinvolge vaste zone dell’Asia, dell’Africa della stessa Europa e che ha già al suo attivo svariati milioni di morti in Afghanistan, Iraq, Libia, Siria, Yemen, Nigeria, Congo, Niger, Palestina… Guerra rifiutata in modo deciso dallo stesso Papa, che ha più volte sostenuto anche la “follia della guerra” che è sempre figlia del “dio denaro”.
La dottrina dello “scontro di civiltà”, inventata nel 1993 da Samuel P. Huntington, un consulente del Pentagono, che poi nel 1996 scrisse un libro sull’argomento finanziato da alcune fondazioni promosse da industrie militari, non è stata sconfitta e ancora oggi la comunità mondiale deve fare i conti con questa dottrina che promuove la guerra e non la pace.
Adesioni
Per tutti questi 17 anni in Italia l’iniziativa, lanciata dal basso nell’ottobre del 2001 è riuscita a imporsi come punto di incontro tra cristiani e musulmani, riuscendo a coinvolgere alcune migliaia di associazioni e comunità religiose dal nord al sud del Paese, numerose istituzioni locali e nazionali, compresa la Presidenza della Repubblica, nonostante la congiura del silenzio e l’opposizione di forze politiche apertamente razziste e islamofobe.
Da 17 anni ogni anno abbiamo proposto un tema per gli incontri della giornata che si tiene dal 2008, sempre nella data del 27 ottobre, in ricordo di un altro 27 ottobre, quello del 1986, quando Giovanni Paolo II riunì i leader di tutte le religiosi ad Assisi per una preghiera comune per la pace nel mondo. E fu proprio Giovanni Paolo II che diede una spinta considerevole all’appello del 2001 invitando quell’anno tutti i cristiani a digiunare insieme ai fratelli e sorelle musulmani il venerdì 14 dicembre, ultimo venerdì di Ramadan. Fu un chiaro segno di appoggio alla nostra iniziativa.
Quest’anno abbiamo proposto un tema particolarmente importante, che riguarda il diritto di poter esercitare il culto della propria religione liberamente, così come sancisce la nostra Costituzione repubblicana, proponendo il seguente titolo: “Diritto di culto e buona cittadinanza: nessuna moschea è illegale!”.
Diritti
Nessuna moschea, nessun luogo di culto è illegale. Nessuno può mettere in discussione il diritto dei fedeli di una qualsiasi religione a riunirsi in luoghi pubblici o privati per esercitare il proprio culto. È un diritto umano fondamentale che nessuna norma urbanistica e nessun referendum, falsamente definito “popolare” può conculcare perché i diritti umani sono indisponibili a qualsiasi arbitrio e non assoggettabili a consultazioni referendarie. [[Box2159]]
Questo tema nasce dai ripetuti tentativi di bloccare la costruzione di luoghi di culto musulmano in varie parti d’Italia e, in particolare, al nord dove alcune regioni hanno approvato leggi regionali che limitano tale diritto e che sono state dichiarate incostituzionali. Ci sono forze politiche che conducono con sistematica ferocia una campagna islamofobica che ha raggiunto oramai livelli insopportabili, con azioni violente che si scaricano, come sempre accade con il razzismo, sulle persone più deboli, sulle donne e sui bambini.
“Nel programma del nuovo governo – abbiamo scritto nell’appello – c’è la dichiarata volontà di chiudere tutti i luoghi di culto islamici che vengono bollati come “irregolari”. Si vuole nascondere l’islamofobia dietro il pretesto della violazione di norme urbanistiche confuse o inesistenti, giungendo a chiudere luoghi di culto funzionanti da oltre vent’anni, diventati punto di incontro e di integrazione per migliaia di immigrati e di dialogo con comunità locali di altre religioni. Luoghi di culto poi riaperti, grazie ai ricorsi al TAR, come a Roma, che ora sono sotto la spada di Damocle di una nuova normativa che si vorrebbe emanare a livello nazionale, sulla scia delle norme approvate in regioni come la Lombardia, già giudicate incostituzionali”.
C’è allora bisogno di un salto di qualità di tutte le comunità religiose di fronte ad atteggiamenti razzisti che sono sempre più aperti e organizzati e che ora hanno preso il sopravvento anche a livello di governo nazionale finito in mano a forze apertamente islamofobe e razziste. Nessuno può più far finta di non sapere ciò che sta accadendo nel nostro Paese. Nessuno può più voltarsi dall’altra parte facendo finta che il problema non lo riguardi. Anche perché, abbiamo sottolineato nel nostro appello, il razzismo su base religiosa che stiamo vivendo, “non è nuovo nella storia dell’umanità e che, per come si realizza e per le parole d’ordine di cui si connota, assomiglia a quell’antisemitismo che ha caratterizzato la prima metà del secolo scorso che ha avuto conseguenze disastrose e mostruose per tutta l’umanità”. “Ma vi è anche oramai un razzismo diffuso – continua l’appello – che colpisce migranti di pelle nera che a decine sono stati barbaramente uccisi, ultimo il giovane maliano Soumaila Sacko”.
La difesa della libertà religiosa è un dovere di tutti i cittadini e di tutte le religioni. “Se si colpisce il diritto di una sola religione – dice l’appello – tutte le religioni sono a rischio”. Chi odia una religione in realtà le odia tutte anche quella dietro cui si nasconde.
Questa è l’esperienza della storia che ci dice anche come i razzisti si nascondono dietro una religione stimolando la divisione e lo scontro religioso.
È l’atteggiamento che il Concilio Vaticano II decisamente nega nel documento Nostra Aetate, che inizia con queste parole: “Nel nostro tempo in cui il genere umano si unifica di giorno in giorno più strettamente e cresce l’interdipendenza tra i vari popoli, la Chiesa esamina con maggiore attenzione la natura delle sue relazioni con le religioni non-cristiane. Nel suo dovere di promuovere l’unità e la carità tra gli uomini, e anzi tra i popoli, essa in primo luogo esamina qui tutto ciò che gli uomini hanno in comune e che li spinge a vivere insieme il loro comune destino”.
“I luoghi di culto sono centri di convivenza e avvicinano i cuori!”. Con queste parole abbiamo concluso il nostro appello. Seguiamo queste indicazioni e promuoveremo la pace.