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Dopo la pandemia costruiamo un'Italia nuova. A partire dalla sanità pubblica, dal welfare e dall'ambiente.

 

Di fronte a una pandemia che avrà ricadute drammatiche sul sistema economico e sul lavoro (nel 2020 il Pil è crollato del 9%), la politica italiana è chiamata a un vero e proprio "cambio di passo". Le politiche finora proposte si sono limitate però ad affrontare l'emergenza – pur con risorse cospicue, senza misurarsi con le questioni di fondo della qualità del modello di sviluppo sociale e ambientale del nostro paese.

Questa capacità progettuale è stata volutamente lasciata al 'Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza', la cui stesura – come ormai noto – sarà necessaria per ottenere i fondi del programma europeo "Next Generation EU" che varrà per l'Italia oltre 200 miliardi da impiegare in aree prioritarie per lo sviluppo. Si tratta di un'occasione importante per rovesciare il lento declino economico del paese e avviare una traiettoria di sviluppo all'insegna dell'espansione delle attività pubbliche e del welfare, della riduzione delle disuguaglianze, di nuove attività produttive ad alto contenuto di conoscenza e qualità del lavoro, nonché sostenibili sul piano ambientale.

Negli ultimi mesi la Campagna Sbilanciamoci! ha richiamato in diverse occasioni la necessità di una svolta nella politica economica e sociale dell'Italia: lo ha fatto con l'appello di aprile 2020 "In salute, giusta, sostenibile. L'Italia che vogliamo" – che ha avuto migliaia di adesioni; con il documento presentato in occasione degli "Stati Generali" promossi dal governo a giugno 2020; con il Rapporto sulla spesa pubblica e la legge di bilancio 2021 – la "Controfinanziaria" – pubblicato a dicembre 2020 (https://sbilanciamoci.info/la-controfinanziaria-2021-di-sbilanciamoci/). Tre sono, in particolare, gli ambiti di intervento con cui ripensare l'Italia dopo la pandemia.

Servizio sanitario

Il primo è la centralità del servizio sanitario nazionale pubblico che ha saputo svolgere un ruolo essenziale nella tenuta del paese durante l'emergenza. Occorre puntare a politiche di prevenzione e alla creazione di una rete di presidi socio-sanitari a livello territoriale, ridimensionando l'enfasi sulle prestazioni sanitarie e i grandi ospedali. Le disparità tra regioni vanno rapidamente ridotte perché nell'attuale sistema sanitario restano ancora forti disuguaglianze: le persone con livelli più bassi di istruzione, qualifiche e reddito si ammalano di più e muoiono prima degli altri. Un'assistenza sociale e sanitaria ugualitaria avrebbe, del resto, il vantaggio di ridurre in modo significativo anche i costi della sanità pubblica.

Il secondo ambito riguarda il rafforzamento del sistema di welfare e dei servizi pubblici universali: lo stato sociale non dovrebbe essere visto come un 'costo' ma come un sistema di produzione di beni pubblici essenziali a uno sviluppo sostenibile e alla riduzione delle disuguaglianze. Occorre allora riconoscerne il ruolo fondamentale e rifinanziare in modo adeguato l'azione pubblica in questi campi, rafforzando – e in alcuni casi creando – le infrastrutture sociali, con investimenti nella sanità, nella scuola, nell'università e ricerca, nella previdenza e nell'assistenza. La pandemia ha mostrato i punti deboli del welfare italiano: l'inadeguata copertura universale, l'insufficiente tutela del reddito delle persone più povere e marginali, l'assenza di servizi sociali, tutti ambiti su cui occorrono cambiamenti profondi. Dati i limiti delle risorse pubbliche, l'espansione del welfare italiano deve andare in parallelo a un ridimensionamento di altri ambiti, in particolare la spesa militare, che dovrebbe essere portata sotto la soglia dell'1% del Pil, riconvertendo l'industria bellica e liberando risorse per le attività sociali e sanitarie essenziali. L'emergenza ha inoltre messo in luce in modo drammatico l'impatto della pandemia sulle vite quotidiane dei giovani e delle donne: dall'inizio della crisi sono state le categorie più fragili a pagare il prezzo più alto – in termini di perdita di occupazione, riduzione degli orari di lavoro e difficoltà nel trovare un nuovo impiego – perché spesso impiegati in lavori precari o nei settori più colpiti dall'emergenza. Da febbraio a dicembre 2020, le donne occupate sono diminuite più dei maschi sia in termini relativi che assoluti (-2,7%, circa 270 mila unità in meno, contro -1,2% dei maschi, circa 160 mila in meno); nella fascia d'età tra i 15 e i 24 anni, gli occupati sono crollati di oltre il 13% (-140 mila, rispetto al -1,8% totale).

Cambiamento climatico

La pandemia ha mostrato, infine, l'urgenza di affrontare i rischi concreti del cambiamento climatico. L'economia dovrà basarsi sempre più su prodotti, servizi, processi e modelli organizzativi capaci di utilizzare meno energia, risorse naturali e territorio e avere effetti minori sugli ecosistemi e sul clima. Nel 2020 – a seguito degli interventi di riduzione della mobilità – c'è stata una riduzione complessiva delle emissioni di anidride carbonica, un calo dovuto soprattutto alla riduzione delle emissioni nei trasporti; tale andamento dovrebbe essere quantomeno mantenuto costante nei prossimi anni per contrastare in modo efficace il cambiamento climatico; c'è invece evidenza che le emissioni siano tornate rapidamente ai livelli del 2019 negli ultimi mesi dell'anno (www.adnkronos.com/emissioni-co2-in-calo-nel-2020-ma-potrebbero-aumentare).

L'attesa ripresa dell'economia potrebbe portare nei prossimi anni a una considerevole risalita delle emissioni e molto dipenderà – appunto – dalle politiche che verranno realizzate dai governi. Inoltre, la distribuzione dei vantaggi e dei costi fra i gruppi sociali che scaturirà dai cambiamenti previsti dalla transizione ecologica dovrà essere accompagnata da adeguate politiche di aggiustamento, a partire da una maggiore tutela del lavoro, con un ruolo cruciale per i governi nella gestione dei processi di cambiamento e il rafforzamento degli ammortizzatori sociali per le categorie più coinvolte nella transizione.

In questi tre ambiti – sanità, welfare, ambiente – dovrebbero essere indirizzate risorse e investimenti pubblici, garantendo una maggiore – e diffusa – appropriazione sociale del valore realizzato nella società e valorizzando al contempo le capacità produttive del nostro paese, creando nuove opportunità di lavoro per i giovani, le donne e nel Mezzogiorno. La spinta all'uso delle tecnologie digitali dovrebbe essere diretta verso questi obiettivi, preservando e rinforzando beni pubblici come l'ambiente, la salute, l'istruzione, lo sviluppo del welfare, le quali – come ci ricorda Elior Ostrom – rappresentano "risorse comuni" che dovrebbero "essere gestite, monitorate e protette, per garantirne la sostenibilità e la preservazione" (dall'introduzione al libro "La conoscenza come bene comune. Dalla teoria alla pratica", a cura di E. Ostrom e di C. Hess, Bruno Mondadori 2009. Parte dell'introduzione si può leggere qui: https://sbilanciamoci.info/la-conoscenza-come-bene-comune-13977/).

È ad esempio verso produzioni di questo tipo che dovrebbero essere riconvertite le produzioni a più bassa produttività e qualità sociale, come l'industria delle armi che alimenta nuovi conflitti, o le produzioni ambientalmente insostenibili – che in Italia continuiamo a sussidiare con quasi 20 miliardi di incentivi.

Come propone da tempo la Campagna Sbilanciamoci!, la politica economica dovrebbe portare avanti una revisione complessiva della spesa pubblica, imponendo una forte discontinuità con le scelte del passato. Qualsiasi piano di sviluppo, a partire proprio dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, dovrebbe prevedere una strategia di politica industriale – di rilancio del sistema produttivo – in grado di avviare una trasformazione profonda dell'economia, con un chiaro indirizzo politico verso la produzione nelle aree delle tecnologie digitali, della sostenibilità ambientale, del welfare, delle attività assistenziali e della salute, coniugando economia, nuovo lavoro e obiettivi di sostenibilità: per rimettere in piedi l'economia e creare le basi per uno sviluppo diffuso sul territorio, creando – e proteggendo – lavoro e reddito dove c'è più bisogno.

 

 

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La raccolta di firme è qui: https://sbilanciamoci.info/firma-anche-tu-per-unitalia-in-salute-giusta-e-sostenibile/. Si veda anche l'ebook "In salute, giusta, sostenibile. Ripensare l'Italia dopo la pandemia" che raccoglie 49 contributi pubblicati su www.sbilanciamoci.info tra maggio e i primi di luglio 2020 sull'analisi delle conseguenze economiche e sociali della pandemia, gli scenari, le prospettive e le proposte concrete per il futuro (https://sbilanciamoci.info/in-salute-giusta-sostenibile-ebook-sbilanciamoci/).

 

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Sbilanciamoci! ha curato nel 2020 il Rapporto sull'eliminazione dei Sussidi Ambientalmente Dannosi, con dati, analisi e proposte per la loro eliminazione entro il 2025. https://sbilanciamoci.info/come-eliminare-i-sussidi-ambientalmente-dannosi/.