Qualifica Autore: Già Presidente della Camera dei Deputati

La nonviolenza può divenire metodo e oggetto di un serio progetto politico.

 

Vi sono persone che entrano nella storia perché raggiungono posizioni di potere e, da quelle posizioni, producono atti e assumono decisioni che cambiano il corso degli eventi. E poi ci sono persone che, lontanissime dal potere politico o economico, lasciano un segno profondo nella società con la forza del loro pensiero e del loro esempio.

A questa seconda categoria appartiene Aldo Capitini, il profeta della nonviolenza, il “Gandhi italiano”, come spesso è stato definito. Ricordarlo a 50 anni dalla morte, non è soltanto un omaggio a lui dovuto, ma è l’occasione per parlare del mondo di oggi e del suo pensiero e della sua azione.

Possiamo ben immaginare quale sarebbe la sua reazione di fronte alle tante ingiustizie e ai tanti drammi che affliggono attualmente il nostro pianeta. La lunga guerra fredda è stata sostituita da una proliferazione, che appare senza fine, di guerre calde, anche quelle a bassa intensità, combattute con la logica dell’annientamento del nemico. La globalizzazione liberista e priva di regole ha accresciuto le diseguaglianze tra i Paesi e all’interno di ciascun Paese tanto che, in Africa e in Asia ma anche nel “ricco Occidente”, è aumentato il numero dei poveri. 

Guerre, povertà, dittature e peggioramento delle condizioni ambientali stanno determinando lo spostamento di milioni di persone, che lasciano le loro terre d’origine per cercare altrove condizioni di vita dignitose. Ma ai migranti si risponde oggi, anche in Italia e nella civilissima Europa, con i respingimenti, il razzismo e nuove forme di vero e proprio apartheid.

Tutto questo ha un nome e si chiama violenzaViolenza economica, perché solo il più forte prevale e schiaccia tutti gli altri. Violenza culturale, perché si diffonde odio razziale verso tutti coloro che vengono percepiti come diversi. Violenza fisica, perché armamenti sempre più costosi e sofisticati distruggono vite umane.

Opporsi a tutto questo, recuperare la capacità di indignarsi, progettare un mondo di pace e di giustizia per tutti è il nuovo impegno per la cultura e la pratica della nonviolenza.

Perché la nonviolenza, come la concepiva Aldo Capitini, non è soltanto il rifiuto di usare armi, di uccidere o ferire altri esseri viventi. Non è soltanto un’indispensabile testimonianza personale, ma un progetto politico, una visone di società.

Nonviolenza significa uguaglianza e fine di ogni tipo di discriminazione, inclusa quella di genere, significa aiutare chi è in difficoltà a risollevarsi, significa uno sviluppo economico sostenibile che viva in armonia con la natura, significa una democrazia che non ceda alla prepotenza delle maggioranze di turno, ma sia corroborata da esperienze di partecipazione diretta dei cittadini alla gestione della cosa pubblica, significa diritti e responsabilità.

E nonviolenza vuol dire anche battersi per una maggiore civiltà nel discorso pubblico, rispetto e considerazione per le opinioni diverse dalle proprie, valorizzazione di un confronto di idee libero e maturo. Vuol dire rifiutare il linguaggio di odio nelle relazioni tra le persone. Anche questo è un tema attuale perché stiamo purtroppo assistendo a una degenerazione di toni e modalità nel dibattito politico, dove l’avversario diventa un nemico da colpire anche a costo di inventare e diffondere notizie false sul suo conto, di coprirlo di insulti e minacce.

Per tutte queste ragioni, considero la lezione di Aldo Capitini più attuale che mai e ritengo importante che il suo pensiero e la sua esperienza di vita fossero conosciute e diffuse maggiormente soprattutto tra i giovani, nelle scuole e nelle università italiane.

Un’altra cosa dovremmo apprendere dalla biografia di Capitini ed è la capacità di resistere alle avversità, di saper vivere e agire secondo le proprie convinzioni anche quando questo significa andare controcorrente, con la forza delle idee.

Come diceva un’altra grande personalità della cultura democratica italiana, Altiero Spinelli, “il valore di un’idea, prima ancora che dal suo successo finale, è dimostrato dalla sua capacità di risorgere dalle proprie sconfitte”.


Mosaico di pace, rivista promossa da Pax Christi Italia e fondata da don Tonino Bello, si mantiene in vita solo grazie agli abbonamenti e alle donazioni.
Se non sei abbonato, ti invitiamo a valutare una delle nostre proposte:
https://www.mosaicodipace.it/index.php/abbonamenti
e, in ogni caso, ogni piccola donazione è un respiro in più per il nostro lavoro:
https://www.mosaicodipace.it/index.php/altri-acquisti-e-donazioni