Qualifica Autore: giornalista, a lungo corrispondente ANSA a Mosca e a Tel Aviv; membro del comitato di redazione di Confronti

Il Giubileo può essere occasione per ricucire lo strappo che la guerra in Ucraina ha provocato tra cattolici e ortodossi?

 

La speranza che il Giubileo 2025 porti pace anche alle Chiese, oltre che al mondo dilaniato da guerre, percorre Spes non confundit. Ma l'auspicio deve confrontarsi con una realtà ecclesiale tremendamente complicata, almeno per quanto riguarda la situazione interna all'Ortodossia, e gli ardui rapporti fra le tre Rome.

Il Concilio panortodosso di Creta

Dopo studi e tentativi durati ben cinquant'anni, all'inizio del 2016 i patriarchi e primati delle quattordici Chiese ortodosse autocefale – tra i quali il patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo, è il primus inter pares – decisero finalmente di celebrare un Concilio pan-ortodosso. Esso era previsto a Istanbul ma, poi, si preferì Creta, isola greca che, ecclesiasticamente, dipende però da Costantinopoli.

Tutto era pronto per il "Santo e grande Sinodo della Chiesa ortodossa", che si sarebbe celebrato dal 18 al 27 giugno del 1916, quando, praticamente alla vigilia del suo avvio, una notizia paralizzò il Fanar (quartiere di Istanbul dove da secoli è la residenza del patriarcato ecumenico): la delegazione della Chiesa russa, guidata dal patriarca Kirill, non avrebbe partecipato. Per capire lo sbigottimento per l'annunciata assenza occorre ricordare che, su circa 250 milioni di ortodossi sparsi nel mondo, la metà appartengono a quella Chiesa.

Subito dopo, anche altre tre Chiese autocefale disdissero la loro presenza: il patriarcato di Antiochia (in Siria), quello bulgaro e quello georgiano. Non si andava molto lontani dal vero se si ipotizzava – come fecero i greci – che queste assenze erano state "suggerite" da Mosca. Perché? Era in atto da tempo un contenzioso intra-ortodosso che, ogni tanto, emergeva: il patriarcato russo accusava quello di Costantinopoli di interferire nei suoi affari interni e, perciò, non andava a Creta, dove si sarebbe svolta un'Assemblea di fatto, secondo i russi, manovrata dal Fanar. Inoltre, fra le due Parti cresceva un dissidio sul modo legittimo per concedere l'autocefalia a una Chiesa: spettava al Fanar (tesi di Bartolomeo) o all'unanimità dei primati delle Chiese ortodosse (tesi di Kirill)?

L'assenza del patriarcato russo, più gli altri tre, azzoppava il Concilio; esso, da "pan" ortodosso, diventava semplicemente "ortodosso": una ferita per Bartolomeo. 

Scontro fatale per la Chiesa autocefala ucraina

Nel settembre di due anni dopo si viene a sapere che Bartolomeo, con il suo Sinodo, intende favorire la riunificazione di tutte le Chiese ortodosse ucraine [la minuscola Chiesa autocefala; il patriarcato di Kiev, guidato dal metropolita Filaret, che Mosca già aveva scomunicato; la Chiesa ortodossa ucraina (COU), un esarcato strutturalmente legato al patriarcato russo]. Energica fu la protesta di Kirill, ma il Fanar non si arrestò e il 15 dicembre 2018, sotto l'alto patronato del presidente ucraino, Petro Poroshenko, si tenne a Kiev il "Concilio della riunificazione", che decise di proporre al patriarcato di Costantinopoli di concedere lo statuto dell'autocefalia alla neonata "Chiesa autocefala ucraina (CAU).

Però la COU – la comunità più numerosa per numero di vescovi, di parrocchie e di fedeli – non entrò nella neonata Chiesa, ritenuta illegale; da parte sua il patriarcato russo preannunciò provvedimenti gravissimi contro Bartolomeo.  Questi, il 5 e 6 gennaio 2019, ricevette al Fanar il metropolita Epifany, primate della nuova Chiesa, e gli concesse il tomos (decreto) sull'autocefalia. Il patriarcato di Mosca rispose immediatamente, sostenendo che l'atto violava il "territorio canonico" del patriarcato di Mosca; derise un Bartolomeo che pretendeva di fare il "papa" dell'Ortodossia; e, infine, tagliò la comunione eucaristica con il patriarcato di Costantinopoli (nessun vescovo russo, da allora, concelebrerà con un vescovo legato al Fanar). Ufficialmente, dunque, è lo scisma tra la "seconda Roma" e la "terza", Mosca (che, sostengono i russi, ha assunto questo ruolo dopo che l'antica Bisanzio, nel 1453, cadde in mano ai turchi).

Il giudizio sull'autocefalia della CAU ha diviso le Chiese ortodosse autocefale: alcune, filo-russe; altre, filo-elleniche. Una situazione ecclesialmente gravissima, che lacera l'Ortodossia, e pone in angoscia anche la "prima" Roma. Francesco starà però attentissimo a non entrare nella diatriba, e a non sbilanciarsi per l'una o l'altra Parte.

La guerra di Putin rende esplosiva la questione ucraina

Il 24 febbraio 2022 l'esercito russo invade l'Ucraina. Tutto il mondo chiama "guerra" l'iniziativa decisa dal capo del Cremlino, Vladimir Vladimirovic Putin, ma lui l'ha definita "Operazione militare speciale" (OMS): chi, in Russia, parlasse di "guerra", sarebbe punito. In questa sede, non ci addentriamo negli aspetti politici, bellici e fattuali di questa tragedia, perché tutti, guardando i telegiornali, hanno potuto avere un minimo di informazione sulla vicenda, e hanno visto i danni tremendi che essa ha provocato anche sui civili (molte decine di migliaia di vittime, persone torturate, donne violate, bambini rapiti, palazzi distrutti). Il Presidente russo ha detto di aver agito per stroncare in anticipo il tentativo della Nato – che covava dal 2014 – di attaccare la Russia. Il Presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, rivendica il diritto di chiedere alla Nato aiuto per difendere il suo Paese; e proclama che vuole riprendersi la Crimea (annessa dai russi nel 2014), e che non cederà mai le regioni di Lugansk e Donetsk occupate dai russi.

Ma torniamo all'aspetto religioso (certo, intriso di politica!) della vicenda ucraina. Ovviamente, la CAU ha condannato l'invasione russa. Ma – quello che pochi in Occidente ricordano! – è il fatto che anche alti dirigenti del patriarcato di Mosca, ma viventi al di fuori della Russia, hanno fatto altrettanto. Proprio il giorno di inizio della OMS, Onufry, metropolita di Kiev e primate della COU, ha protestato vivissimamente: "Difendendo la sovranità e l'integrità dell'Ucraina noi ci rivolgiamo al Presidente della Russia e gli domandiamo di cessare immediatamente la guerra fratricida. Una tale guerra non trova giustificazione né davanti a Dio né davanti agli uomini". Analoghe le parole a Kirill del metropolita Jean di Dubna che, da Parigi, guida le comunità di origine russa sparse in Europa occidentale; e di Innokenty, metropolita di Vilnius e guida della (piccola) Chiesa ortodossa lituana legata a Mosca. Nella stessa Russia quattrocento popy (preti) e diaconi hanno espresso solidarietà ai "fratelli" ucraini.

Kirill: "Quella in Ucraina è una guerra santa"

Papa Francesco si è dato tantissimo da fare per affrontare la situazione ucraina (anche inviando per due volte a Mosca il cardinale Matteo Zuppi per cercare di riportare in patria migliaia di ragazzini che i russi avrebbero "deportato"). Ha telefonato a Kirill e, dopo un colloquio piuttosto tempestoso, si erano accordati per vedersi, il 14 giugno 2022, a Gerusalemme; ma constatata la divergenza insanabile delle loro opinioni sul caso ucraino, hanno poi rinviato sine die il loro incontro.

Intanto, per la "Via crucis" dal Colosseo, del 15 aprile 2022, Francesco aveva voluto che, in una stazione, due donne, una russa e una ucraina, portassero insieme la croce. Fatto che ha indignato moltissimo i greco-cattolici ucraini (una forte minoranza nel Paese), secondo i quali con quel gesto il pontefice poneva sullo stesso piano aggressori e aggrediti.

E torniamo a Mosca. Il 27 marzo scorso il Concilio (Sobor) del popolo russo – assemblea para-governativa creata da Kirill – ha approvato un testo in cui afferma: "L'OMS è una nuova tappa della lotta di liberazione del popolo russo contro il regime criminale di Kiev e dell'Occidente collettivo, condotto sulle terre del sud-ovest della Rus' dal 2014… Da un punto di vista spirituale e morale l'Operazione militare speciale è una guerra santa, con la quale la Russia e il suo popolo proteggono il mondo dall'assalto del globalismo e dalla vittoria dell'Occidente che è sprofondato nel satanismo".

Per valutare tali apocalittiche parole, situate nella scia del Russky mir (Pensiero russo) – che affida un compito messianico alla Russia cristiana per salvare il mondo dalla perdizione – occorre ricordare che a Kiev si iniziavano a celebrare dei Gay-pride, esaltando dunque l'omosessualità e la galassia Lgbtq: una scelta che Kirill considera demoniaca perché contraria – afferma – alla Bibbia. Purtroppo, egli ha poi rimarcato spesso, le Chiese occidentali (in particolare quelle della Riforma), hanno dimenticato l'insegnamento di Gesù: ma la Chiesa russa – precisava – si opporrà a questo tradimento. E Putin ha sempre ringraziato Kirill per la sua strenua difesa della "famiglia tradizionale".

Di fronte a questo tremendo anatema è difficile immaginare che nel 2025, quando la Chiesa di Roma invita tutti a celebrare, con pentimento e speranza, un Giubileo, le tre Rome si intendano. La loro pacificazione – che avrebbe anche importanti e positive conseguenze geopolitiche per la pace – appare differita a un futuro lontanissimo.

Dio abbia pietà della prima, della seconda e della terza Roma.

 

 

 

 


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