Il Giubileo ci offre l'occasione di rianimare la speranza e di coglierne la portata infinita
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- Scritto da Tonio Dell'Olio
- Categoria: Dicembre 2024 - Un Giubileo di speranza
Dire "cammino sinodale" sarebbe di per sé una ridondanza inutile dal momento che "sinodo" significa già "camminare insieme".
Quando poi si specifica che siamo chiamati a camminare insieme come Chiesa (o Chiese) dovremmo ricordarci il monito di San Giovanni Crisostomo: "Chiesa è nome che sta per sinodo".
La spinta profetica che Papa Francesco ha voluto imprimere, tanto alla Chiesa universale che a quella italiana di cui è primate, è una presa di coscienza dal basso della stessa identità della comunità cristiana.
Il Sinodo, pertanto, è un evento rivelativo che ci fa prendere consapevolezza di quello che sempre dovrebbe essere la Chiesa: una comunità di popolo che cammina insieme.
Sinodo, allora, come vento dello Spirito che soffia forte sul drappo che nasconde il volto di una Chiesa-madre e lo rivela ai figli. Sinodo è quindi consapevolezza di un'appartenenza consapevole e corresponsabile che rende protagonisti i cuori, i volti e i piedi di tutte e tutti.
Sinodo è riprendere la parola senza concessioni dall'alto, senza preoccupazione di disturbare i manovratori e senza autocensure pudiche.
Un cammino di popolo. Tanto nell'Assemblea del Sinodo universale, quanto in quello delle Chiese in Italia, il tema della pace è stato tutt'altro che assente anche se attendiamo di prendere nota della reale assunzione che esso riceverà nello Strumento di lavoro del Sinodo italiano e della capacità che avrà di modificare – se non di convertire – alcune scelte delle Chiese locali.
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- Scritto da Davide Varasi
- Categoria: Dicembre 2024 - Un Giubileo di speranza
- Qualifica Autore: monaco di Bose, Ostuni
Come può Dio parlare nella Storia e nelle nostre esistenze attraverso la contraddizione?
"Dare un posto al disordine": una formula paradossale. Che cosa significa dare un posto al disordine? Non è già ben installato nel presente? Non lo è in tanti modi? Ciascuno/a può ricordare i propri. C'è poi il disordine del mondo: la pandemia e la guerra in Ucraina hanno risvegliato gli europei a un disordine endemico della Storia che sinora aveva toccato i popoli lontani e rispetto al quale non solo erano indifferenti, ma volevano scientemente non vedere. C'è anche un caos controllato che permette di sfruttare le ricchezze di un Paese (Congo) o di fare delle guerre infinite una fonte di guadagno (Siria, Libia, Afghanistan, Israele-Palestina). C'è chi parla di anarchia capitalistica.
Perché partire da qui? Non va ritrovato piuttosto un ordine? Non c'è bisogno di sicurezza oggi?
Eppure, questo è il primo atto per vivere l'assurdo di oggi. Non è solo una forma di resistenza ma si entra così già in un atteggiamento proattivo.
C'è un pensiero che risolve tutto secondo lo schema binario, violenta semplificazione della realtà, e chiede di schierarsi senza tentennamenti e senza esercizio di un pensiero critico. Dare un posto al disordine da questo punto di vista è un atto profondamente spirituale e politico insieme. È ritrovare la complessità della vita a partire dal nostro microcosmo.
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- Scritto da Don Tonino Bello
- Categoria: Dicembre 2024 - Un Giubileo di speranza
Dal perdono al disarmo unilaterale. Perché la vita è un dono.
Oggi anche il mito della legittima difesa sta tramontando. La difesa della patria è necessaria; ma che tipo di difesa? Difesa violenta o difesa nonviolenta? Ho detto che sarebbe ingeneroso verso tutti doversi attardare sul tema della difesa popolare nonviolenta. Ma la legittima difesa rimane sempre; chiaro che uno si deve difendere. Quello che proponiamo è forse una cultura che sta ancora agli stadi germinali e che bisognerebbe incoraggiare. Quello che invece vogliamo escludere è la difesa violenta.
Si parlava anche dell'obiezione fiscale che equivarrebbe a un disarmo unilaterale. Ma il disarmo unilaterale non ci deve far aggrottare le sopracciglia. Siamo anche in linea con il Vangelo. Quando non si riesce a fare il disarmo bilaterale, bisogna avare il coraggio profetico di proporre il disarmo unilaterale.
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- Scritto da Cristina Mattiello
- Categoria: Dicembre 2024 - Un Giubileo di speranza
- Qualifica Autore: presidente del Cipax
Viaggio nelle reti e nelle associazioni di ebrei per la pace.
Occultate, attaccate da media e comunità istituzionali, sono molte le voci ebraiche impegnate per la pace che chiedono il Cessate il fuoco a Gaza e in Libano, e una soluzione giusta. Sono posizioni coraggiose cui, proprio per la nostra vicinanza al popolo palestinese, dobbiamo riconoscenza per l'ostracismo che subiscono nell'esporsi.
Impossibile un elenco completo. In Italia, dopo Moni Ovadia, diversi intellettuali ebrei, tra cui Gad Lerner, hanno espresso un appello dal titolo significativo "Mai indifferenti". Altri gruppi sono collegati a livello europeo e internazionale. Accanto alla Comunità ebraica progressiva Beth Hillel, aderente alla Federazione italiana ebraismo progressivo e alla European Union of Progressive Judaism, esistono e operano altre comunità, ciascuna con peculiarità proprie ma con un unico intento: perseguire la pace.
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- Scritto da Alessandro Marescotti
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- Qualifica Autore: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Il pacifismo invisibile nell'era digitale di Instagram e dei recinti social.
Il 26 ottobre migliaia di pacifisti hanno marciato in sette città italiane: Roma, Milano, Torino, Firenze, Bari, Palermo e Cagliari. In mano avevano i loro cellulari. Hanno scattato foto, girato video, condiviso immagini nei loro gruppi WhatsApp e mostrato sui social gli striscioni colorati e le scritte dei loro manifesti.
Il giorno dopo ci saremmo aspettati di vedere traboccare Internet di immagini per la pace. E invece? Niente. Cercando con i motori di ricerca non si trovava praticamente nulla.
I pacifisti che hanno diffuso le loro foto su Instagram le hanno condivise – tecnicamente parlando – solo con i loro amici. Nulla è arrivato ai giornalisti. E questo dimostra il fallimento di Instagram, social network basato sulle immagini ma che fa vivere gli utenti in bolle comunicative chiuse. In monadi, direbbe Leibniz. Le monadi sono mondi chiusi.
Per Leibniz le monadi comunicavano solo grazie a un'armonia creata da Dio, il grande orologiaio che sincronizza il mondo. Il problema è che su Instagram non c'è un orologiaio che provvidenzialmente fa arrivare al giornalista la nostra bellissima foto condivisa su Instagram.
E non la fa arrivare a nessuno di quelli che non stanno su Instagram. Se cerchiamo con Google le foto, ad esempio, della manifestazione di Firenze del 26 ottobre 2024… non si trovano! E perché? Perché Instagram è un recinto sigillato anche quando lo si imposta in forma pubblica: non è efficace nel documentare la vita sociale e raccontare una manifestazione pacifista.
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- Scritto da Daniela Gean
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- Qualifica Autore: presidente Comunità ebraica progressiva Beth Hillel
La pace non è un'utopia ma una necessità morale.
L'immagine che più di ogni altra trovo efficace per parlare del 7 ottobre è quella che ci riporta a un'altra strage, avvenuta anni fa e in circostanze molto diverse: l'orologio rotto alla stazione di Bologna. Quell'orologio mai riparato è rimasto come monito per tutti noi per ricordare la strage e come impegno morale a trovare e punire i mandanti ovunque questi si trovino. In Israele è come se ogni cittadino ebreo, arabo, cristiano o druso che sia, abbia quell'orologio in casa, in ufficio, in testa e nel cuore, segna le 6.30 del 7 ottobre 2023.
Il brutale pogrom di quel giorno con tutta la sua scia di morti e feriti non è mai in realtà finito, il suo prolungamento non è solo nella lunga e sanguinosissima guerra che ne è derivata, ma in tutte le notizie dei feriti che diventano morti e dei ragazzi che da sopravvissuti diventano suicidi, sono più di 50 i giovanissimi che, scampati alla mattanza del 7 ottobre, non hanno retto al ricordo dell'orrore e ai sensi di colpa d'essere sopravvissuti e si sono tolti la vita.
Parecchi di noi, dopo quella fatidica data, hanno vissuto un prolungato stato di malessere, non riuscivamo a tornare alle nostre solite attività, ci sembrava sacrilego tornare alla routine quando tante vite erano state bruciate nei modi più brutali e cruenti che si possa fare.
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- Scritto da Elza Ferrario
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- Qualifica Autore: responsabile del Gruppo SAE (Segretariato Attività Ecumeniche) di Milano
La Rete sinodale italiana: tre anni di cammino insieme.
Quando, nel 2021, sono stati indetti i due Sinodi, della Chiesa universale e di quella italiana, diverse associazioni cattoliche "di base" si sono sentite chiamate all'azione e hanno dato vita a una rete sinodale, inizialmente di una quindicina di sigle, poi cresciuta fino a contarne una trentina, alcune delle quali a loro volta reti di associazioni.
Le grandi aree rappresentate sono quelle dei gruppi donne, delle associazioni di persone LGBT e dei loro genitori, delle sigle pacifiste. Ci sono poi testate giornalistiche, le Comunità cristiane di Base, i preti operai, associazioni locali e gruppi informali.
A maggio e poi a ottobre 2021 abbiamo inviato due lettere ai "fratelli vescovi" italiani, per chiedere che il percorso sinodale fosse il più aperto, inclusivo e partecipativo possibile e che per la fase deliberativa venisse creata un'Assemblea nazionale, costituita da tutte le componenti ecclesiali, con una significativa attenzione alla componente femminile e una presenza ecumenica.
Documenti
Nel 2022 abbiamo lavorato secondo la modalità degli incontri online, rivolti ai membri delle nostre associazioni e aperti al pubblico; dagli spunti raccolti abbiamo tratto documenti da inviare alle segreterie dei due Sinodi, sottoscritti liberamente dalle associazioni della Rete che volessero aderirvi.
Nel primo documento abbiamo sottolineato che, riguardo alle persone LGBT, c'è un grande bisogno nella Chiesa di formazione degli operatori pastorali e di tutta la comunità dei credenti e abbiamo chiesto la benedizione delle coppie cattoliche omoaffettive e un cambiamento della dottrina: non ci sono "atti di omosessualità intrinsecamente disordinati", ci sono le persone con la loro dignità, i loro amori e la loro sessualità, dono di Dio.
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- Scritto da Mario Gay
- Categoria: Dicembre 2024 - Un Giubileo di speranza
- Qualifica Autore: ricercatore senior, collabora con IRIAD REVIEW
Quando l'intelligenza artificiale si sposa con le armi: cosa cambia e in che direzione?
"Sparagli Piero, sparagli adesso…e dopo un colpo sparagli ancora", cantava mogio De André a metà degli anni Sessanta dello scorso secolo, in piena guerra del Vietnam affollata di fanti appiedati. C'è da domandarsi cosa canterebbe oggi a fronte di attrezzi militari supertecnologici che hanno già deciso dove, quando e contro chi o cosa aprire il fuoco per uccidere e distruggere. Come nel caso dell'onnipresente sistema aereo sprovvisto di pilota a bordo, il drone, il più noto tra i tanti strumenti militari che hanno già rivoluzionato anche la guerra.
Ecco, la disumanità di un ritrovato, peraltro adatto anche ai regali del prossimo Natale, grazie al suo utilizzo civile e militare, è colta anche in questo aspetto: nessun bravo cantautore, nessun Fabrizio, racconterà cantando di un attrezzo militare autonomo, tantomeno metterà in musica un sistema d'arma autonomo letale. LAWS, per gli esperti militari: Lethal Autonomous Weapon System.
Sostituire Piero con una macchina autonoma, cioè, dotata della stessa intelligenza che consente al soldato di prendere una decisione definitiva, non è ancora realtà, fortunatamente. Ma sembra che in molti stiano lavorando alacremente per realizzarla.
La tecnologia dell'intelligenza artificiale (AI, Artificial Intelligence) lo renderà possibile presto, molto presto, grazie in particolare a quella branca dell'AI che va sotto il nome di apprendimento automatico, già applicato con successo in vari ambiti: dal riconoscimento di immagini e interi ambienti, della voce e del linguaggio naturale, alla traduzione immediata di qualsiasi lingua, all'organizzazione e analisi immediata di enormi quantità di dati con fini predittivi o di diagnosi e al controllo di sistemi autonomi, come i veicoli a guida autonoma.
Due tappe dell'agognata autonomia che procede a tappe forzate sono già state pienamente realizzate. Superato di gran lunga l'automatismo – preistoria dell'industria militare impegnata nella produzione di mitragliatrici e mine a esplosione automatica, peraltro già fuori legge a livello internazionale – è stata messa in servizio una macchina che ha il pieno controllo dell'ambiente, ma è l'essere umano che la guida da remoto e prende la decisione finale su cosa debba fare.
Questo sistema è definito semiautonomo ed è comune alla generazione dei droni attualmente più diffusa in commercio (uso civile) e in guerra (uso militare).
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- Scritto da Allegra Tonnarini, Maria Corbani
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- Qualifica Autore: Giovani del SAE – Segretariato Attività Ecumeniche
La nostra città è il nostro avvenire: i giovani artefici del cambiamento. Per un'etica sociale condivisa.
Sono trascorsi sessant'anni dallo storico abbraccio tra papa Paolo VI e il patriarca Atenagora, sul Monte degli Ulivi di Gerusalemme. Una riconciliazione storica, accompagnata dalla revoca delle reciproche scomuniche, dopo ben 900 anni dal grande scisma.
Con il ricordo di questo anniversario e dei tanti protagonisti della storia dell'ecumenismo, si è aperto il 25 ottobre scorso l'evento del SAE (Segretariato attività Ecumeniche) dedicato ai giovani, dal titolo "Verso una città ecumenica. Giovani per un'etica sociale condivisa".
Nella splendida cornice dell'Istituto avventista di Villa Aurora di Firenze, giovani under 35 di diverse confessioni, provenienza geografica, studi, si sono incontrati per ragionare insieme del rapporto tra etica, religioni e diritti.
In dialogo
In un mondo segnato da conflitti religiosi, è possibile trasformare la diversità della fede in un fattore di unità? Un dialogo costruttivo tra istituzioni e cittadini può favorire un'etica civile condivisa, superando le divisioni confessionali? A tal fine è cruciale comprendere come le diverse confessioni cristiane intendano l'etica pubblica.
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- Scritto da Maria Paola Nanni
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- Qualifica Autore: Centro Studi e Ricerche IDOS
Oltre la retorica dell'invasione. I dati e le analisi del Dossier Statistico Immigrazione 2024.
Il rilancio dell'immigrazione al centro dell'arena politica è uno dei tratti distintivi del dibattito pubblico italiano dell'ultimo biennio. Dopo tre anni in cui prima la pandemia e poi la guerra in Ucraina avevano ridimensionato l'attenzione e l'allarme verso i flussi di migranti e richiedenti asilo, dalla fine del 2022 la questione migratoria è tornata a catalizzare l'interesse collettivo. E, ancora una volta, l'ha fatto nel segno dell'allarme e dell'emergenza, sulla scia di un discorso politico saldamente impostato in termini securitari e difensivi, in cui, come in un eterno deja vu, i mari e le frontiere sono presidi da proteggere e le persone migranti simboli di pericolo e di estraneità.
Le cause
Sullo sfondo della ostinata persistenza di visioni e approcci di governo sempre uguali a se stessi, tarati su toni allarmistici e su un immaginario escludente, il Dossier Statistico Immigrazione 2024, torna a proporre una visione più ampia e complessa, che parte dallo scenario internazionale e inquadra, sotto una luce diversa, le letture emergenziali che dominano l'attualità italiana ed europea.
Da questa prospettiva, il primo elemento che cattura l'attenzione è l'aggravamento dei cosiddetti fattori di spinta: le cause strutturali della povertà e della violazione dei diritti e della dignità, che inaspriscono le disuguaglianze e spingono un numero crescente di persone a lasciare i propri territori di origine in cerca di sicurezza, protezione e condizioni di vita adeguate.
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- Scritto da Andrea Lariccia
- Categoria: Dicembre 2024 - Un Giubileo di speranza
- Qualifica Autore: insegnante
Una scuola, giovani curiosi e critici e tanta voglia di confronto e di scrittura. Racconto di un progetto.
Sono trascorsi pochi mesi da quando la 3aA (diventata nel frattempo 4aA) del Liceo classico Tito Livio di Milano ha vissuto la sua esperienza di viaggio d'istruzione.
Tre giorni vissuti in Toscana per ripercorrere le orme di Giorgio La Pira (sindaco di Firenze per tre mandati, dal 1951 al 1964) e don Lorenzo Milani. Prima di salire sui monti del Mugello (dove si trova intatto ciò che resta del sogno di Barbiana) e inoltrarci nelle vie del centro di Firenze, la prima tappa è stata Rondine, definita "Cittadella della pace" a causa dell'impegno instancabile per la ricomposizione creativa e nonviolenta dei conflitti, cominciato quasi trent'anni fa da Franco Vaccari, insegnante e testimone di pace. Tornati in sede, abbiamo avvertito l'urgenza di far sedimentare l'esperienza in riflessioni più organiche.
Il laboratorio di scrittura collettiva che ne è seguito è stato incentrato su quattro temi fondamentali, sulla base dei quali gli studenti hanno formato quattro diversi gruppi: cittadinanza e partecipazione; politica e bene comune; relazioni e conflitti; scuola, conoscenza di sé e inclusione.
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- Scritto da Giulia Bordin
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- Qualifica Autore: Advocacy officer presso Pax Christi International
Il Premio per la Pace di Pax Christi International a Parents Circle-Families Forum.
Il 29 settembre 2024 si è tenuta a Roma la cerimonia di assegnazione del Premio per la Pace 2023 di Pax Christi International, conferito ufficialmente a Parents Circle - Families Forum (PCFF), un'organizzazione israelo-palestinese che riunisce oltre 700 famiglie, accomunate dalla tragica esperienza della perdita di persone care nel contesto della violenza in Terra Santa. Conferendo loro questo riconoscimento, Pax Christi International sostiene la loro missione di costruire una pace duratura, basata sulla riconciliazione, sul dialogo e sulla convinzione che la pace sia un obiettivo concreto e raggiungibile.
Parents Circle
Il lavoro dell'organizzazione – Parents Circle-Families Forum – nata nel 1995 e il cui primo incontro tra famiglie si è svolto nel 1998, rappresenta un esempio concreto di come la nonviolenza e l'incontro con l'altro possano essere ponti per superare divisioni profonde e diffondere un messaggio di speranza. Ciò che rende unico il loro impegno è la capacità di trasformare il dolore personale in una forza di cambiamento, promuovendo la pace attraverso il dialogo e la riconciliazione, piuttosto che alimentare risentimento e vendetta.
Nonostante la crescente violenza nella Regione, il loro appello per la pace non ha perso forza, anzi, è diventato sempre più cruciale. Il loro messaggio acquista un significato particolare, derivando dall'elaborazione della profonda sofferenza per la perdita violenta di una persona cara e dalla capacità di trovare nella condivisione del dolore la forza per sperare. Desiderano essere gli ultimi a provare un dolore così intenso a causa dell'instabilità presente da più di un secolo nel territorio e, sebbene le circostanze attuali possano far pensare il contrario, la luce che sprigiona dalla loro tenacia e dalle loro attività continua a brillare nella speranza che ciò si realizzi.
Nell'ultimo anno, le loro attività nelle scuole israeliane hanno subito un cambiamento significativo a causa della decisione del Ministro dell'Educazione israeliano di escludere il programma di dialogo del PCFF dal database dei programmi esterni approvati per le scuole superiori. Sebbene la Corte si sia espressa contro questa decisione, queste specifiche attività dell'organizzazione restano ostacolate e limitate, impedendo così la diffusione di un messaggio di riconciliazione e pace nelle scuole, in un momento storico in cui è più che mai necessario. Le giovani generazioni vengono così private di una risorsa fondamentale che potrebbe dimostrare loro come la nonviolenza e l'incontro con l'altro siano strettamente legati al raggiungimento della pace.
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- Scritto da Giovanni Capurso
- Categoria: Dicembre 2024 - Un Giubileo di speranza
- Qualifica Autore: docente di Storia e Filosofia
Da Turoldo a noi: quale il ruolo del cristiano di fronte ai rombi dei cannoni?
Scoprii David Maria Turoldo tanti anni fa quasi per caso. Studente universitario entrai in una piccola libreria e notai due grossi volumi delle omelie dei suoi ultimi anni di vita, quando il male lo aveva già aggredito. Da allora l'ho sempre letto. Il tema della pace era ricorrente nei suoi discorsi. E del resto, lui stesso, impegnato come partigiano nella lotta "dell'umano contro il disumano", aveva sperimentato in prima persona il dramma della guerra mondiale.
Il volumetto Cercate la pace, pubblicato di recente da Castelvecchi (a cura di Luigi Giario, 2023), ci consegna una delle cifre essenziali del suo magistero e della sua spiritualità. Le sue parole sono curate, dirette, genuine e a tratti dirompenti. Sono parole di chi vuole scuotere le coscienze. I suoi scritti sono dei tuoni nella terra fertile di armi, sono saette nella rarefazione delle relazioni. Da buon profeta del nostro tempo, come pochi altri, ha indicato i sentieri per cercare dei varchi di pace in un'epoca inquieta.
A distanza di molti anni le parole di padre Turoldo ci riecheggiano dentro e ci interrogano. Ancora oggi le terribili guerre alle porte dell'Europa, nelle martoriate terre ucraina e palestinese, non possono che portarci a riflettere su quale debba essere il ruolo del cristiano nell'alzarsi in piedi e farsi "costruttore di pace".
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- Scritto da Fabrizio Truini
- Categoria: Dicembre 2024 - Un Giubileo di speranza
La nonviolenza politica e i cristiani: una nuova cultura possibile.
Le persone possono essere definite "cristiane" se credono in Gesù e se traducono in azioni i Suoi insegnamenti, come "amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi" (Gv.13,24). Come tradurre queste parole oggi e viverle nella prassi quotidiana?
La nuova cultura della nonviolenza può agevolare la ricerca di quanti intendono seguire le orme di Gesù Cristo? In primo luogo, occorre sapere se si può definire Gesù un nonviolento politico. Gli aggettivi "nonviolento" e "politico" potrebbero apparire se non errati, quantomeno inappropriati, anche perché tali appellativi non si trovano nel Nuovo Testamento. È possibile rintracciare in Lui la dimensione politica della personalità nonviolenta, se si tiene presente la storia del termine "nonviolenza".
Violenza
La lettura storico-critica della Bibbia può aiutare a chiarire il problema. Nell'A. T. la violenza è documentata non solo con la descrizione di tante guerre, ma è addirittura attribuita all'azione di Dio. Un esegeta, Giuseppe Barbaglio, riprendendo la ricerca di altri autori (N. Lohfink, Il Dio della Bibbia e la violenza, tr. it. Brescia 1985), scrive un saggio Dio violento? (Assisi 1991), in cui non solo riporta il gran numero di vicende belliche, ma aggiunge che vi sono un centinaio di passi in cui appare Jahvé che ordina espressamente di sterminare tutti i vinti: il c.d. cherem è l'espressione più crudele della guerra santa.
Ovviamente, oggi affermiamo che questa è la rappresentazione errata che avevano gli antichi scrittori biblici. Infatti, arriva Gesù che, ricordando la bontà universale di Dio, riesce a capovolgerla, rivelando all'umanità la nuova immagine di Padre misericordioso. La più recente ricerca biblica ha riletto le parole evangeliche e le azioni di Gesù ricollocando la sua vita di umile falegname e di profeta emarginato entro il contesto culturale, religioso, politico ed economico della Galilea e della Giudea del suo tempo.
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- Scritto da Riccardo Michelucci
- Categoria: Dicembre 2024 - Un Giubileo di speranza
- Qualifica Autore: giornalista
L'Irlanda, la pace possibile e un viaggio nel cuore di una pagina recente e dolorosa della storia d'Europa.
"Se negli anni Novanta mi avessero detto che l'Irlanda avrebbe vissuto venticinque anni di pace non ci avrei mai creduto. Invece è successo. È servita tutta la vostra perseveranza e la vostra tenacia. Da allora abbiamo capito che il possibile esiste dentro l'impossibile". L'enfasi con la quale il senatore statunitense George Mitchell pronunciò queste parole l'anno scorso a Belfast, in occasione del 25° anniversario dell'Accordo del Venerdì Santo, era più che giustificata. Nel 1998 era stato lui a guidare i negoziati di pace in Irlanda del Nord per conto della Casa Bianca e Il 10 aprile di quello stesso anno, dopo mesi di trattative estenuanti, aveva annunciato al mondo che la più lunga guerra europea del XX secolo poteva dirsi finalmente conclusa.
Poco più di due anni prima, a Dayton, serbi, croati e musulmani avevano raggiunto la pace in Bosnia ma l'avevano fatto sotto la minaccia dei bombardieri americani; il clima che si respirava a Belfast era invece completamente diverso e faceva ben sperare sulla solidità di quell'accordo. Ma anche lì fu chiaro fin da subito che le firme in calce a quello storico accordo – poi ratificato da due referendum dall'esito quasi plebiscitario – non sarebbero bastate a seppellire i fantasmi del passato.
Anche quella guerra aveva il veleno nella coda. Pochi mesi dopo l'accordo di pace, prima che entrasse in carica il nuovo governo autonomo formato da repubblicani irlandesi e unionisti filo-britannici, ci furono altri attentati e altre morti innocenti. Da allora le istituzioni condivise di Belfast sono state sospese più volte e l'Irlanda del Nord ha vissuto numerosi momenti di impasse politica ma la pace non è mai stata messa seriamente in discussione e l'attuazione dell'Accordo del Venerdì Santo ha favorito un cambiamento radicale in tutta l'isola.
Dossier - Dicembre 2024 - La strada della speranza
"Spes non confundit": dal Giubileo ai giorni nostri
A cura della Redazione
Nella bolla di indizione del Giubileo 2025 è indicata la strada per superare il clima di rassegnazione del mondo contemporaneo. È un invito a riacquistare fiducia nell'amore di Dio e a scorgere i nuovi cammini che si dischiudono dinanzi a noi. Nelle pagine che seguono offriamo spunti di riflessioni sul dialogo, sul perdono, sulla pace e sulla diplomazia come risoluzione dei conflitti, sul pellegrinaggio come necessità e sull'accoglienza come stile di vita.
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