Qualifica Autore: direttore dell'Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei

La pace laboriosa e artigianale.

 

C'era una volta…

C'era una volta una comunità cristiana attiva sul fronte dell'educazione alla pace e all'Obiezione di Coscienza. Molti cattolici nella seconda metà del secolo scorso hanno avuto il coraggio di fare scelte controcorrente per contestare l'obbligo della leva. Agivano per contrasto. Contestavano il servizio militare per tutti, facendosi forza con le idee che provenivano dal Concilio Vaticano II. Grazie a Gaudium et spes il rapporto con il mondo si faceva più articolato e incisivo. I maestri italiani portavano il nome di don Primo Mazzolari, don Lorenzo Milani, padre Ernesto Balducci, Giorgio La Pira, padre David Maria Turoldo, Igino Giordani… Il valore della nonviolenza si respirava nell'aria per opposizione all'obbedienza cieca e al militarismo. Era potente l'idea che lo Stato si potesse servire non solo imbracciando le armi, ma attraverso il volontariato e la solidarietà.

Due pilastri

Quel clima ha infervorato molti. Li ha spinti a impegnarsi, a manifestare, a dedicarsi alla politica o al sociale. Il punto di approdo è riconosciuto in due leggi all'avanguardia: quella sull'Obiezione di Coscienza (legge n. 772 del 15 dicembre 1972) e quella sulla trasparenza nel commercio di armi (legge n.185 del 9 luglio 1990). Leggi fortissimamente volute da ambienti cattolici in dialogo con mondi laici. In quella stagione le parrocchie erano punti di riferimento, anche grazie al coraggio di preti formati in seminari dove iniziava a soffiare il vento conciliare, capaci di aprirsi al rinnovamento conciliare e imbevuti di Pacem in terris e di Populorum progressio.

I gruppi giovanili, anche numerosi, crescevano con un carburante fatto di preghiera, servizio e comunità.

Se a questa triade si aggiungeva un'esperienza missionaria in Africa o America Latina, il contatto con le povertà animava un impegno per la giustizia. C'era sì il pericolo che tutto diventasse politica, ma l'ideale di cambiare il mondo sosteneva iniziative ecclesiali e sociali. Era una generazione che aveva ascoltato storie di guerra dalla bocca dei genitori: educarsi alla pace diventava un imperativo categorico! Il "no alla guerra" si sposava con il radicalismo milaniano dell'"I care". Se il motto "me ne frego" fascista portava a colpevolizzare i poveri, lo stile "I care" portava a organizzare gli ultimi, a condividere la loro condizione.

La pace si diceva con marce, manifestazioni, volantinaggi, sit-in, documenti, prese di posizione, mozioni politiche, proposte di legge… Le coscienze venivano formate alla libertà. L'obbedienza secondo lo stile militare, pronta e assoluta, veniva contestata in nome del primato del giudizio di coscienza, chiamata a fare discernimento e a decidersi per il bene comune.

Oggi

Quel mondo non c'è più. La fine della leva obbligatoria, l'avvento della cultura individualistica e consumistica hanno desertificato molti ambienti. Le coscienze rischiano sempre più di farsi tiepide. Da cambiare il mondo a cambiare smartphone il passo è più breve del previsto. Gli ideali non volano più così in alto. Viaggiano rasoterra. Rimangono i nostalgici ma si affacciano giovani generazioni molto diverse. Per esempio, non amano discorsi radicali di reazione. Preferiscono tenere insieme realtà differenti. Al Capodanno alternativo per la pace preferiscono partecipare a una marcia e poi festeggiare anche con gli amici. Non capiscono discorsi di pura contestazione. Il clima culturale è differente, non di contrasto. Per sentire racconti di guerra devono rivolgersi a nonni o bisnonni, anche se i giornalisti che frequentano teatri di guerra sono accessibili sui social e nei media. In genere, incontrano una comunità cristiana più fredda sul tema della pace, che non si lascia scaldare il cuore. C'è chi evita la questione perché la considera divisiva. I preti ignorano colpevolmente la dottrina sociale della Chiesa. Pacem in terris sembra appartenere alla preistoria. Eppure, qualcosa si muove. Il gruppo dei maestri è cresciuto a dismisura. Il pantheon della pace ha aggiunto figure di spicco come don Tonino Bello, don Pino Puglisi, don Peppe Diana, mons. Luigi Bettazzi, oltre ai viventi don Luigi Ciotti, padre Alex Zanotelli e Andrea Riccardi. I testimoni racchiudono personaggi internazionali come Madre Teresa di Calcutta, mons. Desmond Tutu, Nelson Mandela, Mahatma Gandhi, mons. Oscar Romero, Dom Helder Camara.

L'educazione alla pace passa ancora attraverso esperienze missionarie, sia con fidei donum sia con religiosi o religiose. Gli occhi si aprono e il cuore si dilata toccando con mano povertà e ingiustizie. Si impara a prendere posizione. In Italia l'associazione Libera si impegna da trent'anni in favore della legalità e per l'utilizzo dei beni confiscati alle mafie a fini sociali. Vi è un mondo associativo che educa alla pace attraverso proposte diversificate. Si rivelano particolarmente attive Pax Christi, Acli, Azione cattolica, Sant'Egidio, Agesci, Movimento focolari, Movimento Cristiano Lavoratori e molte altre.

È interessante che l'associazionismo cattolico si sia ritrovato a Trieste a inizio maggio 2024 per preparare la 50a Settimana Sociale sul tema della democrazia promuovendo un documento condiviso sulla pace. Il conflitto ucraino e quello mediorientale destano preoccupazione. C'è il rischio che la cultura della guerra si radicalizzi. Nei Paesi europei serpeggia l'idea che bisogna prepararsi alla guerra. Anche i movimenti popolari, chiamati a raccolta a Verona il 18 maggio scorso intorno a papa Francesco, offrono un contributo determinante.

Proprio il Pontefice argentino è diventato punto di riferimento assoluto. Nessuno meglio di lui si è ribellato all'escalation di violenza nelle guerre in corso. Non passa udienza generale o angelus domenicale senza invocazione, preghiera, appello per la pace. Francesco invita continuamente a deporre le armi per impugnare il dialogo e la diplomazia. Rimane l'educatore numero uno della comunità cattolica. Coniuga parole e gesti in saggia armonia. Talvolta appare persino solo: non tutti i cattolici lo seguono con lo stesso ardore. L'insistenza con cui si muove è persino commovente. A prova di bomba. Il Papa appare uomo disarmato sempre più disarmante. Molti giovani subiscono il fascino di questa credibilità sul campo.

Ci sono esperienze educative molto importanti promosse dall'associazionismo o dai movimenti. L'Azione Cattolica dedica il mese di gennaio all'educazione alla pace. Anche la Comunità di sant'Egidio promuove molteplici iniziative di dialogo interreligioso, di preghiera per la pace e di diplomazia. I focolarini animano attraverso pubblicazioni e progetti educativi. Lo scoutismo è in prima linea nella promozione di attività formative. La presenza ad Arena 24 di famiglie, oratori, parrocchie fa ben sperare sul ruolo educativo dal basso. Se ci si muove ancora come comunità è un buon segno. Nei percorsi catechistici di adolescenti e giovani spesso si incrocia il dialogo e l'educazione alla pace. L'argomento non è escluso neppure nelle ore scolastiche dell'insegnamento della religione cattolica. I docenti più sensibili partono dall'attualità per una lettura dei segni dei tempi.

La Chiesa italiana all'interno del percorso formativo del Progetto Policoro promuove momenti di approfondimento sulla giustizia e sulla pace, alla luce della dottrina sociale. I giovani si confrontano con il magistero. Sul fronte sono impegnati la pastorale sociale, quella giovanile e Caritas.

Proprio il mondo Caritas si è molto attivato per l'educazione alla pace, che non è soltanto "assenza di guerra", ma richiama l'idea di un servizio per la dignità delle persone, per costruire una società accogliente e rispettosa. L'esperienza del Servizio Civile è proposta per il bene della comunità in un contesto di difesa popolare nonviolenta. Attualmente i volontari in Servizio Civile in Caritas sono oltre 850. I giovani che nei mesi scorsi hanno presentato domanda per i nuovi progetti di Servizio Civile sono stati 2.057, con 123 progetti in Italia e 13 all'estero attivati. Si tratta quindi di un impegno consistente, in cui la possibilità di un servizio alle persone e alle comunità più povere viene declinato anche attraverso la formazione ai temi della pace e della solidarietà per i 12 mesi di servizio.

Dal 2003 esiste un Tavolo Ecclesiale sul Servizio Civile (TESC) che coordina gli organismi della Chiesa italiana che intendono proporlo ai giovani. Si tratta di un'importante esperienza formativa di servizio agli ultimi, di testimonianza dei valori della pace, della giustizia, della cittadinanza attiva e della solidarietà.

In sostanza, cambiano i contesti ma non cambia la volontà di educare alla pace. Un forte impulso è venuto dai contenuti della Fratelli tutti: non c'è fraternità senza capacità di costruire la pace, che è sempre "laboriosa, artigianale" (FT 217).

Il Risorto continua a salutarci con il suo "Pace a voi!".

Se vuoi la pace, preparala!

 

 

 


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