Qualifica Autore: Ufficio Politiche Migratorie e Protezione Internazionale Caritas Italiana

Dati e analisi del Rapporto Immigrazione 2022 di Caritas Italiana e Migrantes.

 

La trentunesima edizione del Rapporto Immigrazione Caritas/Migrantes è stata definita la prima post-pandemia: i dati attestano sia lenti segnali di ripresa, sia le criticità e le fatiche dei cittadini stranieri, dovute a una scarsa attenzione delle politiche sociali verso le fasce più fragili della popolazione nel periodo culminante dell'emergenza sanitaria.

Fra i segnali incoraggianti troviamo, ad esempio, la ripresa della crescita della popolazione: i dati al 1° gennaio 2022 parlano di 5.193.669 cittadini stranieri regolarmente residenti in Italia, cifra che segna una ripresa dallo scorso anno in cui erano sotto i 5.040.000. Nel quadro delle prime 5 regioni di residenza, si conferma il primato della Lombardia, seguita dal Lazio, dall'Emilia Romagna e dal Veneto; mentre la Toscana sopravanza il Piemonte al quinto posto. Il quadro delle nazionalità rimane sostanzialmente inalterato: fra i residenti prevalgono i rumeni che rappresentano il 20,8% del totale; seguiti, nell'ordine, da albanesi (8,4%), marocchini (8,3%), cinesi (6,4%) e ucraini (4,6%). Sono aumentati anche i cittadini stranieri titolari di permesso di soggiorno (al 1.1.2022 sono 3.921.125, mentre nel 2021 erano attestati sui 3,3 milioni); così come i nuovi permessi di soggiorno rilasciati nel 2022 sono stati 275 mila, +159% rispetto al 2020 (105.700) e in particolare si è registrata un'impennata dei motivi di lavoro, certamente come esito della procedura di sanatoria varata dal governo nel 2020. Anche i provvedimenti di cittadinanza hanno segnato una certa crescita: sono stati 118.000 nel 2020, ovvero un +4% dall'anno precedente.

La popolazione straniera continua a mantenere una struttura più giovane di quella italiana: ragazze e ragazzi con meno di 18 anni rappresentano circa il 20% della popolazione e per ogni anziano (65 anni o più) ci sono più di 3 giovanissimi di età compresa fra gli 0 e i 14 anni.

I ragazzi nati in Italia da genitori stranieri ("seconde generazioni" in senso stretto) sono oltre 1 milione e di questi il 22,7% ha acquisito la cittadinanza italiana; se a essi aggiungiamo i nati all'estero, la compagine dei minori stranieri (fra nati in Italia, nati all'estero e naturalizzati) supera quota 1.300.000 e arriva a rappresentare il 13% del totale della popolazione residente in Italia con meno di 18 anni.

Difficile è la condizione dei minori stranieri in famiglia: l'Istat rileva che, rispetto ai ragazzi italiani, è più alta di oltre 4 punti percentuali la quota di quelli che vivono solo con la madre, mentre è più bassa la quota di quelli che vivono con entrambi i genitori o solo con il padre.

Si è assistito nell'ultimo anno anche al preoccupante aumento del numero dei minori stranieri non accompagnati, arrivati nell'aprile del 2022, a 14.025, certamente anche per effetto della guerra in Ucraina, da cui proviene il 28% circa del totale.

Sul lavoro aumentano le opportunità ma non la stabilità. Nel 2021 i dati Istat relativi alla rilevazione sulle forze di lavoro registrano, dopo un forte calo dell'anno precedente, una crescita del tasso di occupazione dei lavoratori stranieri tra i 20 e i 64 anni; più significativo rispetto a quello registrato tra i lavoratori italiani (+1,5 contro il +0,8). Se questa è la media nazionale, molto diverse sono le situazioni a livello di aree: tutte quelle del Nord crescono, il Centro rimane sostanzialmente stabile, il Sud cresce debolmente. In generale, poi, il tasso di occupazione per la componente straniera è ancora al di sotto di quello registrato per i lavoratori italiani (61,4% contro 62,9%), mentre quello di disoccupazione presenta tra gli stranieri un valore ancora particolarmente elevato e pari al 14,4%, ovvero 5,4 punti percentuali in più rispetto a quello registrato tra gli autoctoni (9,0%). 

Fra gli indicatori che hanno segnato una ripresa vi sono i dati sulle assunzioni di personale comunitario ed extracomunitario, aumentate in modo significativo rispetto alla fase pandemica (1.149.414 unità totali, di cui 124.230 hanno riguardato la componente extracomunitaria e 35.520 quella comunitaria). È una crescita che ha interessato maggiormente lavoratrici e giovani lavoratori under 24.

L'incremento più significativo delle assunzioni di cittadini stranieri si è avuto nel settore dell'industria, in particolare nel Nord del Paese; altro settore in crescita è stato quello del commercio e riparazioni seguito dalle costruzioni e altre attività nei servizi.

Tuttavia, e qui passiamo alle criticità, emerge come gli incrementi più significativi nelle tipologie di ingaggio siano l'apprendistato e le collaborazioni. Rispetto agli italiani, è stata più modesta la crescita dei contratti a tempo indeterminato (circa l'11% contro oltre il 40%), a dimostrazione del fatto che i lavoratori stranieri vivono comunque una maggiore precarietà sul lavoro: 7 contratti su dieci sono stati a termine. Inoltre, a un aumento delle assunzioni, ha fatto da contraltare un incremento anche delle cessazioni dei rapporti di lavoro (+ 9,9% tra i lavoratori Ue e ben il 28% tra quelli extra Ue). Poiché la maggioranza delle assunzioni ha riguardato contratti a termine, vien da sé che la metà delle cessazioni sia avvenuta per scadenza del rapporto.

Come rilevato dall'Istat, la progressiva diffusione di forme di lavoro non-standard – ovvero i rapporti di lavoro che mancano di uno o più elementi che caratterizzano il lavoro tradizionale – ha decisamente infragilito la condizione di molti lavoratori, in particolare quelli di cittadinanza straniera, anche in termini di esclusione sociale.

La dimensione della vulnerabilità delle categorie più esposte non è solo un dato oggettivo di maggiore esposizione ai rischi di disoccupazione e povertà, ma condizione soggettiva di precarietà che incide sui progetti di vita, sia per quanto riguarda la scelta di autonomia rispetto alle famiglie di origine sia alla decisione di avere figli.

In un quadro socioeconomico complessivamente critico, esistono comunque dei positivi paradossi. Uno di questi è segnalato dall'XI Rapporto annuale sugli stranieri nel mercato del lavoro in Italia: nel nostro Paese ci sono 136.312 imprese a conduzione femminile straniera, pari all'11,6% delle attività guidate da donne e al 23,8% delle imprese fondate da immigrati. Negli ultimi dieci anni sono cresciute con un ritmo maggiore rispetto a quelle a conduzione maschile.

Diminuiscono gli alunni stranieri, aumentano quelli nati in Italia, ma rimane il problema del ritardo e dell'abbandono scolastico.

Una novità dell'anno scolastico 2020/2021 è la diminuzione del numero degli alunni con cittadinanza non italiana: 865.388 in totale, con un calo di oltre 11 mila unità rispetto all'anno precedente (-1,3%). È la prima volta che accade dal 1983/1984, anno scolastico a partire dal quale sono state fatte rilevazioni statistiche attendibili. Un effetto della pandemia da Covid, che può aver indotto giovani di famiglie che hanno perso reddito/lavoro, a contribuire al bilancio familiare, abbandonando la scuola. I dati mettono in evidenza la costante crescita delle nuove generazioni, ovvero degli alunni con cittadinanza non italiana nati in Italia: si tratta del 66,7% degli studenti provenienti da contesti migratori, un punto percentuale in più rispetto al 2019/2020. La Lombardia si conferma la regione con il maggior numero di alunni con cittadinanza non italiana (220.771), mentre l'Emilia-Romagna quella con l'incidenza percentuale più alta (17,1% sul totale della popolazione scolastica regionale). Si confermano ai primi posti le province di Prato (28% del totale), Piacenza (23,8%), Parma (19,7%), Cremona (19,3%), Mantova (19,1%) e Asti (18,8%).

Sebbene in miglioramento rispetto al passato, il ritardo scolastico è ancora un grande ostacolo per l'integrazione degli alunni con cittadinanza non italiana nel sistema educativo italiano, tanto più che gli alunni con cittadinanza non italiana continuano a rimanere quelli a più alto rischio di abbandono.

Il quadro socio-anagrafico restituito dai dati e dalle indagini Istat si presenta, dunque, per diversi aspetti preoccupante e pone l'urgenza di politiche che potenzino efficacemente le opportunità da offrire ai ragazzi stranieri, per non disperdere il potenziale prezioso che rappresentano per un'Italia sempre più vecchia.

 

 

 


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