Editoriale

Applausi! Tanti applausi. Mattarella è stato interrotto più di 50 volte dalle standing ovation dei parlamentari durante il suo discorso di insediamento, lo scorso 5 febbraio. Un'incoronazione, ha detto qualcuno. Applausi. Per il personale sanitario morto durante il Covid-19, per le giovani vittime sul lavoro, per l'impegno contro la mafia, per la riforma della giustizia, per Monica Vitti e poi per le declinazioni sulla dignità.

Applausi in piedi, anche per papa Francesco. Applausi per le sue parole ferme e semplici in TV, nel corso dell'intervista di Fazio in "Che tempo che fa". Applausi proprio a lui che da sempre denuncia le guerre. Applausi quando parla del diritto al perdono. Applausi quando denuncia come "criminale" il trattamento riservato ai migranti e come "grande ipocrisia" le parole di pace di chi non ferma il commercio delle armi ai Paesi in guerra.

Certo, a rileggere oggi il discorso di insediamento del presidente Mattarella e a riascoltare papa Francesco qualcosa non torna. Applausi, certo. E poi? Bisognerebbe ricordare ai parlamentari e a molti uomini delle istituzioni, a chi frequenta i palazzi del potere e a chi ha assunto certe decisioni nel recente passato e continua a navigare nella direzione esattamente contraria a quelle parole, che stanno applaudendo la propria ipocrisia.

Il conflitto tra Ucraina e Russia entra in una fase di alta tensione nei giorni in cui andiamo in stampa e nessuno è in grado di prevedere cosa accadrà nelle prossime settimane. Ma è certo che la Costituzione che ci è stata ricordata dal Presidente prevede che noi giochiamo un altro ruolo rispetto all'invio al fronte della nostra quota parte di esercito e di armi.

L'Europa della cooperazione e del dialogo è fin troppo succube della Nato e di chi, all'interno di essa ha l'ultima parola. E come può spingere alla comprensione chi è schierato dalla parte di una delle due forze in campo? E come si fa a chiedere pace muovendo le pedine della guerra?

"Non possiamo accettare che ora, senza neppure il pretesto della competizione tra sistemi politici ed economici differenti, si alzi nuovamente il vento dello scontro; in un continente che ha conosciuto le tragedie della Prima e della Seconda guerra mondiale". Presidente, lo dica ancora. Ci provi ancora. La pace è incompatibile con lo scontro armato. La pace è una Politica, non un'idea.

La guerra – aggiunge papa Francesco all'unisono con Mattarella – è purtroppo sempre al primo posto. Viene prima, conta di più, rende di più della vita delle persone. Gli affari e gli interessi che muovono una guerra sono alti, ci ricorda Francesco. "C'è come un antisenso della creazione, per questo la guerra sempre è distruzione. Per esempio, lavorare la terra, curare i figli, portare avanti una famiglia, far crescere una società: questo è costruire. Fare la guerra è distruggere. È un meccanismo di distruzione: avere più potere…".

Tutti applaudono. A Mattarella come a Bergoglio. Ma poi la politica, quella con la p minuscola, volta pagina e prosegue come se nulla fosse sulla via dei respingimenti e della guerra.

Sarebbe troppo chiedere un minimo di coerenza? Per fermare l'emorragia della violenza sulle donne e dei morti di lavoro, delle disuguaglianze e del razzismo. "Le diseguaglianze non sono il prezzo da pagare alla crescita. Sono piuttosto il freno per ogni prospettiva reale di crescita. Nostro compito – come prescrive la Costituzione – è rimuovere gli ostacoli". Applausi da tutto l'emiciclo, annota il verbale. E tutti ci saremmo aspettati che dal giorno dopo, pancia a terra, senatori e deputati si impegnassero in questa opera di rimozione. Al contrario pare si sia riaperto il sipario del teatrino delle tattiche finalizzate alla raccolta del consenso e non della traduzione della Costituzione in politiche efficaci. Ma noi non perdiamo la fiducia e la speranza. Queste pagine stanno saldamente dalla parte di chi vuol far giungere il grido dei lager libici e delle popolazioni ucraine, haitiane, etiopi, congolesi, birmane... all'orecchio dei rappresentanti dei cittadini italiani ed europei e persino a quelli delle Nazioni Unite. Con papa Francesco siamo radicati nella convinzione che sarà quel grido a convertire gli applausi in agende politiche coerenti ed efficaci di pace.

 

 


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