Il Premio Nobel per la Pace all'associazione giapponese delle vittime di Hiroshima e Nagasaki e il monito che arriva a tutto il mondo: Mai più!
È un forte monito al mondo l'assegnazione del Premio Nobel per la Pace alla Nihon Hidankyo, la confederazione giapponese che raccoglie, a livello nazionale, le organizzazioni delle vittime delle bombe all'uranio e al plutonio sganciate dagli Stati Uniti il 6 agosto 1943 su Hiroshima e il 9 su Nagasaki. I morti immediati allora dichiarati furono 140.000 e 74.000, ma i livelli di distruzione furono impressionanti: in pochi secondi il 70% degli edifici della prima città furono ridotti in macerie e rottami, mentre larghe parti della seconda vennero rase al suolo istantaneamente. Ma almeno altre 6.882 persone a Hiroshima e 6.621 a Nagasaki, che erano a 2 km dall'epicentro dell'esplosione, secondo le ricerche della stessa Nihon Hidankyo, morirono nel mese successivo per le ferite e le ustioni riportate. E gli effetti a breve e lungo termine sulla salute delle popolazioni colpite in termini di decessi e gravissime patologie sono incalcolabili. Ancora oggi vengono curati sintomi derivanti dal trauma dell'esposizione alle radiazioni.
Gli Hibakusha, "persone che sono state esposte alla bomba", termine composto da tre ideogrammi (hi) riceve/subire, (baku) esplosione, (sha) persona, e che fu preferito a "sopravvissuti", sentito come irrispettoso nei confronti dei morti, sono oggi circa 150.000. Per anni vennero tenute nascoste le conseguenze dell'attacco e loro vennero ignorati. E spesso isolati e rifiutati.
Cominciarono a organizzarsi nel 1954 quando gli Stati Uniti effettuarono un test con armi termonucleari nell'atollo di Bikini, la confederazione nacque nel 1956 in seguito ai test nucleari statunitensi nel Pacifico, per l'urgenza di testimoniare la necessità di scongiurare nuovi attacchi nucleari. Oltre al lavoro all'interno per il riconoscimento dei loro diritti, tra cui le cure gratuite, gli Hibakusha, come si legge nella motivazione ufficiale del Premio Nobel, "hanno lavorato instancabilmente per far crescere la consapevolezza delle catastrofiche conseguenze umane dell'uso delle armi nucleari".
Testimonianza vivente dell'orrore, con migliaia di iniziative in tutto il mondo – conferenze, incontri, appelli, testi scritti, interventi annuali all'ONU, attività di lobbying a livello internazionale – "hanno contribuito a far nascere e consolidare una larga opposizione alle armi nucleari nel mondo, raccontando le loro storie personali, creando campagne di educazione basate sulla propria esperienza e lanciando moniti urgenti contro la diffusione e l'uso delle armi nucleari". Gli Hibakusha ci "hanno aiutato a descrivere l'indescrivibile, a pensare l'impensabile e ad afferrare in qualche modo il dolore e la sofferenza impossibili da capire causate dalle armi nucleari".
Per 80 anni non sono state usate armi nucleari e il Comitato riconosce il grande contributo che gli Hibakusha hanno dato alla creazione del "tabù nucleare". Questo Premio, sicuramente tardivo, arriva quando questo tabù "è sotto pressione", nel nuovo clima di accettazione e perfino esaltazione della guerra anche totale e a oltranza in cui "si minaccia di usare armi nucleari nelle guerre in corso". E queste oggi sono molto più diffuse e potenti, "possono uccidere milioni di persone e avrebbero un impatto catastrofico sul clima.
Una guerra nucleare distruggerebbe la nostra civiltà". "Un giorno – così si conclude la motivazione del Nobel – gli Hibakuska non saranno più tra noi come testimoni della Storia. Ma con una forte cultura della memoria e l'impegno continuo, le nuove generazioni in Giappone porteranno avanti questa esperienza e il messaggio dei testimoni. Gli Hibakusha stanno ispirando e educando molte persone in tutto il mondo. E in questo modo aiutano a mantenere il tabù nucleare – una precondizione per uno sviluppo futuro dell'umanità".
Il premio è stato accolto con grande commozione dai vincitori. "Non può essere vero!", continuava a ripetere piangendo Toshiyuki Mimaki, co-presidente della Nihon Hidankyo, che aveva tre anni al momento della bomba e ha perso lì entrambi i genitori. E ha aggiunto: "Pensavamo che il premio lo meritassero coloro che a Gaza si impegnano per la pace. A Gaza, i padri prendono in braccio i bambini insanguinati. È come in Giappone 80 anni fa". Parole non gradite da molti e presto cancellate da molti video ufficiali sul Web. Ma gli Hibakuska sono abituati da sempre a sostenere posizioni scomode.
"L'idea che le armi nucleari portino la pace è un errore", ha detto ancora Mimaki, assicurando che il loro impegno si intensificherà. Da Statuto l'obiettivo ultimo della Nihon Hidankyo resta l'eliminazione delle armi nucleari attraverso un accordo internazionale per la loro messa al bando ed eliminazione. A questo proposito, vale la pena di ricordare che il 7 luglio 2017 è stato adottato da 122 Stati il Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW), che "proibisce agli Stati di sviluppare, testare, produrre, realizzare, trasferire, possedere, immagazzinare, usare o minacciare di usare gli armamenti nucleari, o anche permettere alle testate di stazionare sul proprio territorio". Il 2 gennaio 2021 il Trattato è entrato in vigore, secondo il Regolamento ONU, nei 51 Paesi che lo avevano ratificato. Oggi questi sono una settantina, ma l'Italia, con altri Paesi europei, ancora non fa questo passo fondamentale, nonostante risulti che l'87% degli italiani è favorevole e siano state condotte molte campagne per fare pressione.
Un'ultima nota storica: diverse sigle della nostra area nel 2009 incontrarono a Roma una delegazione di 10 Hibakusha giunti con il 67° viaggio della Peace Boat, Barca della pace, un'altra associazione giapponese antinucleare. La tappa romana fu coordinata da Lisa Clark, allora di Beati i costruttori di pace e Tavola della Pace, oggi co-presidente dell'International Peace Bureau e attivista di Rete Italiana Pace e Disarmo insieme, tra gli altri, ad Adista, Carta, CIPAX, Comunità di base di San Paolo, Confronti, Fondazione Lelio Basso, Noi Donne e Religions for Peace. La delegazione fu anche accolta in Campidoglio dai Consiglieri Paolo Masini e Athos De Luca, accompagnata da Gianni Novelli, direttore del CIPAX e per Noi Donne Elena Ribet, che ha anche ricordato sul NEV l'evento. Un evento allora ignorato dalla stampa, escluso l'Osservatore romano e Noi donne. È previsto per il 2025 il 120° viaggio della Peace Boat, con tappa anche in Italia in aprile. Speriamo di saper accogliere degnamente gli Hibakusha facendo di questo momento un grande appuntamento contro le armi nucleari.
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Un anno senza Gianni
Ci manca. Ci ha lasciato un anno fa, il 28 novembre 2023, Gianni Novelli, fondatore del Cipax, Centro interconfessionale per la pace. Era un amico, un compagno di strada prezioso, conoscitore di religioni e culture, tessitore di relazioni. "Camminatore leggero, sguardo profondo, – scriveva di lui Tonio Dell'Olio in Mosaico dei giorni del 29 novembre – ha sempre avuto un libro da consigliare che si aprisse come una finestra, un viaggio a cui invitarti, la registrazione dell'ultima conferenza da consegnarti come uno scrigno. E poi raccontare. Storie che trasudano vita. Vite che diventano Storia. E lui segretamente nascosto in seconda fila a godere della parola dell'altro e del tributo riconosciuto. Di porto in porto, perché la pace si costruisce in cammino, la nonviolenza è cammino. E Gianni ha sempre camminato facendosi amico dei popoli".
("Canto per Gianni Novelli", www.mosaicodipace.it/index.php/rubriche-e-iniziative/rubriche/mosaico-dei-giorni/4037-canto-per-gianni-novelli)