La nonviolenza politica e i cristiani: una nuova cultura possibile.

 

Le persone possono essere definite "cristiane" se credono in Gesù e se traducono in azioni i Suoi insegnamenti, come "amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi" (Gv.13,24). Come tradurre queste parole oggi e viverle nella prassi quotidiana? 

La nuova cultura della nonviolenza può agevolare la ricerca di quanti intendono seguire le orme di Gesù Cristo? In primo luogo, occorre sapere se si può definire Gesù un nonviolento politico. Gli aggettivi "nonviolento" e "politico" potrebbero apparire se non errati, quantomeno inappropriati, anche perché tali appellativi non si trovano nel Nuovo Testamento. È possibile rintracciare in Lui la dimensione politica della personalità nonviolenta, se si tiene presente la storia del termine "nonviolenza".

Violenza

La lettura storico-critica della Bibbia può aiutare a chiarire il problema. Nell'A. T. la violenza è documentata non solo con la descrizione di tante guerre, ma è addirittura attribuita all'azione di Dio. Un esegeta, Giuseppe Barbaglio, riprendendo la ricerca di altri autori (N. Lohfink, Il Dio della Bibbia e la violenza, tr. it. Brescia 1985), scrive un saggio Dio violento? (Assisi 1991), in cui non solo riporta il gran numero di vicende belliche, ma aggiunge che vi sono un centinaio di passi in cui appare Jahvé che ordina espressamente di sterminare tutti i vinti: il c.d. cherem è l'espressione più crudele della guerra santa.

Ovviamente, oggi affermiamo che questa è la rappresentazione errata che avevano gli antichi scrittori biblici. Infatti, arriva Gesù che, ricordando la bontà universale di Dio, riesce a capovolgerla, rivelando all'umanità la nuova immagine di Padre misericordioso. La più recente ricerca biblica ha riletto le parole evangeliche e le azioni di Gesù ricollocando la sua vita di umile falegname e di profeta emarginato entro il contesto culturale, religioso, politico ed economico della Galilea e della Giudea del suo tempo.

Da tali studi è emerso che la nonviolenza costituisce il cuore del Vangelo. Tesi ulteriormente avvalorata da papa Francesco, il quale, in particolare nel messaggio per la Giornata della pace del 2017, dal titolo La nonviolenza stile di una politica di pace, afferma: "Gesù, quando la notte prima di morire disse a Pietro di rimettere la spada nel fodero (Mt. 26,52), tracciò la via della nonviolenza". E poi con numerose dichiarazioni successive, fino all'enciclica "Fratelli tutti", ha avvalorato la ricerca sulla dimensione nonviolenta e politica della vita di Gesù, nel senso di vederlo intervenire nella vita sociale e comunitaria del suo tempo, contrapponendosi decisamente ("fu scritto, ma Io vi dico") alla cultura dominante. È indubbio che questa ottica rivoluzionaria di interpretare il nesso tra politica e religione sia dovuta, come riconosce lo stesso Papa, alla cultura della nonviolenza assunta anche da testimoni di altre religioni, tra cui Gandhi, il quale a sua volta confessa di aver intrapreso la strada della nonviolenza dopo la lettura del testo di Lev Tolstoj Il Regno di Dio è in voi.

Militarismo

Il tema del militarismo verrà ripreso in Italia da Aldo Capitini, un pensatore laico, ma con una evidente impronta religiosa, che comprende appieno la novità della proposta della nonviolenza, accogliendola in un'etica della responsabilità politica. Da qui l'elaborazione della proposta filosofica, religiosa, pedagogica e soprattutto politica della prassi nonviolenta, definita da Capitini come "attiva apertura all'esistenza, alla libertà, allo sviluppo, alla compresenza di tutti gli esseri". E oggi è stato riconosciuto, non solo nell'Italia democratica, il diritto a svolgere un servizio civile alternativo a quello militare, poiché viene ammesso che si può difendere la Patria senza far uso delle armi. 

Ecco, però, l'urgenza di chiederci oggi che cosa significa concretamente la democrazia. Da alcuni anni si afferma che viviamo in una "post-democrazia, dove tutte le forme democratiche continuano a funzionare, ma sono diventate un rituale, perché le decisioni importanti sono prese altrove, da élite politiche ed economiche e finanziarie" (Colin Crouch, 2003). Tanto è vero che ci si chiede se, dopo esser passati da sudditi a cittadini, non si stia tornando da cittadini a sudditi, in un processo di regressione politica, come si constata nelle c.d. "democrazie del benessere" nell'Occidente. È opportuno, però, sottolineare che per definire compiutamente la democrazia occorre metterla in relazione con la pace, da considerarsi il primo fondamentale diritto universale.

Stati sovrani

Purtroppo, persiste la sovranità degli Stati. Un giurista tedesco (Gierke) ammette che "la sovranità è un concetto polemico", nel senso che è strettamente legato alla guerra, in quanto il sovrano assoluto è il "legislator, legibus solutus". Finché esisteranno gli Stati sovrani si rischierà sempre la guerra, come d'altra parte è ammesso dall'art. 51 dell'ONU, che permette la legittima difesa, come per il singolo cittadino. Lo Stato sovrano è ancor oggi padrone della vita dei suoi cittadini, resi dunque sudditi. Tanto è vero che i giuristi riconoscono che la Costituzione italiana che "ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione nelle controversie internazionali", è priva di ogni contenuto giuridico. Occorre esprimere un pensiero nuovo e attuare gesti di contrapposizione al militarismo per prevenire le guerre, cioè creare la cultura politica della nonviolenza che rinnova il rapporto tra lo Stato e la cittadinanza. Un episodio della vita di Gesù, narrato dagli evangelisti, può aiutarci a impostare il problema. Si tratta di quello famoso relativo alla richiesta rivoltagli da farisei ed erodiani sulla liceità di pagare il tributo a Cesare. Ben nota la risposta di Gesù: "Rendete a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio". Si conosce bene l'interpretazione fornita di questo passo: il fondamento della separazione dell'ambito religioso da quello politico. In verità molti esegeti traducono la congiunzione "e" con un "ma", che denota quindi una contrapposizione, come se Gesù dicesse che vi sono persone che accettano di pagare il tributo a Cesare, mentre coloro che amano Dio e le persone, fatte a Sua immagine, devono servire solo Dio e ogni fratello e sorella. Se la cittadinanza viene riconosciuta quando si pagano le tasse per realizzare i beni della comunità, ebbene ogni cittadino/a, recuperando la propria autonomia, ossia di essere legge a sé stesso/a, ha il diritto di decidere sulla finalità del proprio tributo. Ecco doveroso, perciò, incidere sugli investimenti da fare in favore della pace e non degli armamenti.

Non si può non concordare con quanto affermato da due grandi pacifisti, Einstein e Freud. Il primo nel famoso carteggio che si erano scambiati nel 1932 affermava che "la guerra è solo un'occasione buona per realizzare profitti" e auspicava "l'avvento di una nuova legge che privi gli Stati della loro sovranità per arrivare a un'organizzazione sovranazionale". Il secondo sosteneva che "dobbiamo ribellarci contro la guerra… e non si tratta solo di un rifiuto intellettuale o affettivo, si tratta di un'intolleranza costituzionale" e poi profetizzava; "non è utopia sperare che l'influsso dei due fattori, un atteggiamento più civile e il giustificato timore di una guerra futura, ponga fine alle guerre in un prossimo avvenire".

Sì, oggi possiamo sperare che la nuova cultura della nonviolenza politica, fondata sul diritto alla pace, riconosciuto grazie all'obiezione di coscienza al servizio militare e all'obiezione fiscale, possa introdurre tutte le persone e le Chiese, non solo cristiane, in un'era di pace, segno escatologico della "Città santa, nuova Gerusalemme, che scende dal cielo" (Apoc. 21,2).

 

 

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Per approfondire

La versione integrale dell'articolo è pubblicata sul sito di Mosaico di pace.

 

 

 

 


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