La crisi dell'energia, i danni all'ambiente e le rinnovabili: la proposta delle comunità energetiche.
Il tema delle comunità dell'energia e, in particolare, dell'energia rinnovabile (CER) è oggi di discreta attualità. Vi sono esperienze avviate o in preparazione in diverse parti d'Italia; personalmente ne sto seguendo alcune nel Piemonte occidentale.
Definizione
Conviene chiarire, prima di qualsiasi dettaglio tecnico o amministrativo, quale sia, o dovrebbe essere, l'obiettivo principale di questa formula. La definizione più generale di “comunità dell'energia” è quella di gruppo di utenti finali (famiglie, imprese, pubbliche amministrazioni, associazioni) che si uniscono per procurarsi da sé, nel territorio in cui operano, l'energia di cui hanno bisogno, usando fonti “rinnovabili” locali. Questa impostazione corrisponde a una produzione di energia da impianti (non particolarmente grandi) distribuiti sul territorio, piuttosto che da poche megacentrali, quale che sia la fonte. La logica interna di una comunità non è quella di mercato: i soci si preoccupano di soddisfare, collaborando, il proprio fabbisogno, non di fare utili. Se, dunque, le CER prendono piede e si generalizzano, l'autoproduzione diffusa toglie spazio al mercato dell'energia; i grandi operatori debbono così in larga misura riconvertirsi.
Questo aspetto della transizione non è particolarmente gradito alle imprese specializzate del settore che, anche quando si ammantano di green e di sostenibilità, hanno come obiettivo quello di massimizzare gli utili vendendo sempre più energia: il che è fisicamente insostenibile, a prescindere dalla natura della fonte che si mira a utilizzare.
La normativa
Lasciando quanto sopra sullo sfondo, veniamo al punto. Oggi abbiamo una normativa che promuove la costituzione di CER e altre forme di aggregazione simili, come i gruppi di autoconsumatori che agiscono collettivamente (AUC) all'interno di uno stesso condominio. È comunque il caso di precisare che per costituire una comunità dell'energia non c'era né c'è bisogno di una legge ad hoc. In realtà era da sempre possibile costituirsi in una delle varie forme previste dal Codice Civile, solo che poi ci si doveva confrontare coi meccanismi di mercato, senza tutele né incentivi, con un'elevata probabilità di finire “strangolati” dagli operatori maggiori che con offerte ad hoc non ci metterebbero nulla a dividere i volonterosi associati e porre fine a ogni velleità.
Oggi c'è un quadro normativo favorevole promosso da direttive europee (in primo luogo la RED II); da leggi regionali (la prima approvata in Piemonte nell'agosto 2018); dalla legge nazionale 8/2020 nel suo articolo 42bis; dal decreto legislativo D. Lgs 199/2021 che recepisce la direttiva europea RED II, che è stato pubblicato il 15 dicembre 2021 e di cui è imminente la piena operatività.
Come funziona?
In concreto, un gruppo di utenti finali, del tipo già menzionato, dà vita a un soggetto giuridico (semplice associazione “non riconosciuta”, oppure cooperativa o consorzio). Gli operatori dell'energia sono esclusi perché la comunità, per legge, non deve avere fini di lucro, ma possono legarsi contrattualmente alla CER per realizzare o gestire per suo conto degli impianti al servizio del gruppo.
Un requisito necessario è che tutti i soci siano collegati alla stessa cabina della rete pubblica di distribuzione dell'energia elettrica. In base all'art. 42bis, il riferimento è alla cabina secondaria, cioè a un trasformatore da media a bassa tensione: con questo vincolo l'ambito territoriale è piuttosto ristretto di modo che le corrispondenti possibili CER sono piccole (negli esempi concreti si sta intorno alla decina di contatori). Con la piena funzionalità della nuova normativa (DLgs 199) si passa alla stessa cabina primaria (trasformatore da alta a media tensione) così l'ambito territoriale è decisamente più ampio, e in una stessa CER, se non si considerano le città, possono convergere anche utenze che si trovano materialmente entro i confini di comuni contigui ma diversi.
Un altro vincolo è che il gruppo deve disporre (in proprietà oppure avendolo contrattualmente a disposizione) di almeno un impianto di produzione da rinnovabili “nuovo” cioè allacciato alla rete dopo la data di entrata in vigore della norma (1° marzo 2020 oppure 15 dicembre 2021). Ogni singolo impianto non deve avere una potenza di picco superiore ai 200 kWp (nel caso del 42bis), ma la stessa comunità può avere a disposizione più di un impianto. Col DLgs 199 il limite superiore sale a 1 MWp per impianto e inoltre diviene possibile asservire alla comunità anche degli impianti “vecchi” purché la loro potenza non sia più del 30% di quella complessiva a disposizione della CER.
Soddisfatti questi requisiti e comunicati al Gestore dei Servizi Energetici (GSE) i parametri relativi alla CER, il GSE leggendo i contatori (oppure usando profili standard di utenza) verifica quando vi è corrispondenza temporale entro la stessa ora tra produzione dello o degli impianti della CER e consumo da parte di qualcuno dei soci e provvede ad accreditare alla CER stessa: 1) un rimborso pari a circa 8€/MWh così scambiato, a titolo di rimborso per non aver corrispondentemente gravato sulla rete di distribuzione ad alta tensione; 2) una tariffa incentivante pari a 110€/MWh scambiato. Sta poi alla CER stabilire come ridistribuire tra i soci questi ristori. Nel caso degli AUC, che si costituiscono non in soggetto giuridico, bensì stipulano e firmano semplicemente una scrittura privata tra di loro, la tariffa incentivante è un poco più bassa: 100€/MWh scambiato. Se la CER (o l'AUC) si organizza in modo da massimizzare lo scambio ora per ora, cioè la corrispondenza oraria tra produzione e consumo di energia, riesce anche a ottimizzare il ritorno dell'incentivo.
Risparmi
È, poi, ancora il caso di precisare che i consumi delle utenze elettriche collegate direttamente a valle dell'inverter (il dispositivo che trasforma la corrente da continua ad alternata) ma a monte della connessione in rete dell'impianto (o degli impianti) della CER, quando soddisfatti dallo stesso impianto, non rientrano in nessuna bolletta e quindi in ogni caso c'è il non trascurabile risparmio derivante dall'uso diretto dell'energia lì prodotta. Questo fa sì che sia comunque conveniente realizzare un nuovo impianto, in quanto i tempi di recupero dell'investimento sono oggi ragionevolmente brevi.
In generale, comunque la norma dice che i soci della comunità conservano le loro prerogative di utenti finali. In concreto, ogni socio continua ad acquistare da qualche operatore commerciale l'energia che assorbe e di conseguenza a pagare la bolletta, con annessi oneri di trasporto e di sistema. Senonché, quando il GSE constata che una parte di quell'energia era virtualmente scambiata all'interno della CER, provvede ad accreditare al gruppo i corrispettivi menzionati prima.
Questo particolare doppio regime è visibilmente orientato a tutelare gli operatori commerciali più che i soci della CER, in quanto procedendo come dice la norma il socio della comunità finisce per pagare a tariffe commerciali anche una quota di energia che il venditore non ha prodotto, salvo ricevere poi quota-parte della tariffa incentivante riconosciuta dal GSE. Una volta che quest'ultimo avesse misurato l'entità dello scambio potrebbe invece comunicarla al distributore locale per far sì che l'energia scambiata venisse semplicemente tolta dalla bolletta, così il risparmio per l'utente sarebbe più consistente (essendo a prezzi di mercato) e lo Stato risparmierebbe il denaro degli incentivi e potrebbe più proficuamente destinarlo ad altre forme di investimento nel campo dell'efficienza energetica e della riconversione ecologica. Comunque sia, conviene promuovere delle CER dovunque possibile, perché così facendo si stimola la responsabilizzazione di fronte ai problemi dell'energia e si aiuta lo sviluppo di un approccio di comunità.
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Per approfondire
Angelo Tartaglia ha scritto, tra le altre sue opere,
Clima: Lettera di un fisico alla politica, ed Gruppo Abele, 2020
La luna e il dito. Viaggio di un fisico tra scienza e fede, 2009