A cura della Redazione

È stato un vero maestro. Nonviolento, scienziato, attivista e annunciatore di pace, Galtung ha studiato una possibile via di uscita dai conflitti senza il ricorso alla violenza.

A pochi mesi dalla sua morte, riprendiamo la sua proposta, la riflessione sui modelli di sviluppo e gli studi per la pace e per una reale trasformazione del conflitto.

 

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Scienziato, annunciatore ecumenico, analista, inventore e mediatore di pace.

  

Galtung è stato ed è il mio Maestro di Pace e mio "amico dello spirito e della mente".

Scienziato, attivista e annunciatore ecumenico di pace (Is. 52,7-10), anzi, egli è stato il "nostro" Maestro di Pace, se è vero, come è vero, che la sua triade: Ambiente, Sviluppo, Pace (Ega,1984), lanciata ad Assisi nel 1988 alla Pro Civitate Christiana insieme a don Tonino Bello, allora presidente di Pax Christi, al Mir (Movimento Italiano della Riconciliazione) di cui io ero presidente, e Famiglia Francescana è, infatti, diventata poi nelle diocesi e negli istituti religiosi del mondo la triade delle Commissioni Giustizia, Pace, Salvaguardia del Creato e in Vaticano il Dicastero per il servizio dello Sviluppo Umano Integrale.

E quella stessa triade fu in quegli anni il tema di un direttivo di Pax Christi a cui partecipai come relatrice e come organizzatrice di Laboratori nonviolenti con la Scrittura Collettiva di don Lorenzo Milani (che avevo appreso da Adele Corradi sua collaboratrice), fatti alla Comunità di Gianni Novello di S. Maria delle Grazie a Rossano Calabro, insieme a don Tonino Bello (che con la sua fisarmonica organizzava il gruppo "Giullari", per decantare stanchezze e tensioni) e Guglielmo Minervini, per l'elaborazione del Documento Programmatico su Sviluppo Ambiente Pace.

Johan Vincent Galtung: il conflitto può anche essere non violento. O soggetto a creative trasformazioni.

  

Johan Vincent Galtung, pioniere degli Studi sul conflitto e sulla pace, deceduto il 17 febbraio 2024 all'età di 93 anni, uomo dall'instancabile energia, è stato accademico, operatore per la pace, attivista e infaticabile self-promoter. Matematico e sociologo di formazione, si è dedicato per tutta la vita alle tematiche del conflitto e della pace in chiave internazionale.

Boulding (1978) di lui scriverà: "Ci sono alcune persone come Picasso con una produzione così ampia e così variegata che è difficile credere che provenga da una sola persona. Johan Galtung ricade in questa categoria". Vista la vastità della sua produzione intellettuale, non è facile racchiudere in poche righe i contributi più importanti del suo complesso (e per alcuni aspetti criticabile) percorso intellettuale.

Conflitti

Vale la pena, tuttavia, menzionare la sua visione del conflitto come potenzialmente positivo e le sue riflessioni sulla violenza strutturale. Degna di nota, inoltre, la sua concettualizzazione di "pace positiva", che attrarrà fin da subito un grande interesse perché particolarmente innovativa. Secondo Galtung (1996), la "pace positiva" è fondata sulla complementarietà di due elementi: l'assenza/riduzione della violenza di ogni tipo e la trasformazione nonviolenta e creativa dei conflitti.

Breve storia della nonviolenza: da stile individuale a pensiero collettivo. Per nuovi modelli di sviluppo possibili.

 

Dal tempo di Tolstoy i non violenti hanno avuto il coraggio di criticare il progresso occidentale, a incominciare dall'incessante corsa agli armamenti e dall'accumulo capitalista di ricchezze a spese della gente semplice. Allora questa critica era una bestemmia, perché il progresso della civiltà (e per i filosofi il progresso dello Spirito Assoluto che guiderebbe la Storia dell'umanità) era l'asse portante della potenza dell'Occidente, che aveva colonizzato i popoli "primitivi" di gran parte del mondo restante, indirizzandoli ad assimilare i suoi valori come supremi: il progresso era il simbolo della crescita che manifestava l'eccellenza del mondo occidentale. 

Alternative

La lotta minoritaria dei non violenti su questo punto ha caratterizzato in particolare Gandhi, che ha dimostrato con la sua vita, ricondotta alla massima semplicità, che si può vivere del lavoro delle mani e, con la conseguente libertà interiore, che si può lottare anche con istituzioni potentissime (come l'Impero coloniale britannico) senza scontri armati, ma ricorrendo a quei rapporti umani che invece il progresso schiaccia per cercare di arrivare a finalità assolute.

La nonviolenza di Galtung si fonda su studi scientifici e sistematici, che partono dall'assioma che il conflitto attraversa ogni dimensione. E va studiato e poi mediato.

 

Ci sono personalità intellettuali tanto significative da trascendere il ruolo di semplici studiosi e diventare delle vere e proprie icone del pensiero contemporaneo. È successo con Zygmunt Bauman che, con la "società liquida" ha reso la sociologia una disciplina "pop", tascabile, prêt-à-porter e, quindi, alla portata di (quasi) tutti. Oppure con Gianni Vattimo che, col "pensiero debole", ha spiegato il mutamento etico epocale nel quale le verità non sono assolute, ma sempre più relative e circoscritte.

Tra i tanti, si potrebbero citare anche il guru dei media studies Marshall McLuhan che ha spiegato all'umanità che i mezzi di comunicazione creano un "villaggio globale" o il vivente (quasi centenario) Noam Chomsky che ha rivoluzionato le "leggi" della linguistica e ha criticato ferocemente i processi di globalizzazione. Ci sono, poi, altre personalità che, nonostante l'originalità e l'innovazione concettuale, restano misconosciute, talvolta incomprese, raramente riprese nel dibattito pubblico, circoscritte soltanto agli specialisti e agli addetti ai lavori.

La pace collegata alla giustizia e a fondamento di studi sistemici: il contributo di Johan Galtung.

  

Con la scomparsa di Johan Galtung, l'intera comunità degli uomini e delle donne amanti della pace, e della "pace con giustizia" e, al suo interno, la comunità di elaborazione e di pratiche, degli operatori e delle operatrici di pace, a tutte le latitudini, è, da oggi, più sola. Se ne va una figura essenziale, seminale, un imprescindibile, della modalità con la quale guardiamo (e interpretiamo) i conflitti, micro, meso, macro, persino mega, come talvolta amava richiamare, e della modalità con la quale interveniamo (e trasformiamo) nei conflitti, alimentando, sul sentiero della ricerca e dell'azione da lui tracciato, la speranza del "trascendimento".

Nato a Oslo il 24 ottobre 1930, dottore di ricerca in Matematica (1956) e in Sociologia (1957), è stato docente di Scienze per la pace ed esperto nella mediazione e risoluzione dei conflitti. È il creatore del Metodo Transcend per il trascendimento dei conflitti e il fondatore della Rete Transcend per la pace, lo sviluppo e l'ambiente, nonché, precedentemente, dell'Istituto Internazionale di Ricerca per la Pace di Oslo (1959) e del Journal of Peace Research (1964).


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