Scorrere oltre il limite: la costruzione dell'identità con lo sguardo della filosofia.
"Se il problema moderno dell'identità riguardava come costruire un'identità e mantenerla solida e stabile, il problema postmoderno dell'identità riguarda primariamente come evitare la solidificazione e lasciare aperte le opzioni." Così afferma Zygmunt Bauman, celebre sociologo polacco, nel suo altrettanto celebre scritto Life in fragments. Uomo del secolo scorso, Bauman non si è soffermato sulla questione della fluidità di genere. Ciononostante, la citazione sopra riportata mi è parsa illuminante per cercare di analizzare filosoficamente l'origine delle nuove prospettive su questo tema. È a chiunque evidente che, nel corso degli ultimi anni, si è verificata una serie di cambiamenti culturali rapidissimi in Occidente. Solo qualche decennio fa la maggioranza delle persone era fortemente convinta che l'unico dato importante ai fini della determinazione dell'identità di genere fosse il sesso biologico. Oggi non è più così. Grazie a una pervasiva e potente operazione di rieducazione culturale, messa in atto da diverse industrie cinematografiche e dai nuovi media, infatti, si è potuto assistere alla crescente diffusione di quella che viene impropriamente chiamata ideologia gender, ma che bisognerebbe piuttosto definire gender studies theories o teorie queer.
Teorie
Queste teorie sono numerose e spesso differiscono tra loro, ma hanno generalmente in comune l'assunto fondamentale che l'identità sessuale rappresenti un costrutto culturale determinato, oltre che dal sesso biologico, dall'identità di genere (l'identificazione della persona come maschio o femmina nella prima infanzia), dal ruolo di genere (l'insieme di aspettative sociali su di sé in un dato periodo storico) e, infine, dall'orientamento sessuale (l'attrazione erotica e affettiva verso i membri del sesso opposto, dello stesso sesso o di entrambi).
In altre parole, secondo queste teorie nessun essere umano nasce con un suo genere predeterminato biologicamente. Chi adotta questa prospettiva ritiene, infatti, che la convinzione che esistano solo due generi (maschio/femmina) sia sbagliata e che gli individui dovrebbero essere lasciati liberi di autodeterminarsi piuttosto che essere condizionati psicologicamente da modelli sociali oppressivi.
È evidente la portata rivoluzionaria di questa prospettiva e l'impatto sociale enorme che il definitivo crollo del precedente modello binario (uomo/donna) avrebbe come conseguenza. Basti pensare al nostro linguaggio, la cui strutturazione interna deriva in toto dalla precedente visione dualistica, e che, qualora tali teorie si affermassero definitivamente, sarebbe necessario riformare. Non solo: l'intero nostro bagaglio di categorizzazione logica, di matrice linguistica, risulterebbe erroneo e non più adeguato. Un terremoto culturale, insomma, dal momento che ogni campo della vita sociale, a livello sia pratico che teorico, risulta intrinsecamente regolato da tale bagaglio
Società liquida
L'enorme attenzione posta di recente su queste teorie, la nuova sensibilità che ne deriva, la popolarità – soprattutto sui social – di personaggi che si autodefiniscono gender fluid o transgender, ha avuto dei risvolti chiaramente positivi in termini di ampliamento del cerchio dei diritti e della riduzione delle discriminazioni delle minoranze LGBTQIA+. D'altra parte, queste teorie sono state (e continuano ad essere) rigettate da una parte della popolazione, a causa delle loro radicali conseguenze sul piano sociale, psicologico e pedagogico.
Sono tanti, infatti, i quesiti che si sollevano e che potrebbero essere in questa sede dibattuti.
Si potrebbe disquisire della correttezza delle teorie, entrando nel merito della questione.
Si potrebbe mettere in dubbio la loro sostenibilità psico-emotiva per la psiche umana. In termini pedagogici, si potrebbe discutere degli effetti che, crescere in un ambiente queer, potrebbe avere sullo sviluppo della personalità dei più piccoli. La domanda a cui, però, volevo qui tentare di rispondere, perché filosoficamente rilevante, è un'altra: perché questo terremoto culturale si sta verificando proprio adesso?
Al di là delle teorie complottiste che vedono nelle lobby LGBTQIA+ il motore dietro questa rivoluzione culturale, è a mio parere possibile dare una risposta differente. La strada, mi pare, la tracci proprio Bauman, con la sua riflessione tutt'altro che scontata sul concetto di identità.
Per comprenderla meglio allarghiamo lo sguardo alla teoria complessiva del sociologo.
Secondo Bauman, quella in cui noi viviamo è – per utilizzare una nozione ormai di uso comune – una "società liquida". Viviamo, cioè, in un mondo globalizzato, in cui l'ossessivo susseguirsi di cambiamenti, la velocità nello scambio di informazioni, la costante inadeguatezza delle categorie di analisi della realtà, determinano lo stato di smarrimento che noi tutti, cittadini postmoderni, ci troviamo a vivere. La nostra società è liquida in quanto priva di strutture, di valori fissi e stabili, di certezze tramandate e conservate per via trans-generazionale, di comunità che costituiscano un supporto per le scelte quotidiane del singolo. A differenza di quanto avveniva un tempo, cavalcare il cambiamento e l'instabilità diviene la competenza necessaria alla sopravvivenza, farlo da soli e con naturalezza la condizione per il proprio equilibrio psichico, sempre più difficile da raggiungere, sempre più precario.
L'Io statico
La certezza, il cui crollo ha avuto probabilmente un maggior impatto sul benessere delle nostre società, è quella di avere un'identità stabile nel tempo. Ed è questa la questione che Bauman affronta nella citazione all'inizio dell'articolo.
Il sociologo spiega come la nozione di io statico cominci a vacillare già a partire dalla modernità. A ben vedere, infatti, sono moderni quei primi filosofi che si sono posti l'inquietante domanda: cosa mi rende me stesso, a prescindere dai cambiamenti che intercorrono nella mia vita? C'è davvero un "me stesso"? John Locke è il primo a porsi questa domanda già nel XVII secolo, nel suo Saggio sull'intelletto umano. La risposta di Locke a questa domanda è efficace nell'allontanare, almeno momentaneamente, l'inquietudine: io sono la mia memoria degli eventi passati, sono la mia coscienza di essere me.
Lo stesso problema torna a riproporsi, più violento che mai, nella contemporaneità, da un punto di vista differente. Nel 1900 Freud, con la sua psicoanalisi, introduce definitivamente il sospetto che dietro la perfetta solidità della nostra personalità si annidi il germe dell'inconscio e dell'irrazionalità, pronto ad affiorare in modo incontrollabile. Seguono poi i post-strutturalisti, convinti che il linguaggio, la cultura, lo sguardo degli altri creino la nostra soggettività. Che nessuno esista indipendentemente dall'altro. A partire dal Novecento, insomma, l'idea che vi sia un'identità soggettiva fissa e stabile – certezza atavica e precedentemente indiscussa – comincia a crollare.
La nostra analisi si è spinta fino agli anni Sessanta, decennio che convenzionalmente apre la postmodernità. Trascorre qualche anno e i caratteri specifici della società liquida non tardano a emergere: i giovani non riescono a progettare, sempre più afflitti da disturbi d'ansia, cala la partecipazione alla vita politica, si dissolvono i rapporti stabili e le forme comunitarie più tradizionali (in primis la famiglia), emerge un frenetico individualismo. Vivere non significa più cercare il proprio posto nel mondo ma passare da un fiore all'altro, da un'esperienza all'altra, in un'ansia divorante che spinge a fare, ad accumulare, a consumare per essere felici. Ma la felicità mai si raggiunge, perché tutto scorre e nulla si può controllare. Non si può definire ciò che è troppo complesso, non si può più nemmeno rifugiarsi in sé stessi senza dubitare di essere chi si credeva di essere.
Non credo di sbagliarmi nell'individuare una correlazione tra i due fenomeni: il crollo del concetto di identità nella post-modernità e il diffondersi delle teorie queer. C'è sempre stato chi non si riconosceva nel proprio sesso, e non è questo il fenomeno filosoficamente rilevante, ma mai così tante persone (giovani soprattutto) hanno abbracciato con entusiasmo l'abbattimento del confine tra generi, o, comunque, l'impossibilità di potersi con certezza definire.
Nella fluidità i giovani intravedono la libertà: la liberazione dalle aspettative sociali, la possibilità di essere finalmente sé stessi e quindi felici. Ma si può essere davvero felici senza sapere chi si è? Senza punti di riferimento identitari? La domanda, per nulla retorica, è rivolta a chi verrà.
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Dei generi e dei diritti
Sì, proprio di generi e di diritti vorremmo parlare nelle pagine che seguono. Molto più semplicemente di persone. Questo, in poche parole, il tema affrontato nel Dossier che segue – un lavoro a più mani, a cura di un gruppo di giovani che ci aiutano in Redazione e che fanno parte dei nostri collaboratori. Apriamo domande, come è nel nostro stile. Questa volta su un tema "liquido", per dirla alla Bauman, su un aspetto della vita che ci attraversa e che interroga, soprattutto i giovani: l'identità, la ricerca del sé.
Cosa si intende per genere? Cosa è l'identità? Affrontiamo un tema, quello della ricerca identitaria, dei generi e della fluidità, senza alcun tipo di giudizio morale o di valore ma anche senza banalizzazione. Vogliamo semplicemente offrire elementi per conoscere e per capire, per ascoltare. Vogliamo restituire alle parole il loro significato, proprio per rigettare la tentazione subdola della semplificazione aprioristica, dell'approssimazione e della confusione, premesse tutte destinate a far innalzare muri.
A noi, invece, tra i popoli e tra le persone, piacciono i ponti. Ecco, quindi, che su un tema che divide o che talvolta spaventa – quello della fluidità di genere – ci siamo interrogati e abbiamo interrogato persone che ne hanno approfondito alcuni aspetti. Affrontiamo domande profonde a partire dal contesto attuale per provare a leggere il tema in chiave filosofica, teologica, psicologica. E, per ultimo ma non ultimo, offrendo uno spicchio di altri linguaggi e conoscenze possibili, come il cinema o l'animazione.
Buona lettura!
Rosa Siciliano
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Società liquida
Concezione sociologica che considera l'esperienza individuale e le relazioni sociali segnate da caratteristiche e strutture che si vanno decomponendo e ricomponendo rapidamente, in modo vacillante e incerto, fluido e volatile. La modernità liquida, per dirla con le parole del sociologo polacco, è "la convinzione che il cambiamento è l'unica cosa permanente e che l'incertezza è l'unica certezza."
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Lessico utile
Gender studies
Gli studi di genere sono un campo accademico interdisciplinare dedicato all'analisi dell'identità di genere e della rappresentazione di genere. Gli studi di genere hanno avuto origine nel campo degli studi sulle donne, riguardanti le donne, il femminismo, il genere e la politica. Il campo ora si sovrappone agli studi queer e agli studi sugli uomini. La sua impetuosa ascesa, soprattutto nelle università occidentali dopo il 1990, ha coinciso con l'avvento del decostruzionismo.
Teorie queer
La teoria queer nacque in seno agli studi gay e lesbici, agli studi di genere e alla teoria femminista. Sulla scia delle tesi di Michel Foucault, Jacques Derrida e Julia Kristeva, la teoria queer mette in discussione la naturalità dell'identità di genere, dell'identità sessuale e degli atti sessuali di ciascun individuo, affermando invece che esse sono interamente o in parte costruite socialmente, e che quindi gli individui non possono essere realmente descritti usando termini generali come "eterosessuale" o "donna". La teoria queer sfida pertanto la pratica comune di dividere in compartimenti separati la descrizione di una persona perché "entri" in una o più particolari categorie definite.
Fluidità di genere
La fluidità di genere è un'identità di genere non fissa che cambia nel tempo o a seconda della situazione. Queste fluttuazioni possono verificarsi a livello di identità di genere o di espressione di genere. La fluidità di genere non è l'equivalente del transgenderismo, in cui l'identità di genere di una persona è diversa da quella assegnata alla nascita. La fluidità di genere significa che si ha una concezione fluida del proprio genere sessuale, che è quindi un concetto mutevole nel tempo.