Esperienze di partecipazione ai processi di costruzione della pace in Africa: il lavoro in Senegal.

 

Partecipazione non significa solo "essere presenti" bensì rivendicare una presenza anche nei luoghi e nelle procedure che permettono agli individui di avere un ruolo nei processi decisionali.

In tal modo, la partecipazione attiva delle donne ai processi di pace permette ai titolari di diritti – attraverso la creazione di condizioni favorevoli e il rafforzamento del loro potere di agire – di partecipare ai processi e alle decisioni che li riguardano e di influenzarle al fine di ottenere il riconoscimento e la realizzazione dei loro diritti umani. È questa una definizione di partecipazione attiva che ci permette di leggere le nostre esperienze come attivisti dei diritti umani. La partecipazione delle donne alla risoluzione dei conflitti è uno dei pilastri più importanti della Risoluzione 1325, primo testo adottato a livello internazionale per il riconoscimento del contributo delle donne alla prevenzione, alla risoluzione dei conflitti e al consolidamento della pace. Le donne non sono più trattate come vittime ma come attrici di pace e sicurezza.

In Africa, il Protocollo alla Carta africana sui diritti dell'uomo e dei popoli sui diritti della donna, adottato nel 2003, si basa proprio sulla Ris. 1325. E la partecipazione delle donne alla costruzione della pace? Tale partecipazione è legata semplicemente alla loro presenza ai tavoli di negoziazione? La partecipazione ha altri aspetti da documentare e divulgare? Secondo l'"Onu Donne" (UN Women: organo delle Nazioni Unite per l'uguaglianza di genere e l'emancipazione delle donne) "le donne costruiscono la pace anche al di fuori dei tavoli di negoziato, si mobilitano a livello locale e conducono azioni sul terreno per porre fine alle ostilità e promuovere il dialogo". Le iniziative a livello locale spaziano dal rafforzamento delle capacità di leadership delle donne e dalla ricerca sul campo alle azioni di advocacy e di lobbying presso le diverse parti interessate.

Dialoghi

La conoscenza della situazione delle donne nelle zone di conflitto non può avvenire senza l'interazione con coloro che hanno subito le conseguenze dei conflitti, in termini di violenza sessuale, maltrattamenti e mancanza di risorse. L'esperienza acquisita in occasione dell'Incontro Africano per la Difesa dei Diritti dell'Uomo (Raddho), svoltosi nel 1992, ha messo in evidenza la situazione delle donne e dei bambini nei campi profughi e ha sottolineato la correlazione tra la crisi del Casamance (regione del Senegal meridionale) e i rifugiati urbani (Sierra Leone, Mauritania e Liberia) a Dakar. Il conflitto interno, nella parte meridionale della Casamance – tra i membri del Movimento delle Forze democratiche di questa regione (Mfdc) e l'esercito senegalese – ha avuto effetti devastanti e ha causato un alto numero di sfollati interni ed esterni verso il Gambia e la Guinea Bissau.

Nel quadro della documentazione raccolta su questo conflitto, ci siamo resi conto che la situazione delle donne e dei bambini era occultata. Nelle interviste rispondevano solo gli uomini perché rappresentano il capofamiglia e questi sono interpellati per ogni questione familiare, senza consultare e coinvolgere le donne. Per ovviare a questa distorsione – che non avrebbe potuto render nota la situazione delle donne e dei bambini – abbiamo chiesto ai capifamiglia, dopo i colloqui, di lasciarci discutere tra donne. Questa strategia ci ha permesso di comprendere meglio la situazione: gli uomini dicevano che l'Acnur (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati Politici, più noto come Unhcr) forniva sufficiente riso e latte, mentre le donne sottolineavano altri punti sulla loro sicurezza, dignità e rispetto dei diritti del bambino.

Di fronte alla mancanza di alcuni servizi, come le latrine che non garantiscono privacy, le donne aspettano la notte per lavarsi, con un aumento di rischio di essere morse dai serpenti. Inoltre, ad esempio, le donne non hanno a disposizione assorbenti igienici: "Le nostre figlie non hanno neanche un pezzo di stoffa da utilizzare durante le mestruazioni; hanno un solo perizoma che devono lavare la sera: mi chiedo dove sia la dignità di mia figlia...", dichiara una madre di famiglia.

Alti vertici

Con le associazioni di cui faccio parte abbiamo avuto l'opportunità di sedere, a livello dell'Alto Commissariato per i Rifugiati, al Comitato istituito per l'assegnazione delle borse Dafi (Iniziativa accademica tedesca Albert Einstein per il rifugiato) per i rifugiati urbani provenienti dalla Mauritania, Sierra Leone e Liberia. Avevamo stimato che, senza risorse, le ragazze e le donne in una grande città sarebbero state più esposte a rischi di violenza, abusi e sfruttamento sessuale. Questa partecipazione, come difensore dei diritti umani, era finalizzata a richiamare l'attenzione degli altri membri del panel sulla necessità di concedere il massimo numero di borse di studio alle ragazze. La mancanza di mezzi induce, il più delle volte, queste ultime ad abbandonare lo studio, il che le rende sempre più fragili, in aggiunta al loro status di rifugiato.

Un'altra esperienza di costruzione della pace nasce dal ruolo di coordinatrice del Panfrican Center for gender, Development and Peace building (Pac), istituito da Femmes Africa Solidarité (Fas), che mi ha permesso di essere in contatto diretto con donne africane che hanno contribuito alla costruzione e al mantenimento della pace nel loro Paese. Infatti, il programma del Centro ha posto l'accento sulla ricerca e l'empowerment delle donne e la loro partecipazione ai processi di pace nei Paesi colpiti dalle guerre. Femmes Africa Solidarité, attraverso il Pac, ha sviluppato un programma intitolato "Women led-business: Formazione e mentoring di imprese dirette da donne della Liberia, del Mozambico, del Ruanda, della Repubblica Democratica del Congo, del Senegal e del Sudafrica", programma che ha permesso di mettere a frutto il percorso di queste donne, consentendo loro di estendere il progetto. Abbiamo avuto l'opportunità di accompagnarle al Centre for Diversity in Global Management dell'Instituto de Empressa, con sede a Madrid, dove hanno potuto rafforzare le proprie conoscenze e sviluppare meglio il loro business plan.

La partecipazione delle donne al consolidamento della pace può avvenire attraverso la creazione di posti di lavoro e di risorse che contribuiscano alla ricostruzione e alla stabilità del loro Paese. Abbiamo investito nella realizzazione di un Master degree su Gender and Peace building del PanAfrican Center in collaborazione con l'University of peace di Jan José (Costa Rica) e quella Cheikh Anta Diop di Dakar.

Diritti umani

L'educazione ai diritti umani che stiamo attuando nelle scuole del Senegal e del Gambia attraverso il progetto "Human Rights Friendly schools" ha suggerito altri progetti di educazione che per Amnesty International Senegal costituiscono una base importante per il radicamento della cultura dei diritti umani in ogni sfera della società. In Gambia, contribuisce al ripristino di uno stato di diritti dopo più di 20 anni di regime autoritario, partendo dalla convinzione che maggior conoscenza può aiutare a cambiare i comportamenti e gli atteggiamenti di intere comunità, sino a rendere possibile una cultura globale dei diritti umani.

Le raccolte di informazioni nel quadro della Raddho sulla situazione delle donne e dei bambini sono servite a contribuire alla presentazione della relazione alternativa che l'Organizzazione mondiale contro la Tortura ha presentato al Comitato per i diritti del fanciullo a Ginevra. Le informazioni hanno permesso, inoltre, di appellarsi all'Ufficio dell'Alto Commissariato per i rifugiati a Dakar per una maggior protezione delle donne e dei bambini rifugiati della Casamance in Gambia. Le nostre diverse partecipazioni alle sessioni della Commissione Africana dei Diritti dell'Uomo e dei Popoli ci hanno permesso di condividere rapporti e dati sulla situazione dei rifugiati e degli sfollati in Africa.

Nell'ambito del nostro attivismo, abbiamo partecipato ad azioni di advocacy e di lobbying ai vertici delle Nazioni Unite, con il Women Caucus for Gender Justice, e di procedere con la richiesta di nomina di donne giudici alla Corte penale internazionale. Il programma Gender is my Agenda è stato un'opportunità anche per partecipare alle sessioni parallele delle Ong in occasione dei vari vertici dell'Unione Africana.

Nell'ambito dell'Organizzazione mondiale contro la tortura, abbiamo facilitato, come membri del Consiglio Esecutivo, la formazione delle donne del nord e del sud Kivu sui diritti umani. Queste diverse esperienze dimostrano che la partecipazione delle donne alla gestione, alla risoluzione dei conflitti e alla sicurezza può assumere diversi aspetti, anche se la presenza al tavolo dei negoziati è una delle principali priorità per le donne africane. Sensibilizzare, formare ed educare a difendere la causa dei diritti umani sono mezzi di partecipazione alla prevenzione, alla risoluzione dei conflitti e al consolidamento della pace e della sicurezza.

 

 

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Specialista in Scienze dell'Educazione e Diritti Umani, Aminata Dieye è coordinatrice nazionale del programma di Educazione ai Diritti Umani di Amnesty International Senegal. Ha lavorato, dal 2005 al 2008, come coordinatrice del programma del Centro panafricano per il genere, la pace e lo sviluppo, fondato da Femmes Afrique Solidarité. Fa parte del Consiglio di amministrazione dell'Organizzazione mondiale contro la tortura e dell'Union Africaine pour la Défense des Droits de l'Homme.

 

 

 


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