A cura di Cristina Mattiello

Terre di frontiera, linee da blindare e da difendere. Muri e steccati. Eppure, c'è chi vive ai margini per aprire brecce di fraternità laddove il cuore dell'umanità non pulsa più. In queste pagine diamo voce a esperienze di solidarietà e di incontro in luoghi emblematici di chiusura. Perché la speranza è nelle resistenze che, giorno dopo giorno, si costruiscono e alimentano diritti e fraternità.

 

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Qualifica Autore: Comunità cristiana di base di San Paolo, Roma

Corridoio d'Amicizia Kabul-Roma-Riace.

 

La Comunità cristiana di base (CdB) di San Paolo aveva già dato vita, nei locali di via Ostiense 152B, al progetto di accoglienza denominato "La Sosta", in solidarietà con i primi esuli afghani giunti nella nostra città dopo il ritorno al potere dei talebani nell'agosto 2021. Il legame stabilito con alcuni di loro ha permesso semi di condivisione e germi di amicizia.

Da novembre 2021 a marzo 2023 abbiamo costruito il progetto "Kabul-Roma: un corridoio di amicizia". Abbiamo inviato delle "lettere d'invito onerose" al Ministero degli Esteri per permettere la fuga di alcune famiglie in pericolo, sostenerne il viaggio, l'arrivo e la prima accoglienza, in collaborazione con altre CdB italiane e in particolare con la comunità La Porta di Verona e altre realtà associative – Jimuel di Gioiosa Jonica (RC), Cittadinanza e Minoranze di Roma e Una città non basta di Marino (RM). Ben 21 famiglie erano state autorizzate, purtroppo dal secondo semestre del 2023 le autorità italiane hanno interrotto questa procedura, costringendoci a sospendere l'azione intrapresa.

A colloquio con rifugiati afghani arrivati a Riace grazie ai Corridoi di Amicizia. Voci di persecuzioni, paure, abbandoni e speranze.

 

Il 26 agosto, con due amici mediatori, ci siamo collegati con amiche e amici afghani giunti in Italia attraverso il Corridoio di Amicizia "Kabul-Roma-Riace", molti dei quali hanno vissuto per un periodo a Riace. I nomi degli intervistati sono volutamente omessi e saranno indicati con le sole iniziali.  

Prima che i talebani riprendessero il potere, come si svolgeva la vostra vita?

Y. Prima di tutto ringrazio i nostri amici che ci hanno salvato la vita. Prima dell'arrivo dei talebani vivevamo normalmente; ognuno aveva il proprio lavoro. Io lavoravo con un'impresa nel settore elettrotecnico e frequentavo l'università. Ma poi tutto è cambiato. Non abbiamo più potuto svolgere il nostro ruolo e il nostro lavoro. L'unica cosa che avevamo in mente era scappare e salvare la vita, perché i talebani sono un gruppo terroristico che non rispetta i diritti dei cittadini. Sono laureato e ho un master. Sogno di tornare, quando il Paese sarà libero. 

Sulla rotta balcanica ci sono mani tese per accogliere e aiutare i migranti in cerca di sopravvivenza. A colloquio con i volontari di Linea d'Ombra. 

  

La rotta balcanica è una delle linee di frontiera mortali dell'Europa blindata. Migliaia di migranti attraversano a piedi, su un terreno roccioso difficilissimo, l'area dell'ex-Jugoslavia, inseguiti, cacciati, imprigionati, subendo ad ogni passaggio di confine violenze, torture, prigionia. A volte sono respinti indietro e ricominciano il "Game", alcuni per molte volte. Arrivano a Trieste stremati e feriti. Dal 2019, sul piazzale della stazione, li accoglie Linea d'Ombra, con Lorena Fornasir e Gian Andrea Franchi, che abbiamo intervistato.

Potete descriverci il vostro lavoro nella "Piazza del mondo"?

Si articola in due momenti distinti, ma complementari. Uno è la piazza stessa, dove tutti i giorni, dalle 7.00 del pomeriggio in poi, fino a notte, a volte fino alla prima alba, accogliamo i migranti in transito, cioè quelli che non vogliono fermarsi a Trieste e neanche in Italia, circa l'80%. Noi diamo loro il necessario per proseguire il viaggio, che può essere ancora molto lungo. Il primo intervento è quello sanitario, perché molti sono feriti e anche piccole lesioni, per chi cammina molto in quelle condizioni, possono infettarsi in modo molto grave. È fondamentale quindi disinfettarle accuratamente e fasciarle tutte. Poi diamo cibo. Per questo si è formata una rete importante che si chiama "Fornelli resistenti": i volontari vengono regolarmente, anche dal Piemonte e dalla Toscana, non proprio tutti i giorni, ma quasi, hanno dei pentoloni e preparano ottimo cibo. Infine, abbigliamento per chi cammina: tute, scarpe…

Qualifica Autore: vicepresidente Cipax

Bambini di strada, dallo sfruttamento all'accoglienza in luoghi e contesti di inclusione. 

 

Non meno che altrove, la strada in Africa ha un ruolo importante: sociale, economico, culturale, politico poiché sulla strada si vive, si produce, si commercia, si fa musica e arte, si protesta. Possiamo, dunque, vederla da molti punti di vista e in Africa la strada prende spesso la dimensione di una "frontiera", almeno se l'osserviamo con lo sguardo delle persone più povere e vulnerabili. Le case della borghesia nelle grandi metropoli africane sono isolate dalle strade, circondate da muri, con filo spinato e corrente elettrica. Nei centri urbani gli edifici moderni che ospitano banche e imprese sono protetti da guardie armate. Nelle campagne i "security village", protetti da muri, sono diventati la modalità comune di residenza dei più abbienti. Al di qua di questa "frontiera" ci sono gli ultimi.

Per strada

La strada può tuttavia essere, per le persone più vulnerabili, l'inizio di un percorso diverso dall'emarginazione e che riconduce alla comunità. I "bambini di strada", senza dimenticare le bambine, le madri e le famiglie di strada, sono forse il fenomeno più conosciuto del processo di ghettizzazione che ha la strada come scenario. Quello che ci siamo proposti di scoprire è come sia possibile seguire il percorso che in Africa dalla "strada-frontiera" porta, o riporta, alla comunità. Per questo abbiamo scelto uno dei Paesi più contraddittori del continente, recentemente all'attenzione anche dei media che solitamente non se ne occupano, per la vivace rivolta di una generazione di giovani, la GenZ, scesa nelle strade per protestare contro l'aumento delle tasse, la corruzione e la mancanza di prospettive.

Qualifica Autore: cappellano della Mediterranea Saving Humans

Salvano vite umane in mare: racconto di mani tese che ogni giorno soccorrono migranti.

 

La fraternità è la sfida di questa epoca storica. La fraternità, il dato fondamentale, costitutivo, del nostro essere umani, è stata dimenticata. All'epoca della Rivoluzione francese si parlava di libertà, uguaglianza e fraternità, poi nei decenni e nei secoli successivi la fraternità è stata bandita e si è iniziato a parlare solamente di libertà e di uguaglianza.

Il risultato è che persino la libertà e l'uguaglianza sono in crisi, perché senza la fraternità la civiltà collassa. Che la fraternità sia stata ferita, e lo sia continuamente, lo si vede ovunque: le persone sfruttate sul luogo del lavoro, i poveri abbandonati ai bordi delle strade, i disabili considerati un peso, gli anziani lasciati a se stessi… Tutto questo raggiunge il suo apice in mare, dove le persone vengono abbandonate al naufragio o vengono respinte e deportate in Libia, dove vengono rinchiuse nei lager, o in Tunisia, dove spesso vengono poi abbandonate nel deserto.

Questo è chiaramente il frutto di scelte politiche che sono state adottate e confermate nel corso degli anni, ma è anche il prodotto dell'indifferenza di larga parte della società, che preferisce voltarsi dall'altra parte, per egoismo o per paura. Il silenzio ci rende sempre complici delle ingiustizie. L'insieme di cinismo e indifferenza produce nel Mediterraneo il perpetuarsi di naufragi e respingimenti e segna il collasso della nostra civiltà.

Narrazioni di un'infanzia in strada. Le alternative di Kibera.

 

David, ora fai il giardiniere, ma quale è la tua storia?

Sì, mi piace il mio lavoro e sono molto felice, perché prima non avevo una vita buona. Fino a due anni fa vivevo a Kibera e dovevo lottare per trovare qualcosa da mangiare, e per aiutare la mia famiglia: mia mamma, le mie due sorelle e mio fratello. Cercavo qualunque lavoro per poter avere qualcosa da mettere nello stomaco. A volte prendevo delle droghe per non pensare che non avevo nulla da mangiare, perché la giornata era lunga.

Dove dormivi? Eri già stato in strada da bambino, vero?

Dormivo in qualunque posto. A volte trovavo degli amici che mi aiutavano, a volte no. Nel 2010 avevo già dormito per strada, avevo 9-10 anni. Anche allora ero andato via da casa perché sono il più grande e mia madre non ce la faceva.

Vivere in strada era veramente duro. C'erano molti problemi, pericoli, molto bullismo da parte dei più grandi. Ti possono fare cose cattive di notte, mentre dormi. Generalmente si dorme in un grosso sacco, tu vai dentro e ti copri tutto fino alla mattina.

Qualifica Autore: Associazione Rurale Italiana membro del Coordinamento Europeo Via Campesina

Il movimento contadino resiste alle incalzanti azioni di privazione del valore della terra e di depauperamento delle comunità.

 

La Terra è la principale frontiera di espropriazione dai mezzi di produzione e di sostentamento delle popolazioni, nel quadro del processo di accumulazione primaria del capitale. Essendo alla base dell'analisi socioeconomica marxista, questa è tutt'altro che una teoria nuova e originale, ma proprio per questo fa impressione constatare quanto sia ancora attuale in questa epoca di profondo riassetto globale.

I produttori agricoli e le comunità che trovano nel rapporto con la terra il loro principale mezzo di sostentamento incontrano, ai quattro angoli del globo, la stessa problematica: essere messi al bando dalle loro terre, strappati dai propri mezzi di produzione materiale, comunitaria e finanche spirituale, specialmente nel caso delle popolazioni indigene.

Diversi conflitti possono portare all'infausto esito di essere espulsi o relegati ai margini di un sistema produttivo le cui regole non seguono più i principi di solidarietà comunitaria, in equilibrio con le risorse scarse di un territorio, bensì le regole economiche dei mercati internazionali o i processi coloniali. In alcuni casi, i più lampanti, l'accaparramento delle terre è stato, ed è portato avanti attraverso strategie militari e di conquista, come nel caso di Haiti e di tutti quei Paesi con storie di colonizzazione alle spalle.

In altri, più subdolamente, la grande espropriazione delle terre e dei saperi contadini è apparentemente frutto di un processo spontaneo della Storia, una "modernizzazione" che dietro la mano invisibile del mercato nasconde la deliberata scelta politica di favorire l'economia estrattivista, concentrando il potere economico nelle mani di poche grandi aziende, anziché provvedere a regolare uno sviluppo territoriale più equo e diffuso per le comunità. È questo il caso del Nord globale: ad esempio, in Europa il numero di aziende agricole è diminuito di circa il 37% nel breve periodo tra il 2005 e il 2020.


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