Qualifica Autore: ricercatrice associazione Antigone

L'aumento dei suicidi nelle carceri italiane, sempre più piene, sempre più chiuse. Il rapporto di Antigone. 

 

"Nodo alla gola". Così si intitola il XX rapporto di Antigone sulle condizioni di detenzione presentato lo scorso 22 aprile a Roma. Il quadro che emerge dal rapporto, frutto del lavoro di monitoraggio realizzato in circa 100 istituti penitenziari, è drammatico. Lo si evince sin dal titolo: in carcere è in corso una vera e propria emergenza suicidi. Con 59 (dato aggiornato al 22 luglio) casi da inizio gennaio, il 2024 rischia di superare il 2022 che – con 85 casi in totale – è passato alla storia come l'anno con più suicidi in carcere da sempre. Non possiamo non guardare tali numeri senza riflettere sul perché di questa crescita, tutte queste morti sono indicatore di un malessere di sistema. Dalle storie delle persone toltesi la vita in carcere emergono spesso situazioni di marginalità. Molti gli stranieri, molti quelli con problematiche psichiatriche, trascorsi di tossicodipendenza o senza fissa dimora.

È il caso, ad esempio, di un giovane ragazzo romano, di appena 21 anni, senza lavoro e costretto a vivere per strada. A luglio 2023 viene arrestato per furto, portato nel carcere di Regina Coeli e condotto in isolamento per una diagnosi di scabbia. Dopo neanche due mesi di detenzione, si è tolto la vita all'interno della sua cella.

Storie come questa sono lo specchio di una larga fetta della popolazione detenuta, composta da persone ai margini della società, di cui nessuno vuole farsi carico. Per evitare che, su situazioni già complesse, in carcere si abbattano anche solitudine e abbandono, alcune azioni sono possibili. In primis, una maggiore apertura ai rapporti con l'esterno liberalizzando le telefonate. Poter parlare con una persona cara in ogni momento può far tanto, soprattutto per chi si trova in una situazione di profondo dolore. Bisogna inoltre aumentare l'attenzione ad alcuni momenti del percorso detentivo, come l'ingresso e l'uscita dal carcere, entrambe fasi particolarmente delicate durante le quali avvengono numerosi casi di suicidi. Molte sono le persone che si tolgono la vita dopo una breve se non brevissima permanenza in carcere. È il caso, ancora, di un giovane trentaduenne, detenuto soltanto da un giorno nella prigione cagliaritana di Uta. Era stato arrestato per un furto da un veicolo in sosta. Ha trascorso una notte in cella, la seconda si è tolto la vita.

Suicidi

Diversi sono stati i suicidi di persone che si trovavano, invece, in procinto di uscire dal carcere. A ottobre, un cinquantenne italiano, recluso a Santa Maria Capua Vetere, si è tolto la vita nel reparto psichiatrico di un ospedale dove si trovava da qualche giorno a seguito di un precedente tentativo di suicidio. Sarebbe stato scarcerato dopo pochi mesi.

Sovraffollamento

Il rapporto racconta un'altra emergenza: il sovraffollamento. Le carceri italiane sono sempre più piene. Al 31 marzo 2024 erano 61.049 le persone detenute, a fronte di una capienza ufficiale di 51.178 posti. Un tasso di affollamento ufficiale del 119%. Se però si tiene conto dei circa 2.500 posti in meno – per ragioni, ad esempio, di inagibilità – il tasso di affollamento medio sale addirittura al 125%.

Nel 2023, la crescita della popolazione detenuta è avvenuta a un ritmo medio di 331 persone al mese. Se continua di questo passo, l'Italia rischia di raggiungere le cifre che nel 2013 le valsero la condanna da parte della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo.

Sovraffollamento ovviamente non vuol dire solo mancanza di spazio fisico.

Sovraffollamento vuol dire carenza di risorse, minori opportunità di lavoro, scuola e attività. Vuol dire un accesso più complesso alle cure. Vuol dire maggiore difficoltà di essere seguiti dagli operatori. Per questi ultimi, sovraffollamento vuol dire maggiori carichi di lavoro e di stress, andando in molti casi a gravare su situazioni di sottorganico.

Per il governo l'unica soluzione è sempre e solo la creazione di nuove carceri, dando prova non solo di scarso interesse per l'individuazione di politiche concrete, ma anche di scarsa consapevolezza sull'effettiva realizzazione della proposta. La creazione di nuovi istituti comporta spese elevatissime e necessita di tempi molto lunghi. Una volta costruite, le nuove carceri andrebbero poi riempite di personale e di attività, incrementando ulteriormente i costi e aggravando la carenza di risorse che già oggi registriamo in larga misura.

L'unica strada percorribile per ridurre il sovraffollamento non può che seguire percorsi di decarcerizzazione. Negli istituti penitenziari troviamo circa 20.000 persone cui restano da scontare pene brevi (inferiori ai tre anni). Per molte di queste sarebbe probabilmente possibile accedere a percorsi nella società.

Voler risolvere davvero l'emergenza del sovraffollamento significa innanzitutto incrementare le misure alternative. Ciò non solo nell'interesse della persona detenuta, ma a beneficio di tutta la società, sia in termini economici che di sicurezza collettiva.

Misure alternative

Le misure alternative costano allo Stato molto meno del carcere. Chi ha fruito di misure alternative presenta poi un tasso di recidiva tre volte inferiore a chi ha scontato per intero la pena in carcere. Il Governo risponde in direzione opposta, prevedendo nuovi reati, aumentando le pene per alcuni reati già presenti, promuovendo pratiche di polizia improntate su un'idea di tolleranza zero e criminalizzando varie forme di dissenso. Tutto ciò non farà altro che incrementare ulteriormente le presenze in carcere. Una crescita che non appare giustificata dai tassi di criminalità. L'ultimo decennio ha visto un continuo decremento nel numero dei reati denunciati all'autorità giudiziaria. Dal 1° gennaio al 31 luglio 2023, ne sono stati commessi in Italia 1.228.454, il 5,5% in meno rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Circa un terzo delle persone si trova in carcere per reati connessi alla droga. La scelta governativa di aumentare le pene per i reati cosiddetti di lieve entità, che riguardano magari persone tossicodipendenti coinvolte nel piccolo spaccio, aumenterà sempre più l'affollamento e diminuirà la presa in carico di situazioni bisognose di un'attenzione diversa.

Chiusura

Oltre ad essere sempre più piene, le carceri italiane sono sempre più chiuse. Negli ultimi mesi si sta registrando una stagione di crescente chiusura e isolamento. Diminuiscono costantemente le sezioni detentive a celle aperte (l'apertura delle celle per almeno 8 ore al giorno permette ai detenuti di passare più ore della giornata fuori della propria cella anche per attività sociali, scolastiche o lavorative), e diminuisce pure il numero delle telefonate mensili, tornato al regime precedente alla pandemia. Nel frattempo, in molti Istituti si fa più difficile l'ingresso dei volontari e la realizzazione di nuove attività.

Un carcere più chiuso è anche un carcere più opaco, dove maggiore è il rischio di abusi e violenze. Lo stesso giorno in cui è stato presentato il rapporto di Antigone, hanno iniziato a circolare le prime notizie sulle violenze avvenute nel carcere minorile di Milano. Secondo le ricostruzioni, la cella di isolamento del Beccaria, sottratta allo sguardo delle videocamere, veniva usata come luogo di abusi. I reparti di isolamento sono stati teatro di violenze anche nelle carceri di Torino, Ivrea e San Gimignano. Questo accade perché solitamente i luoghi in cui si svolge l'isolamento sono sezioni a parte, poco frequentate dal personale penitenziario. Sono luoghi in cui i contatti umani si riducono al minimo, causando spesso effetti molto nocivi sulla salute mentale e fisica della persona detenuta. Non è un caso che diversi suicidi in carcere avvengano proprio all'interno di queste sezioni.

Le molteplici criticità legate all'isolamento e il massiccio ricorso a tale misura a livello mondiale ha portato Antigone, in collaborazione con Physicians for Human Rights Israel, a convocare un gruppo di esperti per discutere del tema. Il risultato di questo lavoro è stata la pubblicazione delle Linee Guida Internazionali sulle Alternative all'Isolamento Penitenziario, che speriamo possano essere un mezzo utile per superare il ricorso a tale dannosa pratica. Nell'ottica di un carcere diverso, più aperto e in grado di affrontare con altri strumenti le complessità quotidiane.

 

 

 

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Maggiori informazioni sono reperibili nel sito di Antigone, per i diritti e le garanzie nel sistema penale: www.antigone.it 

 

 

 


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