
A cura delle classi III e IV Liceo linguistico Marcelline di Bolzano
Sono passati ottant’anni da quel difficile e fecondo capitolo di Storia chiamato Resistenza, che ci ha liberati dal nazifascismo e dalla guerra e che ci ha condotti sul sentiero della Costituzione.
Che cosa può dire a un giovane d’oggi la Resistenza di ieri? Come può la generazione Zeta configurarsela nella sua mente?
Tra le inquietanti distopie del nostro tempo e il culto sovrano dei soldi, quale valore i giovani attribuiscono alle lotte di ieri?
In questo dossier, giovani studenti ci raccontano e ci disegnano la Resistenza di ieri e quella di oggi.
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- Scritto da Francesco Comina
- Categoria: Dossier - Aprile 2025 - Resistenza tra passato e futuro
Che cosa può dire a un giovane d’oggi la Resistenza? Forse per un momento si squarcia il cielo di carta della società virtuale e si fanno largo i valori profondi come la libertà, la giustizia e l’amore.
Sono passati ottant’anni. E sembrano secoli. I ragazzi di oggi vivono (chissà come vivono, forse s’arrabattano) in un tempo di macchine. Navigano nei flussi del mare virtuale, si lanciano fuori dal portone della scuola con l’unico scopo di accendere il cellulare aspettando un qualsiasi messaggio su whatsapp. Il futuro è una chimera, il passato un precipizio buio e profondo, buono soltanto per saltarci dentro sui manuali, fra uno sbuffo, un lamento e, di rado, lo stupore di aver appreso qualcosa di utile, un pensiero che entra come un fuoco a provocare sconcerto. Hanno gli occhi che non si torcono, fissi in un presente permanente che le generazioni venute prima di loro gli hanno gettato dinanzi come unico modo dell’esserci al mondo. Un presente senza catture, uno spazio infinito dai contorni indefiniti, una corsa nell’attimo che ansima. E forse è bene così perché questa, si dice, è la cifra del nostro progresso. Le utopie sono crollate, le narrative si sono ripiegate nelle pagine di un libro sporco di inchiostro. Il rullo di uno smartphone rivela inquietanti distopie, mentre dall’alto incombe la ricchezza celebrata nel nuovo culto del potere sovrano: soldi e influenza informatica, digital creator, web developer, content creator…
Immaginario giovanile
E dunque? Che cosa può dire a un giovane d’oggi la Resistenza di ieri? Come può la generazione Zeta configurarsela nella sua mente?
Certo, a scuola si legge, a scuola si parla, a scuola si vedono scampoli di film, a scuola ci si inventa le didattiche innovative (debate, processo alla Storia, cooperative learning, flipped classroom, problem learning…).
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- Scritto da Arlen de la Caridad Palombo, Maria Carolina Folchetti, Ludovica Resch
- Categoria: Dossier - Aprile 2025 - Resistenza tra passato e futuro
Menapace fu una donna coraggiosa. Staffetta partigiana, sottotenente nonviolento. Ha fatto la rivoluzione con la bicicletta. Ha dato voce, linguaggio e colori al femminile.
Le donne nella Resistenza furono protagoniste silenziose ma indispensabili. Non solo curavano i feriti, raccoglievano cibo e medicinali e assistevano i familiari dei caduti, ma erano anche strateghe, messaggere e combattenti. Sfuggivano ai controlli nemici con astuzia, nascondevano armi e documenti, partecipavano alle riunioni politiche e, quando necessario, impugnavano le armi.
Il loro coraggio era pari al loro sacrificio. Catturate, subivano torture indicibili, eppure non tradivano i compagni. Con ingegno e sangue freddo, trovavano modi per ingannare i soldati nazisti, evocando la maternità e la sofferenza familiare per evitare perquisizioni. Durante la guerra, mentre gli uomini combattevano al fronte, le donne mandavano avanti l’economia: lavoravano nelle fabbriche, nei campi, alle catene di montaggio. Ma non si limitavano a sopravvivere: organizzavano scioperi, raccoglievano fondi per le famiglie dei partigiani, ospitavano ebrei e ricercati nelle loro case, rischiando la vita.
Erano operaie e sabotatrici, infermiere e combattenti, madri e partigiane. Furono il cuore pulsante della Resistenza, un esempio di forza e dedizione che ancora oggi merita di essere ricordato.
Eppure, in cosa consisteva davvero la Resistenza? E, soprattutto, in quali forme si esplica ancora oggi?
La Resistenza non fu solo una lotta armata contro l’oppressore, ma un movimento di coraggio, sacrificio e speranza. Fu il grido di chi non volle piegarsi alla dittatura, di uomini e donne pronti a rischiare tutto per la libertà, per una realtà migliore.
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- Scritto da Lena Costa e Angelina Rigotti
- Categoria: Dossier - Aprile 2025 - Resistenza tra passato e futuro
La lotta partigiana è diventata un grande tema letterario. Alcuni scrittori hanno raggiunto fama internazionale con libri che raccontano la Resistenza: Pavese, Calvino, Fenoglio e altri.
La Resistenza italiana è stata uno degli eventi storici più significativi per il nostro Paese che ha visto migliaia di uomini e donne sacrificare la propria vita per lottare contro il nazifascismo e riacquistare la libertà. Non si trattava solo di un movimento armato, ma anche culturale e morale, sostenuto da molti partiti politici, intellettuali e istituzioni religiose.
La letteratura ha avuto un compito importantissimo nel raccontare la Resistenza; infatti, durante la guerra i partigiani scrivevano racconti e pubblicavano giornali clandestini per diffondere le loro idee. Fu solo subito dopo la fine della guerra, tra il 1944 e il 1945, che uscirono i primi romanzi e i primi giornali ufficiali che raccontavano di cosa fosse stata davvero quella grande pagina di impegno civile e politico festeggiata con balli, danze e abbracci popolari sulle strade e sulle piazze il 25 aprile del 1945 (una festa grandiosa, la più bella, la più nobile, la più gioiosa festa della nazione). Questi libri sono stati scritti non solo per parlare di una guerra appena finita, ma per far emergere i valori della lotta anti-dittatoriale: libertà, giustizia, pace, solidarietà…
Lo scrittore di ogni epoca riveste un ruolo fondamentale nel testimoniare eventi storici che hanno segnato il corso della vita e hanno trasformato il mondo. Attraverso la scrittura, egli non solo documenta i fatti, ma dà voce a chi non ha potuto raccontarli, preservando memorie collettive e storie inedite, che emergono dai processi di cambiamento epocali.
Giuseppe Fenoglio è uno degli autori che ha vissuto il periodo della Resistenza in prima persona e lo racconta con la profondità e l’immediatezza del testimone.
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- Scritto da Angela Gottardi, Gregor Bauer
- Categoria: Dossier - Aprile 2025 - Resistenza tra passato e futuro
Luce aveva solo tredici anni e non aveva paura. Il racconto della staffetta partigiana Luciana Romoli.
Sono ottanta gli anni passati dalla liberazione dell’Italia dalle forze di occupazione tedesche. Il lavoro di memoria svolto è stato rigoroso, però ora l’inarrestabile potenza del tempo ci ha rubato quasi per intero i testimoni che vedevano sprofondare il nostro Paese nell’oscurità più tenebrosa.
Dunque, di seguito, il nostro tentativo di captare una briciola di passato nel dialogo con Luciana Romoli, staffetta partigiana di Roma (classe 1930). La sua Resistenza comincia a 8 anni, quando la compagna di banco, ebrea, viene cacciata da scuola. Di famiglia operaia antifascista, dopo l’8 settembre 1943 Luciana, tredicenne, con la sorella e altre ragazze diventa partigiana della Brigata Garibaldi. Abbiamo avuto la possibilità di intervistarla.
Buongiorno signora Romoli, da dove partiamo…
Chiamatemi Luce. Mi dovete chiamare Luce, il mio nome da partigiana, il nome di battaglia che mi ha dato il mio comandante partigiano. Anche qua siamo un po’ in battaglia, del resto, anche noi, in questi mesi, in questi anni un po’ complessi.
Potrebbe raccontarci qualcosa della sua esperienza durante la Resistenza?
Bella domanda: da dove comincio? È una storia molto lunga. Appartenevo a una famiglia di antifascisti e per me entrare nella Resistenza è stato facile. Quando sono andata a presentarmi dal mio comandante partigiano, lui non mi voleva per la mia età. “Quanti anni hai?”, mi ha detto. E io: “Sono nata il 14 dicembre 1930” - e lui mi ha detto: “Lo sai che siamo nel ‘43?”. Mi mancavano due mesi per compiere tredici anni. Il comandante specificò che fare la staffetta era un lavoro pericoloso e “quindi assolutamente non ti posso prendere”. C’era un altro comandante partigiano che gli ha detto: “Senti, lei appartiene alla tua zona, se non la prendi tu, me la prendo io. Perché questa, la partigiana, l’ha cominciata a fare a otto anni, quando è stata espulsa da tutte le scuole del Regno per avere difeso la sua compagna di banco ebrea”.
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- Scritto da Sophie Pellegrini e Sofia Adua Di Profio
- Categoria: Dossier - Aprile 2025 - Resistenza tra passato e futuro
Nessuno è un’isola. Siamo legati da connessioni umane, emozionali, ancor prima che virtuali. Noi giovani oggi siamo chiamati a nuove resistenze contro le guerre, le umiliazioni e i soprusi.
Sono passati ottant’anni dalla fine della guerra e dalla liberazione dell’Italia dal terrore nazifascista. La forza, la dignità e il coraggio di chi ha lottato per donarci la pace rimangono come una stella che ci aiuta a vivere le contraddizioni di oggi e le nuove forme di resistenza che noi giovani siamo chiamati a esercitare in un contesto storico e sociale molto differente da quello dei nostri nonni.
La libertà, ci hanno insegnato, si ottiene quando le popolazioni si governano in modo che ognuno abbia la sua parte di responsabilità.
Ciascun individuo deve intervenire, esprimere la sua opinione, e realizzare il proprio controllo sulle misure da intraprendere per sé stesso e per gli altri. Nessun uomo è un’isola, ma tutti siamo legati da connessioni umane, sentimentali, emozionali, ancor prima che virtuali.
Oggi non interpretiamo la Resistenza solo come la lotta partigiana in montagna con le armi. Chi resiste oggi sono quegli uomini, donne e bambini che vivono in città bombardate, distrutte, incenerite, seminate di rovine provocate dalle guerre contemporanee: guerre devastanti, aberranti, assurde... In Medio Oriente, come in Ucraina, ogni giorno c’è chi vive nel terrore della guerra e tuttavia si aggrappa a un barlume di speranza per sopravvivere. Sono gli ostaggi recentemente rilasciati in Medio Oriente, nelle mani di Hamas, che per mesi hanno resistito grazie alla speranza di riabbracciare la propria famiglia. Sono tutti coloro che, nonostante abbiano perso tutto, persistono e scelgono di vivere, restando nella loro terra, come i poveri palestinesi innocenti sottoposti a un regime di terrore e di orrore. Resistenti sono i martiri e le minoranze italiane che decisero di rimanere in Istria, dopo la Seconda guerra mondiale, e che persero la vita nelle purghe titoiste e nei campi di concentramento in Jugoslavia.
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