Tra guerre e ricatti, la guerra senza fine che opprime il popolo sahrawi.
Una guerra che non ha dovuto aspettare l'invasione russa dell'Ucraina per essere oscurata è quella del Sahara Occidentale, solitamente ignorata benché sia al centro di uno straordinario gioco di interessi politici ed economici europei e di violazioni massicce dei diritti fondamentali. A rilanciare la questione saharawi è intervenuto a fine marzo il premier spagnolo Sanchez (Psoe).
Con una mossa non concordata con la coalizione di governo che vede Unidas Podemos accanto ai socialisti del Psoe, Sanchez ha sostenuto il Piano di autonomia avanzato nel 2007 dal Marocco per risolvere la questione della decolonizzazione del Sahara Occidentale, come proposta "seria e credibile". Per comprendere il significato del gesto di Sanchez bisogna fare un passo indietro.
Decolonizzazione
Il Sahara Occidentale è nella lista dell'Onu dei territori da decolonizzare fin dal 1963, quando era ancora una colonia spagnola e successivamente invaso e occupato per i 2/3 dal Marocco a partire dal 1975. Il Fronte Polisario, che si batte per l'indipendenza e la fine dell'occupazione, è stato in guerra con Rabat (capitale del Marocco) fino al 1991, quando un accordo, sotto l'egida dell'Onu, ha stabilito un cessate il fuoco e una procedura per un referendum di autodeterminazione, inviando a questo scopo una missione di Caschi blu (Minurso).
Nel 2007 Rabat avanza una proposta diversa, che non prevede l'opzione dell'indipendenza, ma solo una autonomia regionale sotto la sovranità della monarchia marocchina. Madrid, come il resto dell'Unione Europea, era rimasta formalmente favorevole al referendum di autodeterminazione, anche se il Consiglio di Sicurezza aveva accolto la proposta di autonomia come segnale di "sforzi seri e credibili" da parte del Marocco.
L'inattesa decisione di Madrid si comprende alla luce del ricatto che il Marocco esercita da sempre nei confronti dell'UE, e della Spagna in particolare, a proposito delle migrazioni.
In occasione di crisi politiche, come accordi commerciali, finanziamenti, questione sahrawi, ecc, Rabat usa i migranti come strumento di ricatto. L'ultima volta lo ha fatto nel maggio dello scorso anno quando ha letteralmente scaraventato migliaia di migrati, minori compresi, oltre le barriere di Ceuta, l'enclave spagnola sulla costa mediterranea del Marocco, in risposta all'ospitalità del leader del Polisario Brahim Ghali, malato di Covid-19, in un ospedale spagnolo. Ne è seguita una crisi diplomatica con cui Rabat ha mantenuto Madrid sotto costante ricatto, fino alla dichiarazione di Sanchez che l'ha giustificata col fatto che Rabat in contropartita avrebbe accettato la sovranità spagnola sulle enclave di Ceuta e Melilla, da sempre rivendicate dal Marocco perché sono sul suo territorio e vestigia anacronistiche di un impero coloniale che non esiste più. A suggellare l'intesa, Sanchez ha, poi, compiuto una visita in Marocco ed è stato ricevuto da Mohammed VI. Ma la crisi attorno al Sahara Occidentale non è finita.
Resistenza armata
In primo luogo, il Marocco ha rotto nel novembre 2020 il cessate il fuoco, occupando una porzione di no man's land al confine tra il Sahara Occidentale e la Mauritania. Il Polisario ha dunque ripreso la resistenza armata, individuando come obiettivo il "muro della vergogna" che divide in due il Paese da nord a sud, delimitando la zona occupata dall'esercito di Rabat. Questa situazione ha accentuato le tensioni nella regione e ha indotto l'Algeria alla rottura delle relazioni diplomatiche con il Marocco in un crescendo di mosse e contromosse tra i due Paesi. Nel novembre scorso l'Algeria ha deciso di disattivare il gasdotto che la collega alla Spagna passando per il Marocco per privarlo del gas. A Madrid continua a fornire gas attraverso un altro gasdotto che lega direttamente i due Paesi, ma che, per il momento, fornisce solo la metà di quanto esportato in precedenza.
Il gas
L'invasione russa dell'Ucraina ha posto il gas, e in modo particolare il Mediterraneo, al centro dell'interesse mondiale. Per liberarsi dalla dipendenza dal gas russo, l'Europa è in cerca di nuovi partner. L'Italia ha sollecitato l'Algeria, la Nigeria, l'Angola, la Repubblica del Congo, il Mozambico e l'Egitto ad aumentare le forniture. Con la sola eccezione dell'Algeria, a cui ci lega un gasdotto che passa attraverso la Tunisia, il gas naturale liquefatto arriverà via nave approdando nel Mediterraneo. Poiché notoriamente il gas non olet, l'Italia non si è posta il problema dello stato della democrazia in questi Paesi.
Intanto la Spagna, per far risaltare i buoni rapporti ritrovati, ha promesso al Marocco di fornirgli gas, suscitando l'irritazione dell'Algeria che ha intimato a Madrid di non convogliare gas algerino. Il Marocco da parte sua sta cercando diversi partner per aggirare l'embargo del gas algerino, e sta discutendo con la Nigeria di un possibile gasdotto che, in tempi non ancora certi, attraverserebbe il Sahara Occidentale occupato. L'Algeria si sta muovendo nella stessa direzione con un progetto concorrente, ma l'eventuale gasdotto non attraverserebbe i territori occupati del Sahara Occidentale. Quest'ultimo, nel frattempo, è approvvigionato via nave attraverso il terminale di El Aiun; i maggiori fornitori sono stati, lo scorso anno, Olanda e Stati Uniti. Da parte sua il Marocco continua a lanciare appelli internazionali per la ricerca di idrocarburi al largo delle coste sahrawi.
Quella delle acque del Sahara Occidentale è una questione che da lungo tempo investe Marocco e l'Europa in particolare. Poiché l'agricoltura e la pesca sono di competenza comunitaria, l'UE stipula regolarmente accordi col Marocco per autorizzare i pescherecci dei Paesi membri a operare nelle sue acque. Poiché la costa sahrawi è pescosissima, sistematicamente in questi accordi il Marocco include le acque sahrawi, anche se non ne ha il diritto. Da dieci anni il Polisario ricorre al Tribunale e alla Corte dell'UE contro questi accordi e le sentenze gli danno ragione poiché affermano che quelle acque non appartengono al Marocco. Ma l'UE ignora le sentenze della propria giustizia, nell'indifferenza dei Paesi che, Spagna in particolare, trovano il loro tornaconto, alla faccia dell'Europa dei diritti.
Il Marocco
Chi ignora nella maniera più assoluta i diritti dei sahrawi è naturalmente il Marocco. Non solo Rabat si rifiuta di prendere in considerazione il diritto all'autodeterminazione dell'ultima colonia africana, ma impedisce ai nazionalisti sahrawi di esprimere il loro dissenso. Le proteste e le manifestazioni, tutte rigorosamente pacifiche e nonviolente, vengono represse con brutalità. Decine di detenuti politici marciscono nelle carceri marocchine a seguito di arresti brutali, torture e processi senza garanzie. La persecuzione e le violenze contro gli attivisti e soprattutto le attiviste sahrawi fin nelle proprie case è sistematica come denunciano da anni le organizzazioni internazionali per i diritti umani.