A cura di Vincenzo Sanfilippo

 

Nel 1992, Pax Christi si chiedeva: “è possibile una risposta nonviolenta organizzata al crimine mafioso? 
Quali strategie, quali processi attivare perché la lotta nonviolenta giunga fino alle radici del potere mafioso?”.
Oggi riprendiamo una riflessione che ci sta ancora molto a cuore: lo sradicamento socio-economico e culturale delle mafie. 
Perché la criminalità organizzata è uno dei più dolorosi e permeanti conflitti sociali che mina le nostre comunità. 
E il silenzio è complice.

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Qualifica Autore: Sociologo, Comunità dell’Arca

Come uscire dal sistema socio-economico, oltre che culturale, delle mafie?
Per non essere più complici dobbiamo ritrovare voce e diventare strumento di riscatto e di comunità.

L’accostamento tra nonviolenza e contrasto alle mafie ha camminato come un fiume carsico: quando si nasconde, non muore ma si arricchisce di nuove falde per poi riemergere in tutta la sua potenzialità. 

Quali strategie nonviolente saranno in grado di affrontare la complessità della mafia per toglierle consenso? Strade possibili di smilitarizzazione dei nostri territori dalle violenze delle mafie.

Ci piace ripubblicare parte del documento conclusivo del convegno “Mafie e nonviolenza” che Pax Christi Italia e l’Osservatorio meridionale di Reggio Calabria hanno organizzato nel 1992. 

Il rapporto tra mafie, donne e nonviolenza: una lettura differente del contesto mafioso e un’originale capacità di trasformarlo.

Legami e connessioni tra pensiero femminista, pratiche dei movimenti delle donne e metodo nonviolento hanno radici lontane, se è vero che Gandhi dichiarava di avere appreso dalle suffragiste inglesi alcune forme di protesta nonviolenta.

Quale lavoro può svolgere uno psicoterapeuta in paesi ad alta densità mafiosa? È possibile ipotizzare percorsi di giustizia riparativa per i reati di mafia? Intervista a Giusy Cannizzaro.

Vogliamo partire dal leggere il fenomeno mafioso sotto il profilo psicologico e sociale e abbiamo rivolto alcune domande a Giusy Cannizzaro, psicologa e psicoterapeuta, che da anni si occupa dello studio del fenomeno mafioso con particolare interesse nei confronti delle ricadute psicologiche e sociali che colpiscono le comunità ad alta infiltrazione e le vittime dirette e indirette dei crimini mafiosi.

La costruzione di comunità di apprendimento come opportunità alternativa agli schemi educativi della pedagogia mafiosa: l’esempio dell’orto sociale.

Da qualche anno anche il mondo accademico italiano ha iniziato a porre attenzione al fenomeno delle mafie, sviluppando un panel d’iniziative e attività orientate sia alla formazione sia alla ricerca, registrando, contemporaneamente, anche un ampliamento dei saperi disciplinari interessati all’argomento. 

“Mio padre ha agito per amore, per amore dei suoi figli. Capiva che noi saremmo stati condannati e io voglio dare un seguito al suo percorso. La mafia la rompi solo da dentro”: storia del figlio di un pentito di mafia.

Si potrebbe dire di me: “Giuseppe è un bravo ragazzo, apparteneva a una famiglia mafiosa e ne è uscito”. In realtà non è così. Nella mia famiglia non si è mai parlato di mafia. La mafia non era un argomento di cui si parlava.


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