Il primo rapporto sulle donne detenute in Italia, a cura dell'associazione Antigone. Come ripartire per immaginare un modello di detenzione nuovo?
Il nostro sistema penitenziario è declinato, nelle norme e nell'organizzazione istituzionale, al maschile. Non vi è una specifica attenzione rivolta alle donne detenute nelle leggi, nei regolamenti penitenziari e nel management penitenziario
anche per via dei numeri esigui che, in Italia come altrove, rappresentano questa minoranza le cui necessità rischiano di rimanere inascoltate. Proprio per portare una specifica attenzione su questi bisogni, Antigone ha deciso di dedicare loro uno specifico rapporto, presentato non a caso l'8 marzo, in occasione della Festa internazionale della donna.
Rapporto che è anche stato un'occasione di riflessione. Le donne, infatti, radicalizzano una serie di caratteristiche della popolazione carceraria nel suo complesso che sempre più sono rappresentate nella massa delle persone che la società rinchiude in galera. La massa della popolazione detenuta è costituita da persone che provengono dagli strati più marginali della società, che sperimentano povertà economica ed educativa, che vivono un'emarginazione che il periodo di detenzione non fa altro che acuire, che presentano uno scarso spessore criminale (i reati per cui vengono condannate sono meno gravi e le pene comminate inferiori) e anche una scarsa pericolosità penitenziaria.
Se si guarda ai dati, erano 2.392 le donne presenti negli istituti penitenziari italiani al 31 gennaio 2023, ovvero il 4,2% dei detenuti in Italia. Fra loro anche 15 madri con 17 bambini di età inferiore a un anno.
A queste donne si aggiungono anche le circa 70 donne trans ospitate in apposite sezioni protette all'interno di carceri maschili. Le donne straniere sono il 30,5% delle donne, in diminuzione sia in termini percentuali (del 10%) che assoluti rispetto a 10 anni fa. Infine, inserite all'interno del circuito penale minorile, sono presenti anche alcune ragazze minori e giovani adulte. Al gennaio 2023, sui 385 giovani reclusi nelle carceri minorili italiane solo 10 erano ragazze; le comunità ospitavano 58 ragazze sottoposte a misure penali e altre 1.300 (il 9,4% del totale) erano in carico ai servizi per la giustizia minorile.
Vista l'esiguità dei numeri, le carceri femminili presenti sul territorio italiano sono solamente quattro e si trovano a Trani, Pozzuoli, Roma e Venezia. Ospitano 599 donne, pari a un quarto del totale. L'Istituto a custodia attenuata di Lauro ospita 9 madri detenute e altri tre piccoli Icam (Istituti a custodia attenuata per detenute madri) ospitano 5 donne in totale. Le altre 1.779 donne sono distribuite in 44 sezioni femminili ospitate all'interno di carceri maschili.
Con le sue 334 detenute (118 straniere) il carcere romano di Rebibbia femminile risulta il più grande d'Europa. La capienza regolamentare è pari a 275 posti. Invece, per quanto riguarda le sezioni femminili nelle carceri maschili, si va dalle 114 presenze femminili nel carcere milanese di Bollate o dalle 117 nel carcere di Torino alle 5 di Mantova, le 4 di Paliano, fino alle 2 di Barcellona Pozzo di Gotto, numeri piccolissimi risalenti nel tempo. Difficile organizzare attività significative per queste persone. Sbagliato sarebbe tuttavia limitarsi a chiudere sezioni, così da allontanare le donne detenute dai propri riferimenti familiari e sociali.
Rispetto alla composizione giuridica delle donne detenute, le donne in custodia cautelare sono poco meno di un terzo mentre le donne internate in carcere sono il 2,3%. Rispetto ai reati, invece, quelli contro il patrimonio per le donne pesano il 29,2% su tutti i reati ascritti alla popolazione detenuta femminile, mentre per gli uomini pesano il 23,7% sui reati ascritti alla popolazione detenuta maschile. Gli uomini pesano maggiormente nella legge sulle armi (4,7 punti percentuali di più), a indicare probabilmente che, nei reati contro il patrimonio effettuati dagli uomini, le rapine rispetto ai furti semplici pesano più che per le donne. Anche l'associazione di stampo mafioso vede 2,5 punti percentuali in più tra gli uomini detenuti sulle donne, mentre i reati contro la pubblica amministrazione ne vedono 2,2. Le altre tipologie di reati presentano percentuali più o meno analoghe tra gli uomini e tra le donne in carcere.
Il lavoro degli osservatori di Antigone ha permesso di restituire uno spaccato delle condizioni di detenzione e del regime a cui sono soggette le donne detenute in Italia.
Le strutture
Le celle che ospitano le donne generalmente non differiscono molto da quelle degli uomini. Le condizioni strutturali sono però spesso migliori e solitamente appaiono anche più pulite e più curate. In particolare, il bagno, molto più spesso che nel caso degli uomini, è in ambiente separato (lo è nel 95,5% delle carceri femminili contro l'89,8% degli istituti esclusivamente maschili) e dotato di doccia (presente nel 60% delle celle contro il 47,5% degli istituti esclusivamente maschili) e di bidet (presente nel 66% delle celle visitate).
Tuttavia, il tasso di affollamento ufficiale delle carceri femminili risulta del 112,3%, superiore al tasso di affollamento ufficiale generale delle carceri italiane (pari al 109,2%, e tuttavia inferiore a quello reale vista la mancata considerazione dei posti letto inutilizzabili). L'affollamento delle sezioni femminili, rilevato durante le nostre visite, è invece risultato essere del 115%, contro il 113,7% degli uomini. Le donne, con il piccolo peso numerico che arrecano al sistema penitenziario, non sono responsabili del sovraffollamento carcerario ma lo subiscono più degli uomini, quando non soffrono al contrario di isolamento.
Venendo invece alla vita in carcere risultano scarsissime le attività in comune con gli uomini, presenti soltanto nel 10% degli istituti che ospitano donne.
Il lavoro
Dal punto di vista delle attività lavorative, le donne sono inserite in percorsi lavorativi in percentuali maggiori rispetto agli uomini. Alla fine del 2021, la metà delle donne in carcere risultava avere un impiego (ma si tenga presente che per essere conteggiati tra i detenuti lavoratori può bastare che la persona lavori anche solo poche o pochissime ore settimanali, con conseguente scarsa o scarsissima remunerazione). Le donne lavoratrici erano nel complesso 1.118, pari al 5,8% del totale delle persone impiegate. Di queste, 925 (l'82,7%) lavoravano alle dipendenze dell'Amministrazione e 193 (il 17,3%) per esterni.
Anche nella partecipazione a corsi di formazione professionale, le donne sono tendenzialmente più rappresentate rispetto alla media delle loro presenze in carcere. Nel primo semestre del 2022, ultimo dato disponibile, sono stati 2.248 gli iscritti ai 197 corsi di formazione professionale attivati, di cui 242 (pari al 10,8%) donne. Se guardiamo invece ai corsi conclusi, sempre in quel semestre sono stati 163, cui erano iscritti 1.763 detenuti, di cui 90 (il 5,1%) donne.
Invece, dall'analisi dei numeri relativi all'istruzione emerge come, nei gradi inferiori di istruzione, le donne iscritte e promosse rispetto al totale delle presenti tendano a essere percentualmente più rappresentate degli uomini iscritti e promossi sul totale degli uomini presenti. Tuttavia, nei gradi più alti (università inclusa), la situazione si ribalta. Oggi come in passato, le donne tendono a frequentare corsi di alfabetizzazione e apprendimento della lingua italiana e gli altri corsi di primo livello, accedendo meno ai corsi di secondo livello.
A partire da questi dati e da questa analisi, Antigone ha elaborato dieci proposte per migliorare il carcere delle donne in modo che si immagini un modello di detenzione nuovo e più aperto, dove il tempo della pena acquisti direzione e significato, dove il raccordo con il territorio circostante sia capillare e continuo.
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Nel sito di Antigone è possibile leggere informazioni e approfondimenti sulla condizione delle donne negli Istituti penitenziari in Italia: https://www.rapportoantigone.it/primo-rapporto-sulle-donne-detenute-in-italia/