Ultima tessera
Qualifica Autore: mediatrice interculturale e attivista iraniana

Quale è la situazione delle donne in Iran oggi?

 

Come mediatrice interculturale e attivista per i diritti umani, portatrice della cultura iraniana e anche italiana, mi trovo ad affrontare questa domanda da sempre. Non è mai facile rispondere per me che ho lasciato l'Iran appena maggiorenne, negli anni Novanta, nonostante abbia cercato di andarci tutti gli anni e di rimanere in contatto con diverse realtà di donne, in Iran e fuori dall'Iran, oltre a studiare la storia della lotta delle donne iraniane per l'emancipazione.

Parto dal presupposto che si sappia che da più di 45 anni in Iran esiste un "leader supremo" che detiene il potere assoluto ed è al capo una teocrazia nominata Repubblica Islamica. Un regime repressivo e liberticida che è rimasto al potere applicando leggi profondamente discriminatorie nei confronti di minoranze etniche, religiose e di genere. È un vero e proprio apartheid di genere e, dato che le donne sono circa la metà della popolazione iraniana, costituiscono la categoria più numerosa a essere colpita dalle leggi misogine della Repubblica Islamica dell'Iran già dalle prime settimane dopo la vittoria della rivoluzione islamica nel febbraio del 1979, con l'abolizione della legge della protezione della famiglia che attribuiva alcuni diritti alle donne

Si può affermare che la battaglia delle iraniane per i propri diritti nell'Iran post-rivoluzionario inizi l'8 marzo 1979, quando numerose donne iraniane hanno organizzato manifestazioni di protesta contro l'abolizione della legge della protezione della famiglia e l'annuncio della possibilità che il velo islamico diventi obbligatorio negli uffici pubblici. Le immagini di quelle manifestazioni si trovano in rete e dimostrano che le donne all'epoca erano poche e sole: non solo non sono state sostenute dagli uomini ma anche da molte donne "rivoluzionarie" che erano impegnate a festeggiare la vittoria della luce sulle tenebre!

È sorprendente notare che in quelle manifestazioni molte donne portavano il velo ma affermavano d'aver sostenuto una rivoluzione che serviva a dare il diritto di scelta alle donne.

Ci sono voluti quattro decenni per arrivare al punto in cui la società civile iraniana è oggi e cioè la consapevolezza che i diritti delle donne sono fondamentali e che non si può lottare per la libertà e la democrazia senza credere nell'uguaglianza di genere.

Ed è per questo motivo che oggi, nella lotta pacifica e non violenta del popolo iraniano per la libertà e la democrazia, le attiviste iraniane sono in prima linea come le due vincitrici del premio Nobel per la Pace, Shirin Ebadi e Narges Mohammadi, la prima costretta all'esilio subito dopo l'annuncio dell'assegnazione del Nobel e la seconda rinchiusa in carcere da diversi anni per aver denunciato le violazioni di diritti umani in Iran.

Donne con una grande consapevolezza che lottano per i diritti propri e degli altri a differenza della gran parte del popolo iraniano che nel 1979 ha festeggiato la vittoria della rivoluzione islamica e la nascita della Repubblica Islamica con la convinzione che i diritti delle donne non erano la priorità ma lo era la giustizia sociale e la lotta contro l'imperialismo. È da donne come Shirin e Narges e tante altre che è nata la generazione Z dell'Iran di oggi; giovani donne e uomini che sono la maggioranza della società civile iraniana e che credono nei valori della libertà e nell'uguaglianza di genere pretendendo di vivere in una società democratica dove i loro diritti fondamentali vengano rispettati. Una generazione che ha superato i tabù che affliggevano chi ci ha preceduto e non sente la necessità di avere al commando un leader forte e carismatico.

Sono giovani donne e uomini istruiti e progressisti che hanno le stesse aspirazioni dei loro coetanei nel mondo libero e non intendono rinunciare a vivere una vita degna di essere vissuta, disposti a pagare un prezzo altissimo. Il 16 settembre 2022, il tragico annuncio della morte di Mahsa Jina Amini mentre era in custodia della polizia morale della Repubblica Islamica, ha segnato un momento di spaccatura ancora più profonda tra il regime iraniano e la società civile. Mahsa Jina era una giovane donna iraniana di etnia curda e perciò doppiamente discriminata dalla Repubblica islamica, in quanto donna e in quanto curda. Dal 16 settembre 2022 è stata adottata da una popolazione intera. il suo nome è stato gridato in tutte le manifestazioni all'interno dell'Iran e in centinaia di città nel mondo insieme allo slogan "Donna Vita libertà" che non è un semplice slogan ma una visione che segna un profondo cambio di paradigma sociale e culturale del popolo iraniano mettendo al centro della lotta per la libertà la dignità della donna. Il grande movimento "Donna vita libertà", a cui hanno aderito gran parte degli iraniani e che ha coinvolto anche i cittadini del mondo intero, è nato il giorno dei funerali di Mahsa Jina Amini. Ed è un movimento basato sul desiderio sulla gioia della vita, nonostante siano migliaia i cittadini iraniani arrestati, torturati, stuprati, feriti, accecati e impiccati per aver gridato "Donna Vita Libertà".

Negli ultimi mesi sono stati numerosi gli attivisti del movimento a riuscire a fuggire dalle forze repressive del regime raggiungendo Paesi sicuri. Ma non tutti hanno avuto un lieto fine, come Maysoon Majidi, attivista 26enne di etnia curda, come lo era Mahsa Jina, in fuga dall'Iran dal 2019. Il 31 dicembre 2023 Maysoon raggiunge le coste calabresi dopo aver vissuto nel Kurdistan iracheno dove non si sentiva più sicura. Non avendo la possibilità di chiedere un visto per arrivare in Europa, insieme al fratello più giovane, decidono di pagare, usando tutti risparmi del padre, dei trafficanti di esseri umani che regolarmente trasportano i richiedenti asilo nel Mare Mediterraneo. Una volta arrivata in Italia, Paese democratico che riteneva fosse un luogo sicuro, Maysoon viene arrestata con l'accusa di aver collaborato con gli scafisti, dopo un'attraversata che dura cinque giorni n pessime situazioni igienico-sanitarie e senza niente da mangiare, viene trasferita in carcere di Castrovillari dove rinchiusa dall'inizio del gennaio 2024 e continua a dichiararsi innocente. Maysoon è un attivista per i diritti umani e per i diritti delle donne e, se fosse rimasta in Iran avrebbe subito la stessa sorte di tante altre donne che hanno pagato un prezzo altissimo per la loro lotta pacifica. Per il decreto Cutro, invece, lei è una collaboratrice dei trafficanti di essere umani per il semplice fatto di aver dialogato con chi guidava la barca. Lei continua a dichiarare che ha protestato per le pessime condizioni in cui più di 70 passeggeri hanno vissuto sottocoperta della piccola imbarcazione. Gli stessi passeggeri che sono disposti a testimoniare che Maysoon si è esposta protestando sulla barca contro la violazione dei diritti umani. Da mesi la comunità iraniana in Italia e nel resto del mondo attende l'esito di questo processo continuando ad avere fiducia nella giustizia italiana. Amnesty International e molte altre organizzazioni per i diritti umani e delle donne seguono il caso che, purtroppo, non è né primo e nell'ultimo. E io mi chiedo: cosa possono fare i cittadini e le cittadini del mondo libero per le donne iraniane come Maysoon Majidi ?

 


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