Primo Piano Libri

Oggi l’amore e le relazioni affettive sono plurali.
Un libro di Cristina Simonelli commenta la relazione tra Dio, le patrie e le famiglie.

 

Il motto “Dio patrie famiglie” evoca il ventennio fascista e gli orizzonti valoriali di quel tempo. Oggi, la triade è divenuta un percorso di riflessione e una “proposta” – di lettura, di stile di vita e di relazioni – per mano di Cristina Simonelli, teologa, presidente del Coordinamento Teologhe Italiane e co-curatrice, con Stella Morra, della rubrica “Parola a rischio” di Mosaico di pace nel 2014, autrice del libro “Dio, patrie, famiglie. Le traiettorie plurali dell’amore”.

Dio, patria e famiglia erano – nell’interpretazione culturale del tempo fascista – un monolite, un singolare assoluto. La loro rilettura nel tempo odierno impone una nuova coniugazione e una riscrittura perché il nostro è tempo del plurale, sotto ogni prospettiva. È tempo complesso e di cambiamento profondo. È il tempo in cui l’altro da sé possa trovare posto e accoglienza con pari dignità. È il tempo della laicità e del pluralismo, del dialogo e del confronto. “Oggi meno che mai – scrive Cristina nella sua introduzione – nessuno dei tre termini (Dio, patria, famiglia) può e deve apparire scontato… Non certo Dio, perché, per i credenti soprattutto, la sua sola nominazione apre abissi vertiginosi, che non sopportano di essere rinchiusi in una parola sola. In termini più semplici e più ovvi questo vale anche per gli altri due termini: che – come minimo – possiamo e dobbiamo interrogare, quanto meno proponendone la forma plurale”.

L’autrice definisce il percorso proposto “diagonale” e le traiettorie indicate “oblique” e inclusive, perché nascono da ricerche e da richieste di speranza e non da certezze assolute. Alla base della riflessione vi è l’Amoris laetitiae La gioia dell’amore, la guida alla lettura dell’esortazione apostolica a cura di Serena Noceti.  

Tra i tanti spunti contenuti in queste pagine, dense e scorrevoli nello stesso tempo, colpisce l’attualità dello sguardo, quasi tristemente premonitore dei giorni nostri, di quelli che si son aperti con il governo leghista e pentastellato: “Il primo punto di vista sulle famiglie non può che essere legato alle immagini di popoli in movimento, di persone attaccate al filo spinato, accampate sui binari, pigiate sui barconi”. E la voce di Francesco risuona ferma: “Solo chi vede gli occhi dei bambini che incrociamo nei campi profughi è in grado di riconoscere subito, nella sua interezza, la bancarotta dell’umanità e la solidarietà dimostrata dall’Europa negli ultimi anni a queste persone, e non solo a loro” (http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2016/april/documents/papa-francesco_20160416_lesvos-rifugiati.html).

Un’altra parola chiave del libro è frontiera. Occorre, oggi, infatti, attraversare i confini, come luoghi fisici e  simbolici, come “condizione su cui si sta”, che non si oltrepassa, che si abita e che spesso è circoscritta da muri. La frontiera è un limite di oggi. Il confine, tra Stati e tra famiglie, tra condizioni sociali ed economiche, tra l’io e il diverso da me. È un luogo da percorrere, da sfatare e da oltrepassare. 

Scrive Alessandro Leogrande: “C’è una linea immaginaria eppure realissima, una ferita non chiusa, un luogo di tutti e di nessuno di cui ognuno, invisibilmente, è parte: è la frontiera che separa e insieme unisce il Nord del mondo, democratico, liberale e civilizzato, e il Sud, povero, morso dalla guerra, arretrato e antidemocratico. È sul margine di questa frontiera che si gioca il grande gioco del mondo contemporaneo”. È sulla soglia che nasce il futuro. Gli sguardi cui siamo invitati devono essere  inclusivi, conciliari. Per possiamo respirare l’aria fresca della comunione e della fraternità.