Qualifica Autore: Coordinatrice operativa del progetto Sciabaca&Oruka https://sciabacaoruka.asgi.it/

Il Niger è sempre più spesso Paese di transito tra l'Africa occidentale, l'Africa del Nord e l'Europa. Un ricorso contro il traffico illecito di migranti.

 

Alla fine di maggio del 2022, l'Associazione Maliana delle persone Espulse (Ame) e Alarm Phone Sahara hanno depositato presso gli uffici di Abuja della Corte di Giustizia dell'Ecowas (o Cedeao: Comunità Economica degli Stati dell'Africa Occidentale) un ricorso contro la legge n. 36 del 2015 della Repubblica del Niger.

In che modo questa azione giudiziaria, avvenuta a oltre cinquemila chilometri di distanza dall'Italia, parla alla nostra vita politica? Proviamo a ripercorrere le vicende che hanno condotto a questa azione per comprendere il contesto e le motivazioni che l'hanno resa necessaria.

La legge N. 36 del 2015

In primo luogo, occorre accennare ai contenuti della legge n. 36. Si tratta della legge "relativa al traffico illecito di migranti" (consultabile anche nella traduzione italiana a cura di Asgi) che è stata adottata nel maggio del 2015 e implementata a partire dal febbraio dell'anno successivo. Secondo quanto si legge all'art. 1 della norma, questa sarebbe stata adottata allo scopo di "prevenire e combattere il traffico illecito dei migranti" e di "proteggere i diritti dei migranti oggetto di traffico illecito". Nonostante quest'ultimo obiettivo, l'attuazione della legge ha provocato un grave aumento delle violazioni dei diritti delle persone migranti all'interno del Paese. La retorica della necessità di perseguire i trafficanti e di proteggere i migranti, in Niger, come in molti altri Paesi di transito, è utilizzata per contenere il passaggio di persone straniere dirette verso i Paesi del Nord.

Il Niger è stato per diversi anni Paese di transito per eccellenza per le persone che dall'Africa occidentale si spostavano verso l'Africa del Nord, principalmente dirette in Libia e Algeria, e che da lì, in alcuni casi, si imbarcavano per l'Europa. In numerosi documenti diplomatici, nelle relazioni e progetti degli attori che si occupano di governance delle migrazioni, il Niger è considerato parte della cosiddetta "rotta del Mediterraneo centrale". Bloccare il passaggio dal Niger voleva dire, quindi, prosciugare la rotta nei pressi della fonte.

A partire dal 2015, il Paese è stato al centro delle attenzioni dell'Unione Europea che ha fatto ricorso a strumenti economici e diplomatici per assicurarsi la sua collaborazione nel controllo delle migrazioni.

L'efficacia della legge nel creare un argine alle migrazioni è dovuta in buona misura alla lampante violazione del diritto alla libera circolazione di cui dovrebbero godere i cittadini e le cittadine di Paesi membri dell'Ecowas. La Comunità si fonda infatti sul presupposto che lo sviluppo dei Paesi membri sia possibile grazie a una progressiva integrazione regionale da attuarsi attraverso la libera circolazione di beni e persone sancita in una serie di protocolli approvati a partire dal 1979.

La legge n. 36 è stata attuata fondamentalmente attraverso l'aumento dei controlli – lungo le frontiere e lungo le principali assi di mobilità del Paese – con la repressione dei tentativi di spostamento a Nord della città di Agadez, creando nei fatti un nuovo confine interno. Questi due meccanismi di dissuasione del transito hanno comportato numerose violazioni dei diritti delle persone migranti. Nell'ambito dei controlli effettuati dalle autorità di pubblica sicurezza, sono richiesti in maniera sistematica requisiti aggiuntivi rispetto a quelli previsti dalla normativa e il pagamento di cifre comprese tra 15 mila e 20 mila euro. Tali controlli hanno dato luogo a violenze, detenzione arbitraria, respingimenti illegali e, in alcuni casi, a tortura.

La situazione ad Agadez è ugualmente problematica: a partire dal 2016 si è assistito a una forte criminalizzazione delle persone migranti che, per paura di essere fermate o arrestate, si trovano costrette a vivere in ghetti alla periferia della città. Intraprendere il viaggio verso la Libia e l'Algeria è sempre più rischioso e costoso. Se fino al 2015 i convogli diretti a nord partivano regolarmente e si aveva chiara la percezione che si trattasse di un'attività legale, con tanto di "fogli di viaggio" indicanti il numero di passeggeri, il nome del conducente e i riferimenti del veicolo, a seguito dell'attuazione della legge, la situazione è drasticamente cambiata. Le rotte si sono moltiplicate per evitare i posti di blocco situati sulle vie che collegano Agadez a Dirkou e ad Assamaka e seguono percorsi estremamente pericolosi. Le vetture che intraprendono la traversata sono generalmente di piccole dimensioni, partono sole e generalmente di notte, quando i controlli sono ridotti. Queste circostanze aumentano il rischio di perdersi e di prolungare il viaggio oltre il necessario. I costi sono ugualmente aumentati: l'importo medio è attualmente di circa 500 mila franchi Cfa (nome di due valute comuni ad alcuni Paesi africani) a fronte dei 150 mila richiesti prima del 2015.

Unione Europea

La legge 36 del 2015 è da collocarsi all'interno di una più ampia strategia di contenimento della mobilità che ha visto l'UE impegnarsi in Niger con progetti per contrastare le migrazioni per oltre 288 milioni di euro tra il 2014 e i 2020 e aiuti umanitari legati alla gestione delle migrazioni di oltre 247 milioni nel medesimo periodo. Inoltre, l'UE ha impegnato 716 milioni di euro nell'ambito del Fondo europeo di sviluppo per il Programma indicativo nazionale per il Niger, compreso il sostegno diretto al bilancio.                 

L'Italia in questi anni ha avuto un ruolo fondamentale all'interno di questa strategia: tra il 2015 e il 2022 ha finanziato 35 progetti con oltre 115 milioni di euro, secondo quando tracciato nell'inchiesta The Big Wall. Nell'ottobre del 2020, l'Italia ha poi elaborato una "Strategia migratoria per il Niger". L'impegno economico e politico italiano è stato costante nel corso degli anni, con il finanziamento di progetti di natura diversa: programmi di rimpatrio delle persone bloccate in Niger; programmi di assistenza umanitaria delle persone rifugiate; progetti di sostegno al governo del Niger per il rafforzamento delle capacità di "border management" attraverso la formazione e la fornitura di materiali e attrezzature "non letali".

Queste operazioni hanno trasformato il Niger da luogo di transito a luogo di ristagno della mobilità. La strategia europea e italiana, sebbene non abbia fermato il transito e abbia esposto a più rischi le persone migranti che attraversano il Paese, ha avuto di certo un importante impatto sui flussi migratori: se nel 2016 erano 333.891 persone ad attraversare il confine del Niger verso la Libia e, in parte, verso l'Algeria, nel 2018 questo numero si era ridotto a 43.380 persone.

La rete transnazionale

Nel febbraio del 2020 l'Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione, insieme ad alcune organizzazioni nigeriane, ha organizzato un convegno a Lagos sulle politiche di esternalizzazione. È in quella circostanza che il professor Ibrahim Mukhtar della Nile University nella capitale Abuja ha prospettato la possibilità di ricorrere alla Corte di giustizia della Cedeao contro le limitazioni alla libertà di circolazione causate dalle politiche di esternalizzazione delle frontiere dell'Unione Europea.

A partire da questa proposta si è avviato un lavoro di riflessione giuridica e raccolta delle informazioni sugli effetti della legge numero 36 che ha coinvolto organizzazioni e docenti di diversi Paesi dell'Europa e dell'Africa occidentale. Alarm Phone Sahara e l'Associazione maliana delle persone espulse sono state le promotrici dell'azione legale promossa contro la legge in difesa dell'interesse collettivo alla libertà di circolazione e dei diritti dell'intera comunità delle persone migranti. Le due associazioni sono state sostenute da un gruppo di giuristi e ricercatori di Asgi, della clinica legale della Nile University e dell'Organizzazione mondiale contro la tortura. Si tratta di una azione innovativa, che chiede alla Corte di giustizia di prendere posizione in relazione a uno dei valori fondanti della Comunità – la libertà di circolazione – sempre più schiacciato da una retorica che vede migrazioni e attività criminali come fenomeni sovrapponibili soggetti alle medesime iniziative punitive. Il ricorso è attualmente pendente e nei prossimi mesi si conoscerà il suo esito. Un eventuale riconoscimento da parte della Corte delle violazioni determinate dall'implementazione della legge potrebbe contribuire a mettere in discussione i meccanismi di esternalizzazione delle frontiere in Africa occidentale.

 

 

====================

Nel maggio del 2015 la Repubblica del Niger approvava, a seguito delle pressioni dell'Unione Europea, la legge relativa al traffico illecito di migranti: una legge che, dalla formulazione all'attuazione, ha gravemente compromesso il diritto alla libera circolazione all'interno dell'area Ecowas (Economic Community of West African States, La Comunità economica degli Stati dell'Africa Occidentale) e ha determinato la sistematica violazione dei diritti umani delle persone migranti nel Paese.

Fonte: Asgi – Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione, www.asgi.it

 

 


Mosaico di pace, rivista promossa da Pax Christi Italia e fondata da don Tonino Bello, si mantiene in vita solo grazie agli abbonamenti e alle donazioni.
Se non sei abbonato, ti invitiamo a valutare una delle nostre proposte:
https://www.mosaicodipace.it/index.php/abbonamenti
e, in ogni caso, ogni piccola donazione è un respiro in più per il nostro lavoro:
https://www.mosaicodipace.it/index.php/altri-acquisti-e-donazioni