Niger: la caduta dell'ultimo presidio democratico nel Sahel centrale.
Mercoledì 26 luglio nello sbigottimento generale si è avuta la notizia di un colpo di stato in Niger. Il Niger è stata la mia ultima missione con l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati Onu, (Unchr), una delle più complesse e impegnative della mia carriera.
Chiamo gli amici a Niamey, la capitale, e mi confermano che il presidente Bazoum è ora ostaggio dalle guardie presidenziali che avrebbero dovuto difenderlo. Nonostante tutto, non si è dimesso e continua a fare una resistenza democratica ai ribelli. Sul suo account trovo fissata in alto la frase: "I successi duramente conquistati saranno salvaguardati. Ci penseranno tutti i nigerini che amano la democrazia e la libertà".
È l'ennesimo golpe dopo il Mali e il Burkina Faso. Colpisce l'ultimo presidio democratico nel triangolo delle tre frontiere noto come il Liptako Gourma. Il Niger, poco conosciuto, tanto che spesso viene confuso con la Nigeria, si trova nel cuore del Sahel, regione da anni incendiata dal jihadismo legato ad Al-Qaeda e allo Stato Islamico, gruppi che continuano a dimostrare capacità e intento nel colpire i loro obiettivi, spesso civili.
Il Paese
Il Niger si presentava come un Paese di relativa stabilità democratica. Con una popolazione giovanissima, ha un indice di sviluppo umano fra i più bassi del mondo. Nel 2023 secondo Ocha, l'ufficio di coordinamento umanitario Onu, le persone bisognose di assistenza umanitaria nel Paese sono oltre 4.3 milioni: il 17% della popolazione. Alla fine del mio mandato, nel 2021, il Paese ospitava oltre 600.000 tra rifugiati e sfollati interni, vittime predestinate dei raid jihadisti lungo le tre frontiere del Liptako Gourma.
A più due settimane dal golpe si moltiplicano le sanzioni internazionali, in particolare quelle della Comunità degli Stati dell'Africa occidentale, Ecowas/Cedeao, di cui il Niger è membro. L'impatto economico è il tema che si svilupperà nelle prossime settimane, visto che il 60 % degli aiuti dipende da partner esteri. Anche la Banca Mondiale ha deciso la sospensione dei finanziamenti programmati.
La storia del Niger non è nuova ai golpe: quattro dal 1960, anno dell'indipendenza dalla Francia. L'ultimo, nel 2010, ha rovesciato il presidente Mamadou Tanja. Ricordo l'elezione del presidente Bazoum nel 2021: già all'epoca ci fu un tentato putsch, sventato 48 ore prima del suo insediamento. Ricordo quel 31 marzo perché ero ancora a Niamey. Alle due di notte venni svegliata dal responsabile della sicurezza Onu mentre gli spari scoppiavano per le strade. Il golpe fallì quando le guardie presidenziali, ironia della sorte sotto il comando dello stesso generale Tchani, respinsero i ribelli.
L'attuale putsch avviene mentre il Niger è impantanato nella guerra al terrorismo combattuta con fatica, da anni, lungo le tre frontiere del Liptako Gourma. Lo sviluppo del jihadismo resta un fenomeno complesso. Ciò che appare evidente è invece come il Sahel sia diventato teatro di instabilità politica e scontro. Uno "spazio laboratorio" dove attori internazionali continuano a sperimentare e implementare pratiche di sviluppo e strategie militari di eversione e controterrorismo. Tante strategie, senza un vero e proprio coordinamento effettivo di interesse comune e soprattutto sviluppato democraticamente con la popolazione locale. Le priorità normative e di sviluppo sono state subordinate alla sicurezza con effetti deleteri, soprattutto nella regione del Sahel centrale.
Storia recente
Gli anni 2011-2012 hanno visto un crescendo jihadista innescato dalla crisi del Mali. L'influenza degli estremisti di Boko Haram nella zona del lago Chad, con impatto nella regione di Diffa, schiaccia il Niger in una morsa soffocante. Nonostante le tante strategie, la situazione sicurezza rimane critica. Il presidente Bazoum non si era fatto illusioni: intuiva che i colpi di stato in Burkina Faso e Mali, avevano minato la lotta contro i jihadisti che imperversavano nell'area.
Nel caso del Niger, si tratta di un cambio di governo incostituzionale atipico, diverso dai precedenti: non abbiamo assistito a una violenza estrema, tutto è accaduto in una notte, con un comunicato letto in TV dalla futura giunta. L'Onu, l'UE, l'Unione Africana, gli Usa la stessa Russia hanno condannato con fermezza il golpe e chiesto la liberazione del Presidente e della sua famiglia. I tentativi diplomatici sono innumerevoli ma, ad oggi, senza esito positivo.
Il generale Tchiani a 48 ore dal golpe ha assunto la presidenza di una giunta denominata Consiglio Nazionale per la Salvaguardia della Patria (Cnsp), lamentando le mancate misure per fronteggiare la crisi economica e "il deterioramento della situazione della sicurezza".
Il presedente Bazoum è accusato di aver "cercato di convincere la gente che tutto sta andando bene" mentre "la dura realtà è un mucchio di morti, sfollati, umiliazioni e frustrazioni. L'approccio di oggi non ha portato sicurezza nonostante i pesanti sacrifici". Il colonnello Amadou Abdramane ha aggiunto: "Noi, le forze di difesa e di sicurezza, riunite nel CNSP, abbiamo deciso di porre fine al regime che conoscete".
Il Cnsp mostra subito i muscoli proclamando la chiusura totale delle frontiere terrestri, dello spazio aereo, istituendo il coprifuoco e sospendendo di fatto le istituzioni nigerine. Dopo una prima frattura, l'esercito regolare del generale Abdou Sidakou Issa ha confermato l'appoggio ai golpisti. Questa decisione può essere interpretata come diretta a evitare un bagno di sangue nel Paese.
Colpi di stato
I colpi di stato in Africa sono aumentati nell'ultimo decennio con un'incidenza di circa il 229% in più rispetto al precedente ventennio. Cresce anche il numero dei cosiddetti "colpi di stato costituzionali", in cui i leader rivedono le costituzioni per modificare i limiti di mandato, concedendosi un prolungamento della permanenza al potere, spesso per un numero indefinito di mandati.
Nessun singolo sistema, strumento o attore può porre rimedio a tutti i driver strutturali di instabilità che stiamo osservando. Occorre fare comunità, animando una strategia di dialogo e mediazione. Occorre rivitalizzare con maturità e coraggio la diplomazia, solo strumento sostenibile nella ricerca di equilibri e dignità.
La quotidianità oggi in Niger è ansiosa. La popolazione soffre l'impatto sociale ed economico del golpe e vive la paura del possibile intervento militare. Il Paese è diviso in due tra golpisti e filo-democratici, ma questi ultimi restano in silenzio per paura di rappresaglie.
Ogni giorno migliaia di cittadini scendono in piazza, organizzati dal Movimento M62, che da anni si batte contro la presenza francese. Le parole d'ordine sono: "Abbasso la Francia", "Fuori le basi straniere", "Per un nuovo ordine", "Il Niger ai nigerini". Le forze militari francesi sono accusate di aver ucciso più civili che terroristi nel corso degli anni, alienando la sovranità del Paese e destabilizzando l'area.
La situazione resta fluida, generando nuove iniziative interne. Rhissa Ag Boula, ministro ed ex leader delle ribellioni tuareg, figura influente in tema sicurezza, ha annunciato la creazione di un "Consiglio di resistenza per la Repubblica" con obiettivi principali la liberazione di Bazoum e "riunire tutti i nigerini e tutti i nigerini democratici e repubblicani che vogliono ripristinare la legalità costituzionale in modo pacifico".
C'è un bisogno acuto di sviluppare nuovi approcci per affrontare questa "epidemia di colpi di stato": il dibattito sulla situazione in Niger deve fungere da volano per rafforzare la via diplomatica e del dialogo anche civile-militare come strumento nella risoluzione dei conflitti. Infine, nell'affrontare i driver strutturali, è fondamentale porre maggiore enfasi sul rafforzamento e l'espansione dei progressi dello sviluppo inclusivo verso le Agende Onu 2030 e 2063 dell'Unione Africana, generando spazi in cui i cittadini si sentano inclusi nello sviluppo nazionale.