Qualifica Autore: già vicepresidente di Pax Christi Italia

La pace passa per la politica. Per la via della diplomazia, per il primato del diritto.

 

La ricerca del volto

Quando Tonino Bello, nel suo Alla finestra la speranza, ci parla della pace anche come "ricerca del volto", propone la sostanza della diplomazia: il superamento della logica del nemico, la "ricomposizione dei rapporti umani nella verità, nella giustizia, nella libertà e nell'amore" (Pacem in terris), "il primato del diritto" (Fratelli tutti). Per don Tonino e papa Francesco (suo discepolo ed erede), si tratta di "organizzare la speranza" per costruire la "convivialità delle differenze". In tale contesto si colloca il nostro Luigi Bettazzi che, proprio un mese prima di lasciarci, ci offre tre indicazioni: acquisizione di una cultura nonviolenta, interposizione dinamica e diplomazia, argomentate anche nell'ultimo scritto A tu per tu con Dio (Edb, 34).

Poliedrica e multilaterale

Il Papa lo ripete spesso. La pace va preparata, organizzata, promossa, curata e sperimentata: cinque aspetti che Francesco a Verona, il 18 maggio 2024, evidenzia con decisione rispondendo alle domande dei tavoli preparatori. È il suo modo di proporre la diplomazia come "artigianato" e "architettura". Lo scrive in Fratelli tutti (217 e 231) in rapporto con temi come il primato del diritto (173, 257), la migliore politica (cap. 5), la vita come "arte dell'incontro" (215, 228-232), il perdono (236-245, 250-254), il disarmo (256-262). Sono riflessioni sconosciute ai più, anche ai "pacifisti", volutamente ignorate da tanti esponenti della cultura e della politica. A Verona il Papa si sofferma sulla necessità di riconoscere e gestire i conflitti alla luce dell'abbraccio tra un palestinese e un israeliano, da lui considerato come "un progetto di futuro". Tra la guerra e la pace ci sono vari passaggi da compiere: cessate il fuoco, tregua, diritto umanitario, negoziato, arbitrato, mediazione, riparazione, riconciliazione, cooperazione. Per Francesco si tratta di esercitare "la virtù dei forti" contro "la vera resa" incarnata nella guerra, attivando una "diplomazia multilaterale" (ne ha parlato il 24 agosto 2024 a una rete di legislatori cattolici).

Prevenire i conflitti

L'iniziativa diplomatica, poco tematizzata dai movimenti per la pace, oggi diventa prioritaria. La pace non può essere affidata allo spontaneismo. Ai proclami. Ai convegni. Alle marce. Ha bisogno di approcci concreti, di percorsi pazienti e graduali. Fare diplomazia vuol dire esercitare una cittadinanza attiva competente, un artigianato solidale. Ce l'hanno insegnato molti testimoni. Ad esempio, Tonino Bello con l'invito alla "compassione del cervello"; Antonio Papisca, fondatore del Centro diritti umani dell'Università di Padova; Johan Galtung, cui Mosaico di pace ha dedicato il dossier di maggio 2024; Alberto L'Abate con il suo scritto L'arte della pace (Centro Gandhi) e altri. Bisognerebbe studiare le esperienze di realtà come la Commissione sudafricana per la verità e la giustizia, le pratiche sudamericane "Nunca mas", la Comunità di S. Egidio, Nevé Shalom- Wahat as salam, Parent's Circle, "Ponti e non muri", Operazione Colomba, Tents of Nations, Alleanza per la pace in Medio Oriente, Women wage peace, Women the sun, Community Peacemakers Team, Mesarvot, Combatants for peace, il Centro torinese Sereno Regis, Rondine Cittadella della pace di Arezzo, il Centro psicopedagogico di Piacenza e ora l'Istituto cattolico per la nonviolenza di Pax Christi international. In tale contesto, si muovono alcune frasi del documento offerto dal tavolo Disarmo di Arena 2024: "promuovere la diplomazia rivolta alla prevenzione dei conflitti attraverso il dialogo, la mediazione e la riconciliazione. Lasciare spazio alle iniziative della diplomazia dal basso unitamente al protagonismo della società civile locale, intraprendendo politiche per sostenerlo; appoggiare

con decisione la missione del sistema di sicurezza collettiva sotto l'egida multilaterale delle Nazioni Unite, oggi abbandonato, e superare le alleanze militari".

Salviamo l'ONU

La prima architettura diplomatica da salvare e rilanciare è quella dell'ONU che, con l'obiettivo 16 dell'Agenda 2030 (Pace, giustizia e istituzioni solide), intende abbracciare un'idea di "pace positiva", come insieme di atteggiamenti, strutture e percorsi a servizio della pace. Proprio un'ONU da rifondare deve essere l'unica autorità legittima a fermare i conflitti sia con le sue forze di interposizione sia con una robusta iniziativa diplomatica e giuridica. In ambito ONU è possibile operare ripartendo dall'Agenda per la pace di Boutros Ghali (1992) e dall'Agenda 2030 per lo "sviluppo sostenibile". Esiste, inoltre, la Risoluzione 1325 del 2000 ("Donne, Pace, Sicurezza") che afferma il ruolo delle donne nella prevenzione e soluzione dei conflitti armati. Una Dichiarazione del 1999 parla del diritto degli individui e dei gruppi sociali di promuovere e proteggere le libertà e i diritti umani. Tra le iniziative che si stanno muovendo in tale ambito ricordo sia la campagna Salviamo l'ONU, promossa da Fondazione Perugia Assisi per una cultura della pace e dal Centro Papisca (cfr "Adista" n.30, 7 settembre 2024), sia la proposta, trasversale ad ogni ambito della pace, di una Costituzione della terra per una riforma dell'ONU (promossa da giuristi e studiosi come Ferraioli e La Valle). Comuni e Regioni possono attingere ai loro Statuti a favore di interventi per la promozione della pace.

Diplomazia delle città

Come non ricordare, allora, la diplomazia delle città di Giorgio La Pira? Maestro di gemellaggi tra città oltre i blocchi, La Pira ripeteva spesso l'indicazione di unire le città per unire i popoli. Nel 1970, al Congresso della Federazione mondiale delle città gemellate, di cui era presidente, La Pira osservava che le città sono "soggetti creatori, costruttori insostituibili della civiltà nuova dell'Europa e del mondo […]. Unitevi! – concludeva – premete dalla base dei Comuni sul vertice degli Stati, operate perché scompaia l'equilibrio del terrore" (G. La Pira, Il sentiero di Isaia, Firenze 1979; E. Balducci, Giorgio La Pira, S. Domenico di Fiesole 1986 e M. De Giuseppe, La diplomazia delle città. Giorgio La Pira e la Federazione mondiale delle città unite, Firenze 2022). Il tema delle città è caro a Francesco che, rivolgendosi all'ANCI, il 5 febbraio 2022, affida ai Comuni "il compito storico che coinvolge tutti: creare un tessuto comune di valori che porti a disarmare le tensioni tra le differenze sociali e culturali". Esiste da anni una rete mondiale di sindaci legati a Hiroshima. Operano in Italia gli Enti locali per la pace. Perché, allora, molti sindaci non organizzano una grande convocazione a Kiev e a Mosca, a Gerusalemme e a Beirut? 

Corpi civili di pace

Nel dibattito legato all'evento areniano del 18 maggio 2024, anche col contributo del vescovo di Verona Domenico Pompili, è stata proposta una scuola di pace, che può lavorare in tre direzioni: - gli enti locali con la formazione di amministratori e dirigenti della Pubblica Amministrazione; - la formazione di giovani in vista e durante il servizio civile e l'impegno di volontariato; - la creazione dei Corpi Civili di Pace europei per i quali stanno lavorando da tempo varie realtà come la Rete italiana pace e disarmo, il Movimento europeo di Azione Nonviolenta, l'associazione Giovanni XXIII, le associazioni che si sono trovate a Gorizia il 31 dicembre 2023, centri universitari, alcuni parlamentari europei e italiani. Rifacendosi a Gesù Cristo, anche la Chiesa può diventare un grande corpo di pace. Ricordando i rischi di guerra atomica prefigurati da Tonino Bello ("ci sovrasta l'ombra di un minaccioso anti-Isaia"), a proposito della necessità di un negoziato, il 21 dicembre 2022 a Bari, il card. Zuppi incalza deciso: "Non si dica che non ci sono le condizioni! Quelle si trovano! La pace non è un sogno. È l'unica via per vivere".

 

 

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Pace nel mondo

Il primo segno di speranza si traduca in pace per il mondo, che ancora una volta si trova immerso nella tragedia della guerra. Immemore dei drammi del passato, l'umanità è sottoposta a una nuova e difficile prova che vede tante popolazioni oppresse dalla brutalità della violenza. Cosa manca ancora a questi popoli che già non abbiano subito? Com'è possibile che il loro grido disperato di aiuto non spinga i responsabili delle Nazioni a voler porre fine ai troppi conflitti regionali, consapevoli delle conseguenze che ne possono derivare a livello mondiale? È troppo sognare che le armi tacciano e smettano di portare distruzione e morte? Il Giubileo ricordi che quanti si fanno «operatori di pace saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9). L'esigenza della pace interpella tutti e impone di perseguire progetti concreti. Non venga a mancare l'impegno della diplomazia per costruire con coraggio e creatività spazi di trattativa finalizzati a una pace duratura.

Papa Francesco, Spes non confundit, n.8

 

 

 


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