Quali politiche europee dietro la guerra alle Ong e alle operazioni umanitarie delle navi nel Mar Mediterraneo? Intervista a Fulvio Vassalli.

 

Nella complessa situazione dei migranti abbiamo individuato alcuni tasselli di una linea di fondo che vede chi arriva come una minaccia da respingere, salvo permetterne l'ingresso clandestino per l'immissione in circuiti di sfruttamento disumano. 

Ostacoli ai salvataggi in mare e lager alle frontiere delineano l'approccio all'immigrazione che caratterizza oggi la UE. L'esternalizzazione è un elemento fondamentale della strategia europea: fermare i migranti, almeno un gran numero di loro, nei centri ormai esplicitamente di detenzione e annientamento su tutti i confini della "Fortezza Europa". A Fulvio Vassallo, avvocato, componente della Clinica legale per i diritti umani presso l'Università di Palermo e di AADIF, attivo con varie Ong e LasciateCIEntrare anche sul terreno concreto della solidarietà ai migranti, abbiamo rivolto due domande specifiche. 

Quale è la politica del governo nei confronti delle navi delle Ong?

Possiamo rilevare che le navi umanitarie sono quasi tutte sottoposte a fermo amministrativo e che la Mare Jonio di Mediterranea è stata bloccata nell'attività di ricerca e soccorso perché risulterebbe non idonea. Si procede quindi nella stessa linea del fermo amministrativo inaugurata da questo governo dopo il periodo dei divieti d'ingresso in acque territoriali che hanno caratterizzato il governo giallo-verde con il ministro Salvini al Viminale. È una linea di continuità, purtroppo, perché sostanzialmente in questo momento non abbiamo navi di soccorso nel Mediterraneo centrale. Non ci sono le navi private, ma non ci sono neanche le navi degli Stati, maltesi o italiane, la Guardia costiera, la Marina militare. Abbiamo una grande quantità di persone che vengono bloccate dai libici – 9.000 quest'anno riportate indietro, anche da acque internazionali. E abbiamo tante persone abbandonate in mare, spesso abbandonate anche a morire. Sono più di 500. Purtroppo si perseguono politiche di morte che hanno già prodotto in passato migliaia di  vittime – più di 20.00 dal 1914 a oggi – e che in futuro continueranno a produrne, malgrado l'alternanza dei diversi governi.

Come valuta il nuovo "Patto su migrazione e asilo della Commissione europea"?

Innanzi tutto non si capisce se definirlo Patto o Piano. In realtà è un documento programmatico della Commissione europea che delinea gli indirizzi di impegno della medesima Commissione nei prossimi anni. Dovrebbe deliberare linee nuove, ma in realtà sono linee molto vecchie, che in qualche modo ripercorrono gli errori e la disumanità del Piano Junker del 2015, da cui derivò anche il pretesto per cominciare a criminalizzare le attività delle Ong. Questo Piano dovrà poi essere tradotto in regolamenti e direttive – con modifiche al Regolamento Dublino sulla competenza del primo paese d'origine per i richiedenti asilo e sulla revisione della Direttiva sui rimpatri del 2008, che dovrebbero essere riformulati secondo gli indirizzi contenuti nel Piano stesso. Sono attività che hanno impegnato per anni il Parlamento europeo e il Consiglio senza avere uno sbocco nella passata legislatura europea. Per il momento il Piano è un atto di indirizzo politico, peraltro già smentito nella sua vincolabilità da Orban e dai paesi Visegrad (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia) cui adesso si aggiungono regolarmente  l'Austria di Kurz e l'Olanda di Rutte, che contestano perfino quelle misure concessive che già erano passate al Parlamento europeo lo scorso anno prima dello scioglimento del Parlamento stesso. 

È un piano che pratica solidarietà per i rimpatri e per le misure repressive, cancella ogni forma di solidarietà per le politiche dell'asilo e omette completamente qualunque riferimento a canali legali per i migranti economici. Una direttiva del 2001 è stata definitivamente archiviata qualche anno dopo. E l'UE praticamente da 15 anni circa non affronta più la questione dei migranti economici. I ricatti dei paesi Visegrad cancelleranno ogni politica europea d'apertura, e l'accordo sarà una conferma che l'Unione Europea chiude le frontiere per i migranti legali, ma in realtà rimane ampiamente permeabile alle immigrazioni irregolari, sulle quali si fonda una buona parte dell'economia di diversi paesi europei. E provocherà un degrado della condizione di vita e della dignità di coloro che verranno a lavorare in Europa come migranti economici, che ben difficilmente potranno regolarizzare la loro posizione.

 

 

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LasciateCIEntrare

Nel sito https://dossierlibia.lasciatecientrare.it/ è pubblicato un dossier e un reportage fotografico sulla drammatica situazione cui sono costretti i migranti in Libia, tra detenzioni abusive e torture. Per seguire le attività, i videoreportage, gli approfondimenti della Campagna LasciaCIEntrare consigliamo di visitare la sua pagina facebook.

 

 

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La tratta dei migranti: l'inferno libico 

"800 dinari… 900, 1.100… è un ragazzone forte, adatto al lavoro nei campi … venduti per 1.200 dinari (pari a 800 dollari)"... dodici persone in pochi minuti. Uno sconvolgente  reportage di CNN ha documentato la tratta dei migranti, la vendita di esseri umani come schiavi, che è pratica diffusa in Libia. Arrivano, spinti da guerre, disastri ambientali e problemi di sopravvivenza, da tutta l'Africa, ma soprattutto da Niger (21%), Egitto (16%),Chad (16%), Sudan (13%) e Nigeria (8%); circa 600.000, secondo le ultime stime, di cui quasi 47.000 registrati presso la Commissione rifugiati Onu, dopo un viaggio massacrante nel deserto, in mano ai trafficanti, con il rischio alto di essere abbandonati a morire. E trovano … l'inferno. 

"La sofferenza dei migranti detenuti in Libia è un oltraggio alla coscienza dell'umanità", secondo l'Alto Commissario delle Nazioni Unite ai diritti umani. Detenuti senza o con scarso cibo e acqua in luoghi tanto sovraffollati che non possono stare tutti seduti a terra e  spesso privi della luce del sole e sottoterra, vengono sistematicamente torturati in modo crudele, picchiati per tempi prolungati, o a scopo di estorsione – molte volte in collegamento telefonico con i familiari, cui vien richiesto di pagare – o per puro esercizio di violenza e razzismo, fino alla morte. Le donne denunciano tutte violenze sessuali ripetute – ne sono vittime anche le bambine – e sono costrette a partorire in condizioni disumane, per veder spesso  morire di fame i loro bambini. Se sopravvivono, possono o essere venduti anche più volte o spinti a partire, magari per essere ripresi e riportati atrocemente indietro – in un micidiale "ciclo di abusi" . Ci sono più di 30 Centri ufficiali attivi, ma la situazione è talmente caotica per il conflitto civile che neanche di questi si sa con certezza da chi sono realmente controllati. Poi molti altri, in mano alle milizie o a privati dotati di bande armate. L'UNHCR entra solo in quelli ufficiali, e con molte restrizioni. La sua azione è molto poco incisiva e questa è una fortissima delusione per i detenuti: "Non hanno avuto il permesso di parlare con noi. Hanno portato cibo e altre cose – per esempio delle ciotole con la scritta ‘Oim'. Li ho visti solo una volta", "Sono venuti, ma non hanno fatto niente". Il conflitto in atto ha ulteriormente aggravato la situazione, intrappolando i migranti ed esponendoli a bombardamenti e uccisioni sommarie nei tentativi di fuga. 

Infinite ormai le testimonianze, i video. Nessuno può dire di non sapere. "Nonostante tutto questo, anche quest'anno l'Unione europea e i suoi Stati membri stanno portando avanti politiche che intrappolano decine di migliaia di uomini, donne e bambini in un circolo vizioso di crudeltà, dimostrando un cinico disprezzo per la loro vita e la loro dignità": in un durissimo comunicato Amnesty International, che ha prodotto anche un aggiornato e dettagliato dossier scaricabile sul sito – chiede con forza ai paesi dell'Unione Europea di "rivedere completamente la loro cooperazione con la Libia, condizionando ogni ulteriore forma di sostegno all'adozione di misure immediate per fermare le orribili violenze ai danni dei rifugiati e dei migranti, come ad esempio porre fine alla detenzione arbitraria e chiudere i centri di detenzione per migranti. Fino ad allora, nessuna persona soccorsa o intercettata in mare dovrebbe essere fatta tornare in Libia e, al contrario, dovrebbe essere fatta approdare in un porto sicuro".

 


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